Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 7023 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 7023 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Vittoria (Sr) il 21 giugno 1948;
avverso la sentenza n. 5601/23 della Corte di appello di Catania del 6 dicembre 2023;
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso;
sentiti, altresì, per la costituita parte civile, l’avv. NOME COGNOME del foro di Imperia, che ha depositato conclusioni scritte, e, per l’imputato, l’avv. NOME COGNOME del foro di Siracusa, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Catania, con sentenza del 6 dicembre 2023 ha confermato, quanto alla affermazione della sua penale responsabilità, la sentenza con la quale il precedente 20 novembre 2019 il Tribunale di Ragusa aveva dichiarato NOME NOME colpevole del reato di cui all’art. 517-ter cod. pen., per avere coltivato piante di pomodoro della varietà Snack, coperta da brevetto, in assenza della autorizzazione rilasciata dal titolare del diritto privativa e lo aveva conseguentemente condannato alla pena ritenuta di giustizia, riformando la decisione presa in primo grado con esclusivo riferimento alla quantificazione del danno liquidato nei confronti della costituita parte civile ed in relazione alla subordinazione della sospensione della esecuzione della pena inflitta alla condizione dell’avvenuto risarcimento del danno in favore della parte civile, condizione che è stata eliminata.
Avverso detta sentenza ha interposto ricorso per cassazione la difesa del Dezio, articolando tre motivi di ricorso.
Con primo di questi motivi è stata censurata la sentenza di secondo grado in quanto la relativa motivazione sarebbe, nella sostanza, riproduttiva degli argomenti con il quali il Tribunale ragusano aveva accertato la responsabilità dell’imputato e la stessa non conterrebbe un’articolata risposta ai motivi di gravame formulati dalla difesa dell’imputato.
Con il secondo motivo di impugnazione è stata censurata in relazione alla parte della sentenza in cui, pur essendo stato ritenuto che sussistessero incertezze sull’elemento soggettivo in capo all’agente (che nella specie, si sostiene in sentenza, si sarebbe manifestato nella forma del dolo eventuale), tuttavia i giudici del merito avrebbero omesso l’applicazione dell’art. 530, cpv, cod. proc. pen., dichiarando, comunque la penale responsabilità dell’imputato.
Con il terzo motivo di ricorso il Dezio ha censurato la sentenza della Corte catanese in quanto questa avrebbe, senza ragione escluso l’applicabilità della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen.
In data 27 settembre 2024 la costituita parte civile RAGIONE_SOCIALE Bureau for intellectual property rights on plant materia! (d’ora in poi AIB) ha fatto pervenire a questa Corte una memoria, redatta dal proprio avvocato difensore, con la quale, opponendosi all’accoglimento del ricorso ha fatto presente che anche la varietà di pomodoro Pakyta, cioè la varietà che il
ricorrente sostiene di avere acquistato dal fornitore delle sementi, è protetta da un brevetto agricolo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto è fondato e, pertanto, lo stesso è meritevole di essere accolto.
Ciò detto, si rileva che, dapprima il Tribunale di Ragusa e, con motivazione che ampiamente si riporta a quella di primo grado, successivamente anche la Corte di appello di Catania hanno ritenuto che, avendo il Dezio, nella ricordata qualità, provveduto alla coltivazione di piante di pomodoro del tipo Snack, in assenza della autorizzazione del titolare di diritto di privativa industriale, questi dovesse rispondere del reato a lu ascritto.
Premesso che il ricorrente risponde della violazione dell’art. 517-ter cod. pen., per avere, secondo l’accusa, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, riprodotto, con tecniche vietate, e/o adoperato piante di pomodoro appartenenti ad una varietà, denominata Snack, protetta da un brevetto comunitario, senza alcuna autorizzazione alla riproduzione e coltivazione, si osserva, in primo luogo che effettivamente la norma in questione punisce la condotta di chi, fra l’altro adoperi industrialmente beni realizzati usurpando un titolo di proprietà industriale ovvero in violazione di esso; siffatta disposizione, che si pone in linea di diretta continuità normativa con l’art. 127 del dlgs n. 30 del 2005, il quale, a sua volta, ripete il propr contenuto dall’art. 88 del regio decreto n. 1127 del 1939, è volta a tutelare anche la proprietà industriale riferita a determinati generi vegetali, data la espressa brevettabilità di essi (si veda, infatti, l’art. 2, comma 2, del dIgs 30 del 2005, secondo il quale: “Sono oggetto di brevettazione (…) le nuove varietà vegetali”); è, altresì, indubbio che il Dezio, il quale ha agito in quali di legale rappresentante della “RAGIONE_SOCIALE” operava, in termini imprenditoriale nell’ambito agricolo anche coltivando, all’interno delle serre facenti capo alla predetta società, piante d pomodoro. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Quanto alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, che in particolare la Corte etnea ha rilevato essere utilmente ravvisabile anche ove lo stesso si presenti nella forma del dolo eventuale (forma questa che in effetti appare, dato il tenore testuale della disposizione violata, certamente compatibile con la ipotesi delittuosa disciplinata dal primo comma dell’art.
