LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Dolo di evasione: prova e confisca nei reati tributari

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 38802/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore condannato per reati tributari. La Corte ha confermato che il dolo di evasione può essere provato anche attraverso l’entità del debito tributario e un contesto di reiterate omissioni. Inoltre, ha ribadito che il profitto confiscabile nel reato di omesso versamento di ritenute corrisponde all’intero importo non versato, rigettando le censure del ricorrente come tentativi di riesaminare i fatti, inammissibili in sede di legittimità.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dolo di Evasione: la Cassazione chiarisce i criteri di prova e i limiti della confisca

Con la recente sentenza n. 38802 del 2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale tributario: la prova del dolo di evasione. La decisione offre importanti chiarimenti su come l’elemento soggettivo del reato possa essere desunto da elementi oggettivi e ribadisce i principi per la quantificazione del profitto confiscabile, tracciando una linea netta tra le censure ammissibili in sede di legittimità e i tentativi di riesame del merito.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un imprenditore condannato dal Tribunale di Torino per i reati di omessa dichiarazione (art. 5, D.Lgs. 74/2000) e omesso versamento di ritenute certificate (art. 10-bis, D.Lgs. 74/2000). Oltre alla pena detentiva, il tribunale aveva disposto la confisca di una somma considerevole, pari a oltre 428.000 euro, corrispondente all’imposta evasa.
L’imprenditore ha proposto ricorso per cassazione, basando la sua difesa su due motivi principali:
1. Vizio di motivazione sul dolo di evasione: Secondo la difesa, il Tribunale avrebbe erroneamente dedotto l’intento di evadere le imposte basandosi unicamente sull’ingente ammontare del debito e su un generico contesto di omissioni, senza una prova concreta della volontà di sottrarsi al fisco.
2. Erronea quantificazione del profitto: Il ricorrente contestava il calcolo dell’imposta evasa, sostenendo che il Tribunale si fosse basato su criteri formalistici (le certificazioni uniche), ignorando elementi negativi di reddito e una consulenza tecnica che proponeva un importo inferiore.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. Questa decisione ha impedito non solo l’analisi nel merito dei motivi proposti, ma anche la possibilità di dichiarare l’eventuale prescrizione di uno dei reati, come richiesto dalla difesa in una memoria successiva. L’imputato è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Le Motivazioni: la prova del dolo di evasione e i limiti del ricorso

La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni della difesa, fornendo una motivazione chiara e in linea con il suo orientamento consolidato.

La Prova dell’Elemento Soggettivo

Sul primo motivo, relativo al dolo di evasione, la Cassazione ha ritenuto la censura manifestamente infondata. I giudici hanno sottolineato che la Corte territoriale aveva correttamente motivato la sussistenza dell’elemento soggettivo non solo sulla base del significativo importo del debito fiscale (oltre 429.000 euro), ma anche considerando altri elementi cruciali:
* La scelta deliberata dell’organo amministrativo di ignorare gli obblighi fiscali.
* L’inserimento della condotta illecita in un contesto più ampio di reiterate condotte distrattive di risorse patrimoniali e finanziarie della società.

La Corte ha ribadito il principio secondo cui la prova del dolo specifico di evasione può essere desunta dall’entità del superamento della soglia di punibilità, unita alla piena consapevolezza dell’ammontare dell’imposta dovuta. Tale consapevolezza può integrare anche la forma del cosiddetto dolo eventuale, ovvero l’accettazione del rischio che l’omissione si verifichi. Le argomentazioni del ricorrente sono state liquidate come mere contestazioni di fatto, volte a ottenere una nuova valutazione delle prove, attività preclusa in sede di legittimità.

La Quantificazione del Profitto del Reato

Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile. La Corte ha confermato che, nel reato di omesso versamento di ritenute certificate, il profitto del reato si identifica con l’intero ammontare del tributo non versato. Il Tribunale aveva correttamente quantificato tale profitto basandosi sulle 104 certificazioni uniche in atti. La Cassazione ha definito questo percorso argomentativo “congruamente motivato e giuridicamente corretto”, bollando i rilievi del ricorrente come un inammissibile tentativo di sollecitare un riesame delle risultanze probatorie.

Conclusioni: Le implicazioni pratiche della Sentenza

Questa pronuncia consolida alcuni principi fondamentali in materia di reati tributari. In primo luogo, rafforza l’idea che il dolo di evasione possa essere provato per via presuntiva, attraverso indizi gravi, precisi e concordanti come l’elevato importo dell’evasione e la sistematicità della condotta. Per gli imprenditori, ciò significa che la semplice omissione di un pagamento, specialmente se ingente e reiterato, difficilmente potrà essere giustificata come una mera difficoltà finanziaria, venendo piuttosto interpretata come una scelta volontaria e consapevole di violare la legge.
In secondo luogo, la sentenza ribadisce la rigidità dei confini del giudizio di cassazione: non è la sede per rimettere in discussione l’accertamento dei fatti operato dai giudici di merito. I ricorsi devono concentrarsi su vizi di legittimità (violazione di legge o motivazione manifestamente illogica), non su una diversa lettura delle prove. Infine, viene confermato un principio severo: l’inammissibilità del ricorso preclude la declaratoria di eventuali cause di non punibilità, come la prescrizione, consolidando gli effetti della condanna.

Come può essere provato il dolo di evasione nel reato di omessa dichiarazione?
Secondo la Corte, la prova del dolo specifico di evasione può essere desunta dall’entità del superamento della soglia di punibilità, unitamente alla piena consapevolezza da parte del soggetto obbligato dell’esatto ammontare dell’imposta dovuta e al contesto generale della condotta, come la presenza di altri inadempimenti o atti distrattivi del patrimonio.

Nel reato di omesso versamento di ritenute, a cosa corrisponde il profitto confiscabile?
Il profitto del reato si identifica nell’intero ammontare del tributo non versato. Pertanto, l’importo da confiscare corrisponde alla totalità delle ritenute che sono state certificate ma non versate all’Erario.

Se un ricorso per cassazione è inammissibile, il giudice può dichiarare la prescrizione del reato?
No. L’inammissibilità del ricorso impedisce la formazione di un valido rapporto processuale di impugnazione. Di conseguenza, preclude alla Corte la possibilità di rilevare e dichiarare cause di non punibilità sopravvenute, inclusa la prescrizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati