Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26103 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26103 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 26/06/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 475/2025 UP – 26/06/2025 R.G.N. 14584/2025
CARMINE RUSSO
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
avverso la sentenza del 14/01/2025 della Corte d’assise d’appello di Roma
udito il P.G., NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Con sentenza del 14 gennaio 2025 la Corte di assise di appello di Roma ha rideterminato in 14 anni e 8 mesi di reclusione la pena inflitta dalla Corte di assise di Frosinone a Petre COGNOME per l’omicidio, aggravato dai futili motivi, commesso in danno di NOME COGNOME, fatto avvenuto il 17 luglio 2022, respingendo per il resto l’appello dell’imputato, e dichiarando inammissibile quello del pubblico ministero.
I difensori dell’imputato, avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno insistito per l’accoglimento del ricorso.
Il ricorso Ł infondato.
Al di là della questione nominalistica su cosa debba intendersi per colluttazione, e se uno scambio di spinte possa integrarla, va osservato che per la dinamica dell’azione descritta dalle sentenze di merito, che vede COGNOME rompere una bottiglia ed usarla immediatamente come arma per colpire al collo COGNOME che, invece, non aveva armi, neanche improprie, la circostanza che COGNOME possa aver prima spintonato l’autore del reato, e finanche averlo colpito con un pugno, non rende illogica la sentenza impugnata che ha ritenuto che nella condotta di COGNOME vi fosse la volontà dell’evento-morte del contendente.
perchØ l’azione Ł durata pochi istanti e perchŁ il colpo mortale sarebbe stato sferrato all’improvviso in un punto a caso con il primo oggetto a portata di mano, ma l’argomento Ł infondato, perchØ il dolo d’impeto – che, come osserva la giurisprudenza di legittimità, designa un dato meramente cronologico consistente nella repentina esecuzione di un proposito criminoso improvvisamente insorto (Sez. U, n. 40516 del 23/06/2016, COGNOME, Rv. 267628 – 01) – non Ł incompatibile con la rappresentazione e volontà nell’agente dell’evento-morte, perchØ l’agire sulla spinta emotiva del momento non esclude la lucidità mentale e le facoltà cognitive che consentono di prevedere l’evento come conseguenza della propria azione (Sez. 1, n. 23517 del 07/03/2013, Corbo, Rv. 256472 – 01), e nel caso in esame la previsione dell’evento morte Ł adeguatamente motivata in sentenza con il riferimento alla letalità dell’arma utilizzata e del distretto corporeo attinto che permettevano all’agente di rappresentarsi, nel momento in cui sferrava il colpo, la possibilità della morte del contendente come conseguenza della propria azione.
Il ricorso deduce che, in contrasto con la tesi della sussistenza del dolo di omicidio, vi Ł la circostanza che sia stato inferto un unico colpo, ma l’argomento Ł manifestamente infondato, perchØ in contrasto con la giurisprudenza di legittimità che ritiene in modo pacifico che l’essere stato inferto un unico colpo Ł un argomento non decisivo per inficiare di illogicità la motivazione della sentenza impugnata (Sez. 1, Sentenza n. 45332 del 02/07/2019, Pesce, Rv. 277151: la mancata inflizione di piø coltellate non esclude la sussistenza della volontà omicida, qualora sia accertato che, per le modalità operative e per l’arma impiegata, l’azione sia stata idonea a causare la morte della vittima e tale evento non si sia verificato per cause indipendenti dalla volontà dell’agente; conformi, piø di recente, Sez. 1, n . 19880 del 26/02/2025, P., n.m.; Sez. 5, n. 8907 del 02/12/2024, dep. 2025, G., n.m.).
Il ricorso deduce che l’agente aveva la possibilità di finire la vittima e non lo ha fatto e che Ł tornato dai suoi amici disperato per l’errore compiuto, ma l’atteggiamento immediatamente successivo al fatto e l’aver cessato l’agente di tenere una condotta aggressiva nel momento in cui ha vinto lo scontro con il rivale Ł indice soltanto di un dolo di morte che non si Ł protratto oltre la durata dello scontro e si Ł esaurito nel momento in cui l’agente ha ottenuto la meglio sul contendente, ma non esclude l’esistenza nell’autore del reato della consapevolezza e volontà dell’evento-morte nel momento in cui, preso dall’esigenza prioritaria di avere la meglio nello scontro fisico, questi ha sferrato il colpo mortale.
Il ricorso deduce che non Ł stato considerato lo stato emotivo dell’imputato che, nel momento in cui ha commesso il reato, era alterato dall’utilizzo di sostanze alcooliche, ma l’argomento Ł infondato, perchØ la colpevolezza di una persona in stato di ubriachezza deve essere valutata secondo i normali criteri di individuazione dell’elemento psicologico del reato (Sez. 6, n. 31749 del 09/06/2015, COGNOME, Rv. 264428 – 01).
Il ricorso deduce che non Ł stato considerato lo stato emotivo dell’imputato che era stato minacciato da COGNOME ma l’argomento Ł infondato, perchØ descrive un antefatto ma non incide in alcun modo sulla consapevolezza e volontà, da parte dell’autore del reato, dell’evento-morte come conseguenza del proprio gesto.
Il ricorso deduce che non Ł stata considerata la positiva personalità dell’imputato che Ł stato descritto come un buon padre di famiglia, ma l’argomento Ł manifestamente infondato, perchØ, pur essendo la personalità dell’autore del reato uno degli elementi da cui inferire l’esistenza del dolo (cfr. Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, P.g. in proc. COGNOME ed altri, Rv. 261105 – 01), esso deve essere valutato insieme agli altri criteri indicatori e, nel caso in esame, in modo non manifestamente illogico Ł stato attribuito rilievo prevalente
nell’accertamento del dolo alla concreta dinamica dell’azione lesiva.
Il motivo Ł, nel complesso, infondato.
¨ infondato anche il secondo motivo dedicato alla parte della motivazione della sentenza che ha ritenuto sussistente l’aggravante dei futili motivi.
La sentenza di primo grado ha ritenuto a pag. 41 che essi derivassero da una incompatibilità relazionale tra imputato e vittima, incompatibilità emersa subito, visto che i due si erano appena conosciuti, la futilità consisterebbe nella sproporzione manifesta tra il motivo della lite (prese in giro reciproche sulla nazionalità, mal tollerate da COGNOME) ed il gesto di reazione.
La sentenza di secondo grado risponde al motivo di appello sul punto sostenendo a pag. 6 che i due avevano già litigato alcune ore prima ed avevano proseguito il litigio fino al momento mortale e che la banalità della discussione, consistita in insulti etnici e consigli volgari, giustifica, come scaturigine dell’omicidio, il riconoscimento della futilità del motivo.
Il ricorso riprende pedissequamente l’atto di appello e sostiene che il motivo reale del litigio continua a non essere stato chiarito.
L’argomento Ł infondato.
Al contrario di quanto scrive il ricorso, in entrambe le sentenze dei giudici di merito il motivo futile non Ł rimasto ignoto ed Ł stato, in realtà, individuato nella pulsione violenta del tutto eccedente rispetto alla scaturigine psicologica di essa – conseguente alla volontà dell’aggressore di zittire a ogni costo il contendente per avere la meglio nel litigio generato dalla contrapposizione per motivi etnici.
Si tratta di una motivazione che Ł coerente con la sistematica della giurisprudenza di legittimità (su cui v., per tutte, Sez. 1, n. 45290 del 01/10/2024, S., Rv. 287333 – 01), che ritiene che il motivo futile debba essere caratterizzato da un dato oggettivo, costituito dalla sproporzione tra il reato concretamente realizzato e il motivo che lo ha determinato, e da un dato soggettivo, costituito dalla possibilità di connotare detta sproporzione quale espressione di un moto interiore assolutamente ingiustificato, tale da configurare lo stimolo esterno come mero pretesto per lo sfogo di un impulso criminale (nel senso che un banale ed occasionale litigio costituisca uno stimolo esterno idoneo ad essere sussunto sotto la norma dell’art. 61, n. 1, cod. pen. in caso di omicidio commesso come reazione immediata ad esso, v. Sez. 1, n. 1411 del 14/01/1997, COGNOME, Rv. 206758 – 01, secondo cui ‘Ł configurabile la circostanza aggravante del motivo futile nel caso di un omicidio commesso come reazione immediata anche ad espressioni minacciose provenienti dalla vittima quando tali espressioni, per il contesto nel quale vengono formulate e per la personalità del soggetto dal quale provengono, non presentino, “ictu oculi”, alcuna reale efficacia intimidatrice ma si appalesino piuttosto come manifestazione meramente verbale di generica ostilità, quale facilmente verificabile – come nella specie – nel corso di banali e occasionali litigi’).
Il motivo Ł, pertanto, infondato.
Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 26/06/2025