517 -ter cod. pen., essendo la stessa integrata sulla base del mero dolo generico, del quale il dolo eventuale è indubbiamente una delle forme di manifestazione – si veda, infatti, sul punto: Corte di cassazione, Sezione III penale, 22 aprile 2022, n. 15660, n. m., e, già con riferimento alla disciplina di cui al citato art. 88 del regio decreto n. 1127 del 1939: Corte di cassazione, Sezione V penale, 25 gennaio 1999 1 n, 925, rv 212205 – mentre apparirebbe più problematica siffatta affermazione laddove la contestazione avesse avuto ad oggetto il comma secondo della medesima disposizione precettiva, posto che questa, essendo richiesto il fine di trarre profitto dalla condotta tenuta dall’agente, disciplina un reato a dolo specifico – e sulla incompatibilità fra dolo eventuale e dolo specifico si veda: Corte di cassazione, Sezione III penale, 28 gennaio 2014, n. 3683, rv 258492; Corte di cassazione, Sezione III penale, 15 aprile 2008, n. 15633; rv 240036; Corte di cassazione, Sezione H penale, 3 luglio 2007, n. 25436, rv 237153), sia il Tribunale che la Corte di merito lo hanno desunto dal fatto che il COGNOME fosse “soggetto esperto nel settore della produzione del pomodoro in questione” (così, testualmente, la sentenza del Tribunale ragusano), mentre il Corte etnea ha ulteriormente precisato che – a) considerata la mancata ostensione da parte del prevenuto del cosiddetto “passaporto pianta”; b) tenuto conto che le sementi delle piante coltivate dal Dezio erano state da questo acquistate tramite una società consortile della quale la società da lui amministrata faceva parte; c) infine, dato l’alto livello della impresa della quale il COGNOME era il gestore – era “pertanto inverosimile che gli acquisti vengano compiuti senza la necessaria competenza tecnica”.
Si tratta di argomenti privi della necessaria concludenza.
Infatti, atteso che il ricorrente si è doluto della dimostrazione fornita in sede di merito della sussistenza a suo carico dell’elemento soggettivo del reato a lui ascritto, sia pure nella forma del dolo generico (anche nella sua particolare espressione denominata dolo eventuale) ritiene il Collegio che i fattori che i giudici del merito hanno ritenuto essere sintomatici della sussistenza del dolo si palesano nella presente fattispecie come equivoci o come non adeguatamente dimostrati.
Non valgono allo scopo dimostrativo le argomentazioni svolte nella motivazione redatta dal giudice di primo grado – che qui si esaminano in quanto quella è testualmente intesa come ” interamente richiamata” dalla Corte di appello – il quale, pur avendo preso atto del fatto che il Dezio ha acquistato le sementi da una impresa terza e che le fatture di acquisto
avevano ad oggetto un tipologia vegetale non conforme a quella (pomodori varietà Snack) richiamata dal capo di imputazione, ha ritenuto che tale elemento di fatto non potesse portare ad escludere la consapevolezza (o quanto meno l’accettazione del rischio) in capo al prevenuto di avere acquistato e poi coltivato – in assenza di autorizzazione rilasciata da parte dell’avente diritto, e quindi abusivamente – un tipo vegetale coperto da privativa, in quanto il COGNOME era un “esperto della produzione del pomodoro in questione”.
La manifesta illogicità di tale affermazione – cui segue la deduzione che, pertanto egli “non poteva non sapere che esso apparteneva alla categoria protetta” – riposa nel fatto che la stessa è stata desunta dalla circostanza che la azienda agricola del Dezio “è all’avanguardia ed utilizza tecniche nuove”, senza che sia assolutamente verificata non solo la effettiva riconoscibilità, sulla base del semplice esame visivo delle sementi e successivamente delle piantine che da esse sono scaturite, della riconduzione di queste al tipo Snack ovvero al tipo Pakyta (ed è il caso di segnalare che nell’occasione, onde procedere alla diagnosi differenziale fra tale duplice tipologia vegetale è stata eseguita una indagine scientifica presso il laboratorio del C.RAGIONE_SOCIALEa., che è un centro di ricerca che opera nell’ambito del Ministero dell’agricoltura, di Tavazzano con Villavesco in Lombardia, circostanza questa che fa ragionevolmente ritenere la non manifesta evidenza della riconoscibilità della differenza morfologica fra i due tipi vegetali in questione) ma neppure la personale qualificazione professionale del Dezio nella scienza agraria, non potendo essere questa desunta solo dal fatto che l’attività svolta dalla sua azienda (e non necessariamente da lui personalmente) sia condotta con tecniche moderne.
