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Dolo di ricettazione: quando si configura il reato

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per ricettazione. La Corte conferma che il dolo di ricettazione sussiste anche nella forma del dolo eventuale, quando l’agente accetta consapevolmente il rischio della provenienza illecita del bene, soprattutto se non fornisce una giustificazione plausibile sul suo possesso. Viene inoltre respinta la richiesta di riconoscimento della continuazione tra i reati.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dolo di Ricettazione: La Cassazione Chiarisce la Differenza con l’Incauto Acquisto

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta due temi centrali del diritto penale: la distinzione tra ricettazione e incauto acquisto e i presupposti per il riconoscimento della continuazione tra reati. La decisione chiarisce come la mancanza di una giustificazione plausibile sulla provenienza di un bene sia un elemento chiave per configurare il dolo di ricettazione, anche nella sua forma eventuale.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato per diversi reati. Il ricorrente sollevava due principali motivi di doglianza. In primo luogo, lamentava il mancato riconoscimento della continuazione tra i reati contestati, sostenendo che fossero tutti parte di un unico disegno criminoso. In secondo luogo, chiedeva la riqualificazione di uno dei capi di imputazione dal più grave delitto di ricettazione (art. 648 c.p.) alla meno grave contravvenzione di incauto acquisto (art. 712 c.p.).

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la decisione dei giudici di merito. I motivi proposti dal ricorrente sono stati giudicati manifestamente infondati e aspecifici, portando alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni sul mancato riconoscimento della continuazione

Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte ha ritenuto che la motivazione della sentenza d’appello fosse congrua e sufficientemente articolata. I giudici di merito avevano correttamente evidenziato che le condotte contestate non presentavano elementi oggettivi tali da rivelare un’unitaria e preordinata ideazione complessiva. In assenza di contraddizioni o illogicità manifeste, la valutazione operata in sede di appello non poteva essere rivalutata in sede di legittimità. Il ricorso su questo punto è stato quindi ritenuto infondato.

Le Motivazioni sul dolo di ricettazione

Il punto cruciale della decisione riguarda il secondo motivo, relativo alla distinzione tra ricettazione e incauto acquisto. La Corte ha stabilito che la richiesta di riqualificazione del reato era aspecifica. I giudici d’appello avevano correttamente ritenuto sussistente l’elemento soggettivo della ricettazione, ovvero il dolo.

La Corte Suprema ha ribadito un principio consolidato nella sua giurisprudenza: il dolo di ricettazione può manifestarsi anche nella forma del ‘dolo eventuale’. Ciò si verifica quando l’agente, pur non avendo la certezza assoluta, ha la consapevolezza della possibile provenienza illecita del bene e, ciononostante, ne accetta il rischio, procedendo all’acquisto o alla ricezione.

Nel caso specifico, due fattori sono stati decisivi: la natura del bene e, soprattutto, l’incapacità dell’imputato di fornire una giustificazione plausibile sulla provenienza di quanto trovato in suo possesso. Questa valutazione è coerente con l’insegnamento della Corte, secondo cui la semplice mancanza di diligenza nel verificare la provenienza della cosa connota l’ipotesi di incauto acquisto, mentre l’accettazione consapevole del rischio che la cosa sia di provenienza illecita integra il più grave delitto di ricettazione.

Conclusioni

L’ordinanza conferma un importante principio di diritto: per distinguere tra ricettazione e incauto acquisto, è fondamentale analizzare l’atteggiamento psicologico dell’agente. La mancata fornitura di una spiegazione credibile circa il possesso di un bene, unitamente ad altri indizi (come la natura del bene stesso), è sufficiente a dimostrare la sussistenza del dolo di ricettazione nella forma del dolo eventuale. Questa decisione sottolinea come la prova dell’elemento soggettivo nel reato di ricettazione possa essere raggiunta anche su base logica e indiziaria, ponendo a carico di chi possiede il bene l’onere di fornire una spiegazione attendibile.

In cosa consiste la differenza tra il dolo di ricettazione e la colpa dell’incauto acquisto?
La differenza fondamentale risiede nell’elemento psicologico. La ricettazione richiede il dolo, anche solo nella forma ‘eventuale’, ovvero l’accettazione consapevole del rischio che il bene provenga da un delitto. L’incauto acquisto, invece, è caratterizzato dalla colpa, ossia da una semplice mancanza di diligenza nel verificare la provenienza del bene.

Quando si configura il dolo eventuale nel reato di ricettazione?
Secondo la Corte, il dolo eventuale si configura quando l’agente accetta consapevolmente il rischio che la cosa acquistata o ricevuta abbia una provenienza illecita. Elementi chiave per desumere tale accettazione del rischio sono la natura del bene e, in particolare, l’incapacità dell’imputato di fornire una giustificazione plausibile e credibile sulla sua provenienza.

Perché la Corte ha respinto la richiesta di riconoscere la continuazione tra i reati?
La Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza d’appello adeguata e priva di vizi logici. I giudici di merito avevano concluso che le condotte delittuose non erano connotate da una nota modale oggettiva che rivelasse un’unitaria e ben preordinata ideazione complessiva, elemento indispensabile per poter applicare l’istituto della continuazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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