Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 8645 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 8645 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Vico Equense (Na) il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza n. 1036/ Corte di appello di Torino del 8 febbraio 20
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal AVV_NOTAIO COGNOME;
letta la requisitoria scritta del PM, in persona del AVV_NOTAIO, il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibi del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 8 febbraio 2023 la Corte di appello di Torino ha parzialmente riformato la sentenza di condanna datata 24 marzo 2022 emessa dal Tribunale di Novara a carico di COGNOME NOME con la quale lo stesso era stato ritenuto responsabile dei reati di cui agli artt. 2 del dlgs del 2000 e 11 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito con modificazioni, con legge n. 2014 del 2011, per avere egli, quanto alla prima delle due violazioni contestate, in qualità di titolare di ditta individuale al fine di eva le imposte dovute quanto all’anno 2011 si avvaleva, per abbattere il reddito imponibile, di fatture passive relative ad operazioni inesistenti, e per aver quanto alla secondo contestazione, trasmessi documenti falsificati alla Guardia di finanza, in particolare immagini fotografiche volte a comprovare falsamente le prestazioni oggetto di fatturazioni mendaci.
In particolare, il giudice di secondo grado ha confermato la condanna per il secondo dei detti reati, prosciogliendo, invece, il COGNOME quanto all’altro reato, stante l’intervenuta estinzione per prescrizione dello stesso conformità a tale decisione la Corte subalpina ha ridotto la pena originariamente irrogata, portandola da anni 1 e mesi 7 di reclusione alla pena di mesi 2 di reclusione, revocando, altresì, la confisca per equivalente a suo tempo disposta.
Avverso la sentenza della Corte di appello di Torino ha interposto ricorso per cassazione l’imputato, per mezzo del proprio difensore, formulando due motivi di doglianza.
Con II primo di essi ha lamentato l’inosservanza e l’erronea applicazione dell’art. 11 del decreto-legge n. 201 del 2022, convertito con modificazioni con legge n. 214 del 2011 ed il correlato vizio di motivazione.
Infatti, ad avviso del ricorrente, non sarebbe stata raggiunta la prova dell’elemento soggettivo del reato in discorso in quanto, come già segnalato dalla ricorrente difesa con l’atto di appello, l’imputato avrebbe consegnato a proprio commercialista la documentazione ritenuta falsificata dai giudici del merito dopo averla ricevuta dalla RAGIONE_SOCIALE, affinché quello rispondesse alle richieste dell’amministrazione finanziaria, con il mero scopo di offrire a medesimo tutta la documentazione, contabile ed extracontabile, in suo possesso avente ad oggetto il rapporto intercorso fra la sua ditta e la predett impresa commerciale.
La motivazione della sentenza impugnata sarebbe affetta da illogicità in quanto il ricorrente aveva evidenziato che ricevute le immagini fotografiche dalla RAGIONE_SOCIALE, egli aveva dubitato della autenticità delle stesse e di conseguenza non aveva adempiuto nei confronti della citata compagine alla prestazione in favore di quella su di lui gravante.
Con il secondo motivo di ricorso, la difesa ha lamentato la violazione dell’art. 649 cod. proc. pen. poiché il procedimento svolto in sede di merito avrebbe ad oggetto la medesima condotta per la quale il ricorrente era stato imputato e poi assolto nel procedimento penale contraddistinto dal n. NUMERO_DOCUMENTO, celebrato di fronte al Tribunale di Novara, avendo quello ad oggetto le medesime immagini fotografiche ora ìn questione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, essendo risultati manifestamente infondati i due motivi posti a suo sostegno, deve essere dichiarato, a sua volta, inammissibile.
Si ritiene opportuno esaminare prioritariamente il secondo dei motivi di impugnazione, posto che l’eventuale accoglimento del medesimo – sviluppato in relazione alla ritenuta sussistenza di una ipotesi di violazione del divieto sottoposizione dell’imputato ad un secondo giudizio in relazione al medesimo fatto per il quale questi era stato già giudicato – comporterebbe, senza l necessità di alcuna altra indagine, la immediata declaratoria di non luogo a procedere nei confronti del ricorrente in conformità con la previsione legislativa di cui al comma 2 dell’art. 649 cod. proc. pen.
Il motivo è, tuttavia, manifestamente infondato.
