Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 34671 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 2 Num. 34671 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/10/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME, nato a Gragnano il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 25/11/2024 della Corte di appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; sentite le richieste del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile; sentite le conclusioni del difensore della parte civile NOME COGNOME, NOME COGNOME, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, che ha concluso instando per l’inammissibilità del ricorso, con condanna dell’imputato alla rifusione delle spese processuali, come da nota spese allegata;
sentite le conclusioni del difensore della ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Napoli, quale giudice del rinvio, in parziale riforma della decisione resa in data 30 settembre 2020 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Torre Annunziata nei confronti di NOME COGNOME, ha concesso le circostanze attenuanti generiche e rideterminato conseguentemente la pena, confermando per il resto la condanna per il reato di cui all’art. 368 cod. pen.
Ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, formulando due motivi di impugnazione, che qui si riassumono nei termini di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
La difesa censura – sotto il profilo dell’omissione o della mera apparenza della motivazione (primo motivo) e della violazione di legge in relazione all’art. 368 cod. pen. (secondo motivo) – la ribadita sussistenza del dolo di incolpazione.
La Corte di appello avrebbe reiterato acriticamente le considerazioni del primo giudice, omettendo di considerare l’alternativa versione offerta dall’imputata a spiegazione del proprio iniziale diniego di essere l’autrice della segnalazione ai Carabinieri e della propria inconsapevolezza dell’innocenza della persona offesa, avendo appreso da terze persone la notizia di reato poi rivelatasi falsa.
La ricorrente ha depositato motivi aggiunti, con cui deduce ulteriormente l’omissione e comunque l’illogicità della motivazione, rimarcando l’assenza di accertamenti in relazione ai presunti sinistri stradali e manomissione del contatore, pure oggetto di analoghe segnalazioni da parte dell’imputata, oltre alle condotte di spaccio su cui soltanto si sono soffermati i giudici di merito.
All’odierna udienza pubblica, le parti presenti hanno concluso come riportato in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile, perchØ