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Dolo e tossicodipendenza: la Cassazione conferma

Un individuo, condannato per estorsione e maltrattamenti contro la propria madre, ha fatto ricorso in Cassazione sostenendo che le sue azioni fossero il risultato della sua tossicodipendenza e quindi prive di dolo. La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che la coesistenza di dolo e tossicodipendenza è possibile. La Corte ha ribadito che la dipendenza non annulla la responsabilità penale, a meno che non elimini completamente la capacità di intendere e di volere. La valutazione dei fatti e della credibilità dei testimoni da parte dei giudici di merito è stata considerata logica e coerente, e quindi non soggetta a revisione in sede di legittimità.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dolo e Tossicodipendenza: la Cassazione Conferma la Responsabilità Penale

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28342 del 2025, ha affrontato un caso delicato che intreccia dinamiche familiari complesse con questioni giuridiche di grande rilevanza. La pronuncia chiarisce in modo netto il rapporto tra dolo e tossicodipendenza, affermando un principio consolidato: lo stato di dipendenza da sostanze stupefacenti non è, di per sé, sufficiente a escludere la volontarietà di un reato. Questo articolo analizza la decisione, esplorando i fatti, le argomentazioni della difesa e le motivazioni che hanno portato i giudici a confermare la condanna.

Il Caso: Maltrattamenti ed Estorsione in Famiglia

I fatti alla base della vicenda vedono un uomo condannato in primo e secondo grado per una serie di gravi reati commessi ai danni della propria madre anziana: maltrattamenti in famiglia, lesioni ed estorsione. A questo quadro si aggiungeva anche la violazione del divieto di avvicinamento, una misura cautelare precedentemente imposta a tutela della vittima.

La Corte d’Appello di Lecce aveva confermato la sentenza del Tribunale di Brindisi, ritenendo provata la condotta criminale dell’imputato, caratterizzata da richieste di denaro continue, minacce e violenze fisiche, finalizzate a ottenere i soldi necessari per acquistare sostanze stupefacenti.

I Motivi del Ricorso: il Dolo e Tossicodipendenza in Discussione

La difesa ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su quattro motivi principali, tutti volti a smontare l’impianto accusatorio e la logica della condanna:

1. Assenza di Dolo per i Maltrattamenti: Si sosteneva che le condotte non fossero abituali né espressione di un intento sistematico di sopraffazione, ma episodi isolati dovuti a un mancato controllo emotivo causato dall’astinenza. Secondo la difesa, lo stato di dolo e tossicodipendenza sarebbero incompatibili, e la dipendenza avrebbe dovuto escludere l’elemento soggettivo del reato.
2. Insussistenza dell’Estorsione: La difesa ha criticato la sentenza per aver fondato la condanna esclusivamente sulle dichiarazioni della persona offesa, senza un adeguato vaglio di attendibilità. Si ipotizzava che la madre potesse aver consegnato il denaro per tolleranza verso la condizione del figlio e non per costrizione.
3. Mancanza del Dolo nella Violazione del Divieto di Avvicinamento: L’imputato si sarebbe recato a casa della madre solo per recuperare effetti personali, senza alcun intento intimidatorio.
4. Mancata Concessione delle Attenuanti Generiche: Si contestava il giudizio di equivalenza tra le attenuanti e la recidiva reiterata, che impediva una riduzione della pena e l’accesso a misure alternative.

La Questione di Costituzionalità

Infine, la difesa ha sollevato una questione di legittimità costituzionale dell’art. 69 cod. pen., nella parte in cui non permette di concedere le attenuanti generiche in prevalenza sulla recidiva quando l’imputato abbia intrapreso un percorso di disintossicazione.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le argomentazioni difensive con motivazioni precise e aderenti alla giurisprudenza consolidata.

In primo luogo, i giudici hanno ribadito che la valutazione delle prove, come le dichiarazioni della persona offesa, è di competenza esclusiva dei giudici di merito. In questo caso, la Corte territoriale aveva motivato in modo logico e coerente la piena credibilità della madre dell’imputato, le cui dichiarazioni erano suffragate da certificazioni mediche e annotazioni di polizia giudiziaria. Ogni tentativo di rilettura dei fatti è stato considerato inammissibile in sede di legittimità.

Sul punto centrale del rapporto tra dolo e tossicodipendenza, la Cassazione è stata netta. Citando precedenti sentenze, ha affermato che la colpevolezza di una persona in stato di alterazione da stupefacenti deve essere valutata secondo i normali criteri. Il dolo è escluso solo se si dimostra che il fatto è stato commesso per colpa o non è stato voluto affatto, circostanza non emersa nel caso di specie. L’atteggiamento psichico, anche se anormale, al momento del fatto è decisivo. I giudici di merito avevano correttamente desunto la coscienza e volontà dell’azione dalle modalità della condotta, escludendo che le crisi di astinenza potessero annullare la capacità di intendere e volere.

Anche il motivo relativo alla violazione del divieto di avvicinamento è stato respinto. Per la configurabilità del reato è sufficiente il dolo generico, ovvero la consapevolezza di essere sottoposti alla misura e la volontà di trasgredirla, a prescindere dal fine specifico (il movente) che ha spinto l’agente a violare la prescrizione.

Infine, riguardo al trattamento sanzionatorio, la Corte ha confermato la correttezza dell’applicazione dell’art. 69 cod. pen., che vieta la prevalenza delle attenuanti generiche sulla recidiva qualificata. La questione di costituzionalità è stata giudicata irrilevante, poiché la decisione di non concedere la prevalenza era fondata, a monte, sulla gravità estrema dei fatti e sull’intensità della capacità criminale dell’imputato.

Le Conclusioni

La sentenza n. 28342/2025 offre importanti spunti di riflessione. Essa conferma un principio cardine del diritto penale: la condizione di tossicodipendenza, pur rappresentando un grave problema sociale e personale, non costituisce una giustificazione automatica per la commissione di reati. La responsabilità penale sussiste ogni volta che l’autore del reato, nonostante l’alterazione, conserva una capacità di volizione sufficiente a integrare il dolo. La decisione riafferma inoltre la centralità della valutazione del giudice di merito nell’analisi delle prove e la sua insindacabilità in sede di legittimità, se sorretta da una motivazione logica e non contraddittoria.

La tossicodipendenza di un imputato esclude automaticamente il dolo nei reati commessi?
No, secondo la sentenza, la tossicodipendenza o lo stato di alterazione da stupefacenti non esclude automaticamente il dolo. La responsabilità penale viene meno solo se tale stato è tale da escludere completamente la coscienza e la volontà dell’azione, e il dolo può essere escluso soltanto se risulta che il fatto è stato commesso per colpa o non è stato voluto.

Come viene valutata la credibilità della persona offesa nel processo penale?
La valutazione della credibilità della persona offesa è una questione di fatto riservata al giudice di merito. La sua testimonianza può essere sufficiente a fondare una condanna, a condizione che il giudice ne valuti l’attendibilità attraverso un’analisi critica logica, coerente e completa, anche in assenza di altri riscontri esterni.

È possibile ottenere la prevalenza delle attenuanti generiche sulla recidiva reiterata?
No, la sentenza conferma che l’articolo 69, comma quarto, del codice penale, vieta al giudice di ritenere prevalenti le attenuanti generiche sulla recidiva prevista dall’articolo 99, comma quarto, del codice penale. Il giudice può al massimo dichiarare le circostanze equivalenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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