Osserva, infatti, il Collegio che, ai fini della ricorrenza di quella ch secondo una consolidata terminologia invalsa nella prassi giudiziaria, si definisce violazione del divieto di bis in idem, è necessario che l’identità del fatto, ostativa alla celebrazione di un nuovo processo a carico del medesimo soggetto, si configuri in quanto le condotte di volta in volta esaminate siano caratterizzate dalle medesime condizioni di tempo, di luogo e di persone, sicché deve, invece, concludersi che costituisca fatto diverso quello che, pur violando la stessa norma e integrando gli estremi del medesimo reato, rappresenti un’ulteriore estrinsecazione dell’attività delittuosa, distinta n spazio e nel tempo da quella pregressa (in tale senso: Corte di cassazione, Sezione V penale, 5 maggio 2022, n. 18020, la quale si inserisce nella
“affollata” scia di: Corte di cassazione, Sezioni unite penali, 28 settembre 2005, m 34655)
Quanto al caso ora in esame – in disparte la pur significativa circostanza che il ricorrente (il quale richiama, quale precedente ostativo alla celebrazione di un secondo giudizio, la sentenza emessa in data 3 marzo 2022 dal Tribunale di Novara e con la quale egli è stato mandato assolto per insussistenza del fatto) non ha dato dimostrazione neppure nella presente sede, come sarebbe stato, invece, suo preciso onere (si veda, infatti, a riguardo: Corte di cassazione, Sezione I penale, 17 maggio 2004, n. 23181), dell’avvenuto passaggio in giudicato della predetta sentenza – si rileva che, per quanto emergente dallo stesso ricorso ora in scrutinio, il processo cui i ricorrente si è riferito in occasione della proposizione del gravame e che adesso ha riproposto all’attenzione di questo giudice come fattore condizionante la ammissibilità dell’esercizio della azione penale per i reati or in discussione, ha avuto ad oggetto una diversa annualità di imposta, di tal che, a prescindere da ogni altra considerazione, non è dato, nelle presenti occorrenze, ravvisare fra i due episodi trattati nelle due diverse occasion giudiziarie la identità del fatto che è condizione necessaria ai fini de operatività del divieto di cui all’art. 649 cod. proc. pen.
Relativamente al primo motivo di ricorso, con il quale è contestata la violazione di legge e la congruità motivazionale della sentenza impugnata per avere la Corte di Torino ritenuto essere assistita dal necessario elemento soggettivo la condotta delittuosa contestata al prevenuto relativa all violazione dell’art. 11 del decreto-legge n. 201 del 2011 e residuata a seguito della dichiarata prescrizione delle restanti imputazioni, rileva il Collegio considerato che il reato in questione è un reato a dolo generico, in ordine a quale l’elemento soggettivo è, pertanto, integrato dalla mera consapevolezza della falsità della documentazione esibita a norma della disposizione medesima – sulla base dello stesso contenuto del ricorso introduttivo del presente giudizio che l’imputato, pur sospettando il fatto che la RAGIONE_SOCIALE non avesse adempiuto agli obblighi contrattuali sulla medesima gravanti, tanto che 0112 egli versò solo in parte l’importo da lui dovuto per l sponsorizzazione, trasmise, ciononostante, al proprio commercialista, per la successiva esibizione agli organi tributari di controllo, la documentazione che, falsamente, attestava la veridicità delle operazioni rappresentate con l fatture emesse dalla PMR.
Essendo evidente che un tale atteggiamento della volontà corrisponde alla ipotesi del dolo eventuale – certamente compatibile con il reato in contestazione – avendo il ricorrente ben chiara !a eventualità che la documentazione da lui trasmessa non fosse veritiera ed avendo egli, pertanto, attraverso la sua trasmissione accettato il rischio che con la stessa egli stes esponendo alle autorità di controllo dei dati non rispondenti al vero, non vi è alcun vizio di legittimità che affetti la sentenza della Corte subalpina che h ritenuto in tale modo pienamente integrato l’elemento soggettivo necessario per la ricorrenza del reato in discorso.
Il ricorso, stante la descritta manifesta infondatezza dei motivi posti all sua base, va, conclusivamente dichiarato inammissibile ed il ricorrente, visto l’art. 616 cod. proc. pen., va condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euri 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 14 novembre 2023
Il AVV_NOTAIO estensore
GLYPH Il Preside