Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 28342 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 28342 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 25/06/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 1042/2025 UP – 25/06/2025 R.G.N. 15134/2025
– Relatore –
ha pronunciato la seguente
Sul ricorso proposto da:
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
1.XXXXXXXXXXXXXXXX, a mezzo del suo difensore, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza del 23 ottobre 2024 con la quale la Corte di Appello di Lecce, ha confermato la sentenza con cui il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Brindisi, in data 22 febbraio 2024, lo ha condannato alla pena di anni 4, mesi 2 di reclusione ed euro 2.000,00 di multa in relazione ai reati di estorsione, lesioni e maltrattamenti.
2.Il ricorrente, con il primo motivo di impugnazione, lamenta violazione dell’art. 572 cod. pen., travisamento della prova nonchØ carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato di maltrattamenti in famiglia.
La Corte territoriale avrebbe ignorato che la condotta del ricorrente, priva dei requisiti di abitualità, non sarebbero espressione di un intento sistematico di sopraffazione ma di un mancato controllo emotivo dovuto all’astinenza da sostanze stupefacenti.
In particolare, i giudici di appello non avrebbero adeguatamente confutato il motivo di appello con cui veniva affermato che l’accertata tossicodipendenza dell’imputato avrebbe escluso l’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 572 cod. pen.
3.Il ricorrente, con il secondo motivo di impugnazione, lamenta violazione degli artt. 629 e 649 cod. pen. nonchØ carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato di estorsione.
La Corte territoriale avrebbe fondato la condanna esclusivamente sulle dichiarazioni rese dalla persona offesa senza procedere al necessario vaglio dell’attendibilità intrinseca ed estrinseca.
Inoltre, la Corte territoriale non si sarebbe adeguatamente confrontata con il motivo di appello con cui era stato evidenziato come fosse ben possibile che la persona offesa avesse assecondato le richieste del figlio tossicodipendente per mera tolleranza e non perchØ la sua
volontà fosse coartata dalle condotte descritte nel capo di imputazione.
La motivazione sarebbe, infine, carente relativamente alla qualificazione del fatto come estorsione consumata anzichØ come estorsione tentata; a giudizio della difesa, infatti, mancherebbe la prova che la persona offesa, a seguito delle proteste del figlio, abbia effettivamente corrisposto quanto richiesto.
Il ricorrente, con il terzo motivo di impugnazione, lamenta inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 387-bis cod. pen. nonchØ vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di violazione del divieto di avvicinamento alla persona offesa.
A giudizio della difesa, il ricorrente si sarebbe recato presso l’abitazione della madre esclusivamente per recuperare i propri effetti personali, in assenza di qualsivoglia intento persecutorio o intimidatorio, e quindi la violazione sarebbe dettata da ragioni contingenti inidonee a perfezionare il dolo del reato di cui all’art. 387-bis cod. pen.
Il ricorrente, con il quarto motivo di impugnazione, lamenta violazione degli artt. 62bis e 69 cod. pen. conseguente alla mancata concessione delle attenuanti generiche in regime di prevalenza sulla recidiva e sulle contestate aggravanti.
¨ stato dedotto che il divieto di prevalenza delle attenuanti generiche sulla recidiva reiterata avrebbe comportato l’applicazione di una pena preclusiva dell’accesso alle pene sostitutive con conseguente impossibilità di attagliare il trattamento sanzionatorio al caso concreto con correlata violazione dei principi di offensività e proporzionalità della pena.
¨ stata, infine, sollevata eccezione di costituzionalità dell’art. 69 cod. pen. per violazione degli artt. 3 e 27 Cost. nella parte in cui detta norma non prevede la possibilità di concedere le attenuanti generiche prevalenti in caso di spontaneo avvio di un percorso di disintossicazione da parte dell’imputato per reati commessi in relazione al proprio stato di tossicodipendenza.
La questione sarebbe fondata in considerazione del trattamento di particolare favore che il legislatore ha riconosciuto alla condizione del condannato tossicodipendenteche abbia commesso il reato per via dello stato di tossicodipendenza o che abbia in corso un programma riabilitativo (artt. 90 e 94 d.P.R. 309/90) e rilevante nel presente giudizio atteso che la prevalenza delle generiche consentirebbe all’imputato di ottenere una pena inferiore alla soglia che legittima l’applicazione di una pena sostitutiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile per le ragioni che seguono.
Il primo motivo di impugnazione Ł aspecifico e non consentitoin quanto reiterativo di medesime doglianze inerenti alla ricostruzione dei fatti e all’interpretazione del materiale probatorio già espresse in sede di appello ed affrontate in termini precisi e concludenti dalla Corte territoriale.
I giudici di appello, con motivazione esaustiva e conforme alle risultanze processuali, che riprende le argomentazioni del giudice di primo grado come Ł fisiologico in presenza di una doppia conforme, hanno indicato gli elementi (le attendibili dichiarazioni rese dalla persona offesa suffragate dall’annotazione di p.g. dell’08.07.2023 e dalla certificazione medica attestante le lesioni patite dalla madre dell’imputato) idonei a dimostrare la sussistenza del reato di maltrattamenti in famiglia (vedi pagg. 3 e 4 della sentenza impugnata), tale ricostruzione, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e della razionalità, Ł fondata su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede.
Deve essere, inoltre, rimarcato che la difesa si Ł limitata ad affermare che l’elemento
soggettivo del reato di maltrattamenti sarebbe escluso dallo stato di alterazione legato all’abuso di sostanze stupefacenti in cui versava il ricorrente all’epoca dei fatti, affermazione che, oltre ad essere del tutto generica ed apodittica, non tiene conto del consolidato principio di diritto secondo cuila colpevolezza di una persona in tale stato di alterazione deve essere valutata secondo i normali criteri di individuazione dell’elemento psicologico del reato (Sez. 6, n. 31749 del 09/06/2015, COGNOME, Rv. 264428 – 01; Sez. 5, n. 45997 del 14/07/2016, COGNOME, Rv. 268482 – 01).
Ne consegue che, per ritenere sussistente il dolo diretto, non Ł richiesto che sia stata effettuata un’analisi lucida della realtà, essendo necessario soltanto che il soggetto sia stato, come correttamente ritenuto nel caso di specie, in grado di attivarsi in modo razionalmente concatenato per realizzare l’evento ideato e voluto (Sez. 1, n. 5175 del 17/12/2012, COGNOME, Rv. 255179 – 01; Sez. 6, n. 5304 del 28/22/2023, Fornasiero, non massimata).
SicchØ, nel caso di reato commesso in stato di ebbrezza alcoolica o alterazione da stupefacenti non accidentale nØ preordinata, ai fini dell’affermazione della responsabilità dell’agente Ł decisivo l’atteggiamento psichico, sia pure abnorme, del momento in cui il fatto si Ł verificato e il dolo può essere escluso soltanto se risulti, in concreto, che il fatto Ł stato commesso per colpa o comunque non Ł stato voluto.
Nella specie, le motivazioni offerte dai giudici di merito a fondamento dell’accertamento dell’elemento psicologico, con il rinvio alle modalità della condotta come accertata nel giudizio di primo grado, hanno tenuto conto, in linea con i suesposti principi di diritto, di tutti gli elementi fattuali rilevanti dai quali Ł stata desunta la coscienza e volontà dell’azione ed esclusa la riconducibilità delle condotte delittuose alle ‘crisi determinate dalle assunzioni di stupefacenti’ (vedi pag. 4 della sentenza impugnata e pag. 3 della sentenza di primo grado); motivazioni che si connotano come coerenti con le risultanze istruttorie e prive di contraddizioni ed evidenti vizi logici e, pertanto, si sottraggono al sindacato di legittimità.
Il secondo motivo Ł articolato esclusivamente in fatto e, quindi, proposto al di fuori dei limiti del giudizio di legittimità, restando estranei ai poteri della Corte di cassazione quello di una rilettura degli elementi probatori posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti.
2.1. La Corte territoriale, con motivazione esente da vizi logico-giuridici, ha correttamente valutato le dichiarazioni della persona offesa, dichiarazioni ritenute idonee a dimostrare la sussistenza degli elementi costitutivi del reato di estorsione consumata.
La versione dei fatti offerta dalla madre dell’imputato risulta essere stata valutata dai giudici di merito in maniera logica, congrua e lineare, anche in considerazione della portata dei rimanenti elementi di prova che non hanno evidenziato alcun profilo di contrasto significativo con le dichiarazioni rese dalla persona offesa nØ alcun interesse all’accusa da parte dell’anziana madre del ricorrente (vedi pagg. 2 e 3 della sentenza di primo grado e pagg. 3 e 4 della sentenza oggetto di ricorso).
L’iter argomentativo appare esente da vizi logici, fondandosi su di una compiuta e logica analisi critica delle dichiarazioni della persona offesa in un organico quadro interpretativo, alla luce del quale appare dotata di adeguata plausibilità logica e giuridica l’attribuzione a detti elementi del requisito della gravità, univocità e coerenza, in quanto conducenti all’affermazione di piena credibilità delle asserzioni dell’anziana vittima.
Deve essere, inoltre, ribadito che le Sezioni Unite hanno affermato che «la valutazione della credibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice non sia incorso in manifeste
contraddizioni» (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 253214; Sez. 4, n. 10153 del 11/02/2020, C., Rv. 278609-01), circostanza, quest’ultima, non ravvisabile nel caso di specie in quanto il percorso argomentativo seguito dalla Corte territoriale non presenta contraddizioni manifeste ed Ł stato effettuato con argomentazioni coerenti e prive di vizi logico-giuridici.
2.2.In relazione alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato di estorsione consumata deve essere evidenziato che l’errore di impostazione nel quale cade il ricorrente Ł quello di far leva su elementi di prova ipotetici e ‘negativi’, su considerazioni, cioŁ, generiche ed astratteche non trovano sostegno in massime di esperienza consolidate (ci si riferisce in particolare all’invocata carenza di prova in ordine alle dazioni effettuate dalla persona offesa ed alle motivazioni che avrebbero indotto la vittima a consegnare il denaro al figlio); abbandonando il piano dell’esperienza fenomenica per privilegiare ipotesi alternative e ciò all’evidente scopo di tacciare di illogicità manifesta il governo dei fatti positivamente accertati.
Il ricorrente, invocando una rilettura di elementi probatori estranea al sindacato di legittimità, chiede a questa Corte di entrare nella valutazione dei fatti e di privilegiare, tra le diverse ricostruzioni, quella a lui piø gradita, senza confrontarsi con quanto motivato dalla Corte territoriale al fine di confutare le censure difensive prospettate in sede di appello e con le emergenze probatorie determinanti per la formazione del convincimento dei giudici di merito con conseguente aspecificità del motivo di ricorso.
La motivazione con cui la Corte territoriale afferma l’avvenuta consumazione del reato di estorsione (avendo il ricorrente costretto la persona offesa a consegnarle delle somme di denaro, percuotendola e minacciandola di morte) si fonda su valutazioni di merito che appaiono lineari, razionalmente motivate e prive di elementi che ne possano inficiarne la tenuta sul piano della contraddittorietà o dell’evidente illogicità. Proprio per tale ragione, trattandosi di apprezzamenti di fatto sorretti da un impianto argomentativo logico e coerente, gli stessi non possono essere oggetto di sindacato in questa sede, essendo riservati alla discrezionalità del giudice di merito e sottratti, pertanto, al controllo da parte del giudice di legittimità.
Il terzo motivo Ł manifestamente infondato.