Neppure soccorrono, al fine di dimostrare il dolo, ancorché eventuale, del Dezio, le argomentazioni svolte, a supporto della sentenza di primo grado, dalla Corte di merito, la quale ha aggiunto a quanto riportato dal Tribunale ragusano, ritenendolo un fattore sintomatico dell’atteggiamento soggettivo dell’imputato, il fatto che il Dezio non era stato in grado di mostrare agli agenti operanti il “passaporto pianta”; ha, tuttavia, omesso la Corte etnea di rilevare che siffatto documento – la cui disciplina applicativa è contenuta in una “nota tecnica” n. prot. 10624 del 6 marzo 2020 redatta dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali – è riferibile non al consumatore finale delle sementi, trattandosi di documento che deve accompagnare le sementi nei loro spostamenti all’interno della Unione europea in regime di libera circolazione sino al raggiungimento dell’utilizzatore finale, per tale dovendosi
intendere il soggetto che, ponendo a dimora le sementi in questione, si dedica alla coltivazione delle specie vegetali che da esse derivano.
Una volta che le sementi hanno, pertanto, raggiunto l’utilizzatore finale cessa la funzione del “passaporto pianta”.
Essendo la qualifica del Dezio quella, appunto, di utilizzatore finale non si vede quale rilevanza potesse avere nei suoi confronti, sotto il profilo dell integrazione dell’elemento soggettivo del reato a lui contestato, il fatto che lo stesso non abbia mostrato il “passaporto pianta” ai verificatori che hanno svolto le indagini presso la sua azienda.
Irrilevante appare essere anche il fatto che l’acquisto delle sementi in questione sia stato fatto tramite una impresa consortile cui il COGNOME, nella più volte ricordata qualità, si rivolgeva, posto che, secondo quanto risulta, l’acquisto operato presso siffatta impresa non aveva ad oggetto i semi del tipo vegetale richiamato dal capo di imputazione, non potendo essere, eventualmente addossato al Dezio, in assenza di una priva tranquillizzante sul fatto che lo stesso conoscesse il diverso oggetto della fornitura a lui trasmessa rispetto a quella da lui richiesta e documentata dalle fatture emesse dalla società consortile, le condotte poste in essere da chi gli aveva fornito l sementi.
Va, ancora, rilevato come la Corte di merito abbia del tutto pretermesso, sulla base della non giustificata affermazione che, dato il livello tecnico dell impresa gestita dal Dezio, era inverosimile che gli acquisti fossero eseguiti senza la necessaria competenza tecnica, di esaminare il dato, che invece le era stato sottoposto in sede di gravame, riferito alla riconoscibilità, una volta ricevuta la fornitura e iniziata la coltivazione (peraltro non ancora giunta all maturazione dei frutti), della diversità del materiale fornito rispetto a quell acquistato.
Un tale fattore (in relazione al quale si rinvia, per plausibilmente escluderlo, a quanto dianzi rilevato in ordine alla complessa attività istruttori svolta al fine di verificare quale fosse il tipo vegetale di appartenenza dell piantine di pomodoro coltivate dal Dezio), era, invece determinante ai fini della affermazione della responsabilità del prevenuto, in quanto solo laddove fosse stata evidenziata tale riconoscibilità si sarebbe potuto legittimamente opinare che – seppure il Dezio non fosse stato sin dall’origine consapevole del fatto che le sementi da lui acquistate e, quindi, utilizzate nello svolgimento della sua impresa, non erano del tipo da lui ritenuto – egli aveva maturato la
consapevolezza del fatto di coltivare abusivamente un tipo di pianta protetta da brevetto una volta iniziato il ciclo produttivo delle piante di pomodoro in questione.
Ma esclusione di tale riconoscibilità, quanto meno allo stato di sviluppo vegetativo delle piante in questione (tanto da avere imposto lo svolgimento di una complessa attività di indagine scientifica per verificarne la natura), non consente neppure in questa guisa di ritenere dimostrato l’elemento soggettivo del reato de quo in capo all’imputato.
Nessun rilevo ha, infine, il dato, peraltro solo enunziato dalla AIB, costituitasi parte civile, secondo il quale anche il tipo di pomodoro Pakyta che il Dezio riteneva di avere acquistato e coltivato sarebbe stato coperto da privativa industriale, atteso che, anche se ciò dovesse risultare conforme alla realtà (ma, si osserva, questa circostanza non è stata dimostrata, come sarebbe stato, invece, necessario, dalla pubblica accusa), si tratterebbe di un fatto sostanzialmente diverso rispetto a quello oggetto di contestazione ed in relazione al quale mai è stata esercitata la azione penale nei confronti del Dezio e mai l’odierno ricorrente è stato chiamato in relazione ad una tale accusa a difendersi in giudizio.
La sentenza impugnata, essendo risultato carente l’elemento soggettivo del reato ascritto al prevenuto, deve essere annullata senza rinvio, perché il fatto non costituisce reato.
PQM
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato.
Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente