Dolo Eventuale e Art. 636 c.p.: La Cassazione Ribadisce la Compatibilità
Con la recente ordinanza n. 44135 del 2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale: la configurabilità del dolo eventuale in relazione a specifiche fattispecie di reato. La decisione, pur dichiarando l’inammissibilità di un ricorso, offre importanti spunti di riflessione sulla struttura dell’elemento soggettivo del reato e sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi in sede di legittimità.
Il Caso in Esame: Un Ricorso Dichiarato Inammissibile
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza del Tribunale di Cagliari. L’imputato era stato condannato per il reato previsto dall’articolo 636, secondo comma, del codice penale, che punisce chi introduce o abbandona animali in un fondo altrui. L’unico motivo di ricorso si concentrava su un vizio di violazione di legge relativo all’elemento soggettivo, sostenendo che tale reato fosse incompatibile con la figura del dolo eventuale.
Secondo la difesa, per configurare il reato sarebbe stato necessario un dolo diretto, ovvero la volontà precisa di commettere l’illecito. Il ricorso, tuttavia, è stato giudicato inammissibile dalla Suprema Corte perché fondato su motivi che non facevano altro che ripetere, in modo pedissequo, le stesse argomentazioni già presentate e respinte nel precedente grado di giudizio. La Corte ha qualificato tali motivi come “non specifici ma soltanto apparenti”, in quanto privi di una critica argomentata e mirata contro la sentenza impugnata.
La Compatibilità del Dolo Eventuale nel Reato
Il cuore della pronuncia risiede nella conferma di un principio giuridico consolidato. La Cassazione ha sottolineato come il giudice di merito avesse correttamente applicato la giurisprudenza di legittimità, la quale riconosce la piena compatibilità tra il reato di cui all’art. 636 c.p. e il dolo eventuale.
Ma cosa significa questo in pratica? Il dolo eventuale si verifica quando un soggetto, pur non perseguendo direttamente la commissione del reato, agisce accettando consapevolmente il rischio che la sua condotta possa integrare una fattispecie criminosa. Nel caso di specie, significa che per essere condannati non è necessario provare che l’imputato volesse intenzionalmente far pascolare i propri animali sul terreno altrui, ma è sufficiente dimostrare che egli abbia previsto questa possibilità come conseguenza della propria azione (o omissione) e ne abbia accettato il rischio.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su due pilastri fondamentali.
Il primo è di natura processuale: il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non possedeva il requisito della specificità. Un ricorso in Cassazione non può limitarsi a riproporre le stesse censure già esaminate e rigettate, ma deve contenere una critica puntuale e argomentata delle ragioni giuridiche esposte nella sentenza che si intende impugnare. In assenza di ciò, l’atto di impugnazione perde la sua funzione tipica e diventa un mero tentativo di ottenere un riesame nel merito, non consentito in sede di legittimità.
Il secondo pilastro è di natura sostanziale. La Corte ha ribadito, citando precedenti specifici (Sez. 2, n. 52200/2016 e Sez. 2, n. 20287/2004), che il reato previsto dall’art. 636 c.p. è pienamente compatibile con il dolo eventuale. La condotta di chi, ad esempio, non custodisce adeguatamente i propri animali, pur essendo consapevole della vicinanza di fondi altrui e del concreto rischio di un’intrusione, può essere sanzionata penalmente perché il soggetto ha accettato la possibilità che l’evento illecito si verificasse.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
L’ordinanza in esame ha due importanti implicazioni. Dal punto di vista processuale, essa funge da monito sull’importanza di redigere ricorsi specifici, che dialoghino criticamente con la motivazione della sentenza impugnata, evitando sterili ripetizioni. La sanzione dell’inammissibilità, con la conseguente condanna al pagamento delle spese e di una somma alla Cassa delle ammende, sottolinea la serietà di questo requisito.
Dal punto di vista sostanziale, la decisione consolida l’orientamento giurisprudenziale sulla configurabilità del dolo eventuale per il reato di introduzione di animali nel fondo altrui. Questo principio estende la responsabilità penale anche a quelle condotte caratterizzate non da un’intenzione diretta, ma da una colpevole accettazione del rischio, garantendo una tutela più efficace della proprietà privata contro comportamenti negligenti ma consapevoli.
È possibile essere condannati per il reato previsto dall’art. 636 c.p. se non si aveva l’intenzione diretta di commetterlo, ma se ne è accettato il rischio?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che questo reato è pienamente compatibile con il dolo eventuale. Pertanto, è sufficiente che l’agente abbia previsto la possibilità che il reato si verificasse come conseguenza della sua condotta e ne abbia accettato il rischio.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché era una “pedissequa reiterazione” di motivi già presentati e respinti nel precedente grado di giudizio. Mancava di specificità, ovvero di una critica argomentata e puntuale contro la sentenza impugnata, limitandosi a ripetere le stesse tesi.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che la Corte non esamina il merito della questione. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 44135 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 44135 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CALASETTA il 10/09/1968
avverso la sentenza del 20/06/2024 del TRIBUNALE di CAGLIARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, che lamenta il vizio di violazione di legge relativamente all’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 636 comma secondo cod. pen., affermando, in particolare, che tale fattispecie sia incompatibile con il dolo eventuale, non è consentito perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito a pag. 3 della sentenza impugnata, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che il giudice di merito ha fatto corretta applicazione della giurisprudenza di legittimità secondo cui sussiste piena compatibilità tra il reato di cui all’art. 636 cod. pen. e il dolo eventuale (Sez. 2, n. 52200 del 14/10/2016, COGNOME, Rv. 268645; Sez. 2, n. 20287 del 14/04/2004, COGNOME, Rv. 229027);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 12 novembre 2024.