Il compendio probatorio correttamente riportato e valutato nelle sentenze di primo e secondo grado, in mancanza di giustificazioni alternative valide e dotate di un minimo di ragionevolezza, ha indotto i giudici di merito ad affermare, con percorso argomentativo privo di evidente illogicità, che il ricorrente, recandosi presso l’abitazione della madre, abbia consapevolmente violato il divieto di avvicinamento alla persona offesa impostogli dal giudice della cautela, (vedi pag. 5 della sentenza impugnata).
Deve essere, in proposito, evidenziato che l’art. 387-bis cod. pen. persegue una finalità preventiva all’integrazione di reati contro vittime che l’ordinamento ritiene piø deboli, ponendo un effetto inibitorio all’inosservanza della misura cautelare del divieto di avvicinamento alla persona offesa. Ne consegue che l’elemento soggettivo di tale reato consiste nella consapevolezza di essere sottoposto alle prescrizioni imposte con la misura cautelare del divieto di avvicinamento e nella volontà di trasgredire tali prescrizioni, senza che sia necessario il concorso di un fine particolare, che costituisce l’antecedente psichico della condotta, cioŁ il movente del comportamento tipico descritto dalla norma penale.
Ai fini della configurabilità del reato di cui al l’art. 387-bis cod. pen. Ł, quindi, sufficiente il dolo generico con conseguente irrilevanza dei motivi che hanno indotto l’agente a violare il divieto di avvicinamento alla persona offesa.
Ne consegue che, nel caso di specie, non rileva se l’imputato sisia effettivamente recato presso l’abitazione della persona offesa per chiederle del denaro da destinare al proprio legale (come sostenuto dalla donna) ovvero per ritirare i propri effetti personali come sostenuto nel ricorso; ciò in considerazione del fatto, che quand’anche fosse provato il movente prospettato dalla difesa, lo stesso resterebbe al di fuori del fuoco dell’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 387-bis cod. pen., risultando un fine ulteriore che non esclude il dolo generico richiesto dalla norma incriminatrice-
Il quarto motivo non Ł consentito in sede di legittimità.
I giudici di appello hanno correttamente applicato il disposto dell’art. 69, comma quarto, cod. pen. nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza delle attenuanti sulla recidiva di cui all’art. 99, comma quarto, cod. pen. (vedi pag. 5 della sentenza impugnata).
A ciò deve aggiungersi che il giudizio di equivalenza Ł fondato su motivazione in fatto esente da manifesta illogicità e coerente con le risultanze processuali e, pertanto, insindacabile in cassazione. In particolare, i giudici di appello hanno rimarcato l’inesistenza di motivi idonei a giustificare la prevalenza delle attenuanti generiche, al contempo valorizzando l’estrema gravità dei fatti commessi in danno dell’anziana madre e l’intensità capacità criminale dell’imputato desumibile dai precedenti penali e dalla reiterazione delle condotte criminose immediatamente dopo la sua scarcerazione (vedi pagg. 5 e 6 della sentenza impugnata).
Il Collegio intende ribadire, peraltro, il principio di diritto secondo cui il giudice di merito, nel motivare il giudizio di equivalenza, non Ł tenuto ad effettuare una analitica esposizione dei criteri di valutazione adoperati, costituendo il giudizio di bilanciamento tra circostanze aggravanti ed attenuanti, esercizio di un potere valutativo riservato alla discrezionalità del giudice di merito (Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 279838- 02;Sez. 4, n. 20937 del 14/03/2025, COGNOME, non massimata).
Deve essere, in conclusione, evidenziato che la dedotta questione di costituzionalità dell’art. 69-bis cod. pen. non Ł rilevante nel presente procedimento in quanto il rigetto della richiesta di riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche Ł fondato su una motivazione articolata e priva di illogicità che, prescindendo dal divieto di cui all’art. 69-bis cod. pen., afferma l’insussistenza di elementi logico-fattuali idonei a giustificare l’invocata prevalenza. Pertanto, ove anche fosse fondata la proposta questione di legittimità costituzionale, la stessa non inciderebbe sul percorso motivazionale seguito dai giudici di appello.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchØ, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS. 196/03 E SS.MM.
Così Ł deciso, 25/06/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME