Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11485 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11485 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/02/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a CASERTA il DATA_NASCITA NOME nato a CASERTA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/03/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti i ricorsi di COGNOME NOME e COGNOME COGNOME, ritenuto che il primo motivo di ricorso di COGNOME NOME e il secondo motivo di ricorso di NOME COGNOME che contestano la correttezza della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità, sono indeducibili perché fondati su motivi che si risolvono nella reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che, invero, la Corte d’appello in relazione alla richiesta di qualificazione del fatto come contravvenzione di acquisto di cose di sospetta provenienza ha correttamente fatto applicazione del principio di diritto enunciato dalla Corte di legittimità secondo cui “in tema di ricettazione, ricorre il dolo nella forma eventuale quando l’agente ha consapevolmente accettato il rischio che la cosa acquistata o ricevuta fosse di illecita provenienza, non limitandosi ad una semplice mancanza di diligenza nel verificare la provenienza della cosa, che invece connota l’ipotesi contravvenzionale dell’acquisto di cose di sospetta provenienza” (Cass. sez 2, n. 25439 del 21/04/2017, Sarr., Rv. 270179 – 01);
considerato che il secondo motivo di ricorso di COGNOME NOME che contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità denunciando l’illogicità della motivazione, è manifestamente infondato poiché l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di legittimità limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074);
ritenuto che il primo motivo di ricorso di NOME COGNOME che contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità denunciando vizio della motivazione, non è consentito, perché non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali tali da imporre diversa conclusione del processo;
che, in particolare, non sono consentite tutte le doglianze che censurano la persuasività, l’adeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento;
che, con motivazione esente dai descritti vizi logici, il giudice di merito ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si vedano, in particolare, pag. 4 e 5 ove la Corte ha precisato gli elementi alla base del suo convincimento) facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini dell’affermazione della responsabilità;
ritenuto che il terzo motivo di ricorso di NOME COGNOME, che contesta l’eccessività della pena e il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche nella massima estensione, non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; che nella specie l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, in particolare pag. 5 della sentenza impugnata ove la Corte ha ritenuto che le particolari modalità della condotta, considerata particolarmente spregiudicata, rappresenti una circostanza indicativa di un inserimento non occasionale nell’ambito di una rete di traffici illeciti di preziosi provento di furto, elemen che ha determinato il diniego delle attenuanti generiche nella massima misura);
ritenuto che la memoria difensiva del 7 dicembre 2024 presentata nell’interesse di COGNOME NOME, nulla aggiunge di decisivo ai fini dello scrutinio di inammissibilità del ricorso;
rilevato che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila, ciascuno, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro tremila, ciascuno, in favore delle Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 6 febbraio 2024
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Il Consigliere Estensore
Il Pre idente