Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 28142 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 28142 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto dal
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE DI APPELLO DI TARANTO
nel procedimento a carico di
NOME nato a Porto Cesareo il 04/03/1983
avverso la sentenza del 21/11/2024 della CORTE DI ASSISE DI APPELLO DI TARANTO
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
uditi i difensori:
per le parti civili costituite, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME gli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME si associano alle conclusioni del P.G., insistono nell’accoglimento del ricorso e depositano conclusioni scritte e nota-spese, delle quali chiedono la liquidazione;
per il resistente, gli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME COGNOME chiedono dichiararsi l’inammissibilità del ricorso e insistono per la conferma della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Procuratore generale presso la Corte di appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di assise di appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, del 21 novembre 2024, che, decidendo a seguito di rinvio disposto da questa Corte con sentenza Sez. 1, n. 10599/2024, del 21/12/2023, dep. 2024, in riforma della sentenza di condanna pronunciata nei confronti di NOME COGNOME dalla Corte di assise di Lecce in data 19 aprile 2022 per l’omicidio volontario di NOME COGNOME, commesso in Porto Cesareo il 6 aprile 2014, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato in ordine al delitto di omicidio colposo, così diversamente qualificato il fatto contestatogli, perché estinto per intervenuta prescrizione e, per l’effetto, ha revocato le statuizioni civili.
1.1. In adempimento del mandato conferitogli con la sentenza rescindente, ossia, spiegare, ai fini della prova del dolo eventuale che avrebbe sorretto l’azione omicidiaria, sulla base di quali elementi incontrovertibili si potesse dire che NOME COGNOME nel momento in cui aveva esploso il colpo di pistola rivelatosi fatale per il giovane NOME COGNOME intento a sorvegliare il gregge affidatogli per il pascolo, avesse avuto conoscenza della posizione esatta della vittima, il giudice del rinvio, riesaminate le evidenze acquisite, ha escluso che la prova suddetta fosse stata raggiunta. Permanendo, infatti, il dubbio in ordine alla conoscenza da parte dello sparatore della posizione dell’Hyraj, la cui visibilità era impedita dalla presenza di un muretto, alto circa 155-157 cm., oltre il quale quello si trovava, e dalle fronde di almeno un albero poi tagliato, ed assenti ulteriori elementi atti a diradarlo, la Corte di merito ha ritenuto che la condotta si dovesse qualificare come colposa, perché animata da grave imprudenza.
1.2. Il motivo unico, cui l’impugnativa del Procuratore generale è affidato, eccepisce, sotto l’egida della violazione degli artt. 43 e 575 cod. pen. e del vizio di motivazione, l’errore in cui la Corte di assise di appello del rinvio sarebbe incorsa nel qualificare la condotta di NOME COGNOME in danno di NOME COGNOME come colposa.
È dedotto che il Collegio di merito, lungi dal limitarsi ad esaminare il profilo della conoscenza da parte di Roi dell’esatta posizione di COGNOME, avrebbe dovuto riesaminare, ai fini della prova dell’elemento soggettivo del reato – se, cioè, riconducibile all’alveo del dolo eventuale oppure a quello della colpa -, tutti gli elementi fattuali a disposizione. Questo perché, secondo la pacifica giurisprudenza di legittimità, ove l’annullamento sia disposto per vizi della motivazione, come nel caso di specie, il giudice di rinvio è investito di pieni poteri di cognizione e, salvi i limiti derivanti da un eventuale giudicato interno, può rivisitare il fatto con pieno apprezzamento e autonomia di giudizio, sicché non è vincolato all’esame dei soli
punti indicati nella sentenza di annullamento, ma può accedere alla piena rivalutazione del compendio probatorio.
Donde, in conseguenza di tale errore metodologico, il giudice censurato avrebbe trascurato elementi decisivi, emergenti dal compendio probatorio, attinenti al dato personologico dell’imputato, alla reiterazione delle condotte di sparo in danno di bersagli umani ed animali, alla direzione dello sparo non casuale, al contesto illecito dell’azione e al comportamento successivo dell’imputo medesimo.
Tutti elementi, questi, che, secondo quanto statuito dal diritto vivente, avrebbero dovuto guidare l’indagine giudiziaria e che sarebbero stati tali da dimostrare che NOME COGNOME non si sarebbe trattenuto dalla condotta illecita tenuta, ossia di continuare a sparare in direzione del muretto in prossimità del quale vi era il gregge di proprietà del padre intento a pascolare, neppure se avesse avuto contezza della sicura verificazione dell’evento, ossia di colpire il pastore NOME COGNOME. Infatti, le evidenze processuali in atti sarebbero tali: I.) quanto al profilo personologico dell’imputato, da delinearne un quadro comportamentale fortemente improntato a condotte pericolose, illecite e reiterate, caratterizzate all’uso sconsiderato di armi, illegalmente detenute ed utilizzate per sparare, anche all’aperto, per mero divertimento e per spaventare il bersaglio, che più volte era stato lo stesso NOME COGNOME; II.) quanto alla direzione dello sparo, da offrire un concreto sostegno alla tesi che non fosse stata casuale, essendo stato, il secondo colpo, esploso ad altezza d’uomo e al di sopra del muro di recinzione, tanto essendo indicativo dell’adesione volontaristica dell’imputato all’evento, rappresentato dal ferimento del pastore, ragionevolmente posizionato in prossimità del gregge; III.) quanto al contesto illecito di riferimento, da escludere la possibilità di formulare rispetto alla condotta dell’imputato un giudizio fondato sull’inosservanza delle regole cautelari generiche dettate per le attività lecite ancorché pericolose; IV.) quanto al comportamento successivo del Roi, che aveva tentato di sviare le indagini, da rafforzare l’ipotesi di una condotta caratterizzata da un grado di volontarietà nella determinazione dell’evento, sia pure nei termini dell’accettazione del suo verificarsi.
Da qui la richiesta di annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Con memoria in data 20 giugno 2025, l’Avvocato NOME COGNOME, difensore del resistente NOME COGNOME ha contrastato le deduzioni sviluppate a sostegno del ricorso del Procuratore generale evidenziando: che il censurato errore metodologico, in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale, dissimulerebbe il tentativo del ricorrente di indurre il giudice di legittimità ad estendere inammissibilmente il proprio sindacato al merito della regiudicanda; che la Corte
medesima non avrebbe affatto trascurato le ulteriori evidenze probatorie, avendole, semplicemente, considerate non decisive ai fini della prova del dolo eventuale; che il comportamento dell’imputato successivo al reato non sarebbe indicativo di alcuno sviamento delle indagini, essendo stato suo padre a trovare il cadavere del giovane pastore albanese e ad allertare le Forze dell’ordine.
Alla trattazione del ricorso si è proceduto oralmente avendone fatto tempestiva richiesta il difensore del resistente e i difensori delle parti civili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La sentenza impugnata resiste alle censure che le sono state mosse.
Questa Corte, nell’annullare la sentenza della Corte di assise di appello di Lecce del 02/02/2023, che aveva confermato la condanna inflitta a NOME COGNOME per l’omicidio volontario di NOME COGNOME ha ricordato che, sulla base delle affermazioni di principio rassegnate dalle Sezioni Unite Espenhahn (sentenza n. 38343 del 24/04/2014, Rv. 261104 – 01), la prova del dolo eventuale deve passare per un accurato esame delle specificità del caso concreto attraverso il quale pervenire al dato differenziale di fondo rispetto ad un possibile addebito per colpa: ossia, attribuire al soggetto attivo del reato una volizione dell’evento lesivo che comprenda l’accettazione dell’eventualità concreta del suo verificarsi.
Se, dunque, l’obiettivo dell’indagine giudiziaria, diretta a stabilire se la morte di un uomo sia attribuibile sul piano psicologico all’autore della condotta a titolo di dolo eventuale, consiste nell’accertamento della rappresentazione da parte di questi della significativa possibilità di verificazione dell’evento concreto e della sua adesione volontaristica ad esso nell’eventualità del suo realizzarsi, la sentenza oggetto di sindacato soffriva, ad avviso della Corte, di una palese carenza motivazionale. Non erano state, infatti, adeguatamente indicate, né spiegate, le ragioni per le quali si potesse dire che NOME COGNOME nel momento in cui aveva sparato, sapesse esattamente dove si trovava Qamil Hyraj: solo la certa conoscenza da parte dello sparatore della posizione della vittima consentiva di ritenere dimostrato che il primo, allorché aveva esploso il colpo d’arma da fuoco in direzione della seconda, se ne fosse prefigurata la morte e vi avesse aderito volontaristicamente, accettando il rischio del suo concreto verificarsi.
Pertanto, in sede di giudizio di rinvio, allo scopo di accertare se la condotta di sparo che aveva cagionato la morte di NOME COGNOME centrato al capo da un proiettile
che gli aveva perforato la fronte, fosse stata sostenuta dal dolo, nella forma eventuale, piuttosto che dalla colpa per grave impudenza, la Corte di assise di appello avrebbe dovuto individuare ed indicare specifici ed inopinabili elementi atti a dar conto della sicura conoscenza da parte di COGNOME della collocazione di Hyraj nel punto esatto in cui era stato raggiunto dal proiettile che l’aveva colpito (cfr. Sez. 1, sentenza n. 10599/2024, pag. 13), così da potersi affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, che egli, rappresentatosi chiaramente la probabilità di ferirlo mortalmente, si era determinato a sparare comunque, anche a costo di ucciderlo.
La Corte di assise di appello di Taranto, dato seguito al mandato ricevuto dal giudice rescindente, ha concluso per l’insussistenza di elementi incontrovertibili atti a corroborare la tesi che la condotta omicidiaria tenuta da NOME COGNOME in danno di NOME COGNOME fosse stata sostenuta dal dolo eventuale.
Invero, il dubbio circa la conoscenza certa da parte dell’imputato, nel momento in cui aveva esploso il colpo d’arma da fuoco rivelatosi fatale per la vittima, della posizione esatta di quest’ultima non era superabile sulla base degli elementi a disposizione del Collegio: infatti, non era stato individuato il punto preciso dal quale era partito il colpo che aveva attinto la vittima, essendosi solo accertato che lo sparatore si trovava rispetto ad essa ad una distanza compresa tra i 60-70 metri ed i 40-50 metri, percorrendo una stradina sterrata che conduceva all’ingresso della villetta nei pressi della quale si era verificato l’omicidio; II.) era acclarata, sulla traiettoria del colpo esploso, la presenza di un muro alto circa 155-157 centimetri, che ostacolava la visuale dello sparatore; III.) si ergevano a ridosso di tale muro almeno due alberi (poi tagliati), le cui fronde impedivano allo sparatore di avere piena percezione di quanto gli si parava dinanzi, tanto vero che i Carabinieri, che avevano effettuato i rilievi, avevano dovuto spostare alcuni rami per rendere visibile il pannello che simulava la testa della vittima.
Pertanto, il persistere di ombre in ordine a tale decisivo elemento, la presenza non occasionale dell’imputato nel luogo del fatto, essendo solito, egli, ivi recarsi per sparare, l’assenza in lui di qualsivoglia movente omicidiario, non consentivano di ritenere provato l’ipotizzato dolo eventuale ed imponevano la riqualificazione del fatto contestato in omicidio colposo, dovendosi ritenere che l’agire di NOME COGNOME fosse stato mosso da grave imprudenza.
Di tanto dato atto, l’impugnativa del Procuratore generale distrettuale mostra due profili di infondatezza.
3.1. La censura con la quale il ricorrente aggredisce l’operato del giudice, per avere condotto l’accertamento in ordine all’elemento psicologico della condotta di
NOME COGNOME in maniera atomistica, non esaminando, cioè, l’aspetto della conoscenza da parte dell’imputato dell’esatta posizione della vittima in sinergia con tutti gli altri elementi fattuali raccolti nel corso del giudizio (attinenti al quadro comportamentale dell’autore del fatto, all’orientamento dello sparo, al contesto illecito di riferimento e alle condotte successive dello sparatore), dissimula, invero, il tentativo di rimettere in discussione la stessa ricostruzione del fatto.
Ricostruzione che, invece, non può più essere rimessa in discussione. E ciò, per un duplice ordine di ragioni: sia perché si tratta di operazione non consentita nel giudizio di legittimità, sia perché il giudice della sentenza rescindente aveva già compiutamente valutato gli elementi fattuali indicati dal ricorrente – ossia, la sconsideratezza dimostrata dal COGNOME, in più occasioni, nel dare seguito alla propria passione per le armi, sparando in direzione di qualunque bersaglio; la sua consapevolezza della presenza di COGNOME nel luogo del fatto, questi recandovisi spesso a pascolare il gregge soprattutto di domenica; il comportamento da lui tenuto una volta resosi conto di avere colpito a morte il giovane pastore -, ritenendoli, tuttavia, non decisivi ai fini della prova del dolo eventuale (cfr. Sez. 1, sentenza n. 10599/2024, pagg. 13 e 14).
La doglianza, per come formulata è, quindi, anche in contrasto con il principio di diritto secondo cui «La Corte di cassazione risolve una questione di diritto anche quando giudica sull’adempimento del dovere di motivazione, sicché il giudice di rinvio, pur conservando la libertà di decisione mediante un’autonoma valutazione delle risultanze probatorie relative al punto annullato, è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema implicitamente o esplicitamente enunciato nella sentenza di annullamento, restando in tal modo vincolato a una determinata valutazione delle risultanze processuali» (Sez. 2, n. 45863 del 24/09/2019, COGNOME, Rv. 277999 – 01; Sez. 1, n. 7963 del 15/01/2007, COGNOME e altri, Rv. 236242 – 01).
3.2. La censura con la quale il ricorrente eccepisce che la direzione dello sparo avrebbe offerto un concreto sostegno alla tesi secondo la quale l’esplosione del secondo colpo d’arma da fuoco non sarebbe stata casuale, essendo stato sparato ad altezza d’uomo e al di sopra sia del frigorifero in disuso che dell’apice del muro di recinzione della villetta, tanto essendo indicativo dell’adesione della volontà dell’imputato al ferimento mortale del pastore, che egli non poteva non essersi prefigurato come assai probabile, attesa la vicinanza del gregge, è articolata senza alcun effettivo confronto con le acquisizioni probatorie in atti, delle quali si è fatto carico persino il giudice rescindente, che ha richiamato i risultati dei «rilievi fotografici effettuati dai militari dell’Arma», riportati nella sentenza di primo grado (cfr. Sez. 1, sentenza n. 10599/2024, pag. 14).
Invero, da tali rilievi (eseguiti in data 6 aprile 2014) e dagli ulteriori approfondimenti disposti sulla dinamica dell’azione omicidiaria, dei cui esiti hanno dato conto sia la sentenza di primo grado (cfr. pag. 10) che la sentenza impugnata (cfr. pag. 39), risulta che la masseria nei pressi della quale avvenne l’omicidio di Qamil Hyraj era costituita da una villetta, recintata da un muro, alla quale si accedeva da un vialetto laterale, di modo che, entrando dal vialetto, che era lievemente sopraelevato rispetto al piano di calpestio della villetta, questa e il suo muro di cinta anteriore si venivano a trovare sul financo sinistro. Sul lato destro della villetta, appoggiato all’angolo esterno del muro indicato, vi era un frigorifero in disuso, segnato dalla perforazione di un proiettile, che lo aveva colpito sul fianco a cm. 104 dal piano di appoggio ed era poi uscito dal lato opposto frangendosi contro il muro ad un’altezza di cm. 90 dalla base di questo, mentre, sul lato sinistro della stessa, in prossimità dell’angolo esterno del muro medesimo, si trovava NOME COGNOME intento a sorvegliare il gregge. All’interno della recinzione, in posizione contigua al muro anteriore, si ergeva una pianta, poi tagliata, le cui fronde debordavano dall’apice del muro stesso. Dunque, secondo quanto emerso dai dati cristallizzati nell’immediatezza del fatto, lungo la traiettoria sparatore – vittima, sulla quale si trovava anche il frigorifero attinto dal primo colpo esploso, vi era un impedimento alla visuale, dovuto ad una pianta le cui fronde impedivano di vedere chi si trovava nella posizione di Hyraj.
Pertanto, secondo la ricostruzione della dinamica omicidiaria, prospettata dagli operanti di Polizia Giudiziaria e fatta propria dal giudice censurato, NOME COGNOME da un punto del vialetto di accesso, distante tra i 70 e i 40 metri da quello in cui si trovava Hyraj quando venne centrato, sparò due colpi in rapida successione l’uno dall’altro. Il primo colpo attinse il frigorifero, mentre il secondo, che verosimilmente doveva puntare alla parte superiore dell’elettrodomestico, lo mancò, con la conseguenza che il proiettile, proseguendo la sua corsa con una traiettoria di dieci centimetri sopra all’apice del muro, centrò un altro bersaglio, ossia NOME COGNOME non visibile a causa delle fronde della pianta che debordavano dal colmo del muro anteriore della villetta. Visibilità impedita, oltretutto, dalla notevole distanza dello sparatore, il quale, perciò, aveva difficoltà di puntamento.
Rispetto a tale plausibile ricostruzione, che dà ragionevolmente conto della scelta del giudice del rinvio di riqualificare il fatto contestato a NOME COGNOME in omicidio colposo, le suggestive deduzioni del ricorrente si appalesano, tuttavia, meramente congetturali e, comunque, prive di decisività.
Per tutto quanto esposto, si impone di impone il rigetto del ricorso del Pubblico Ministero.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso del Pubblico Ministero.
Così è deciso, 07/07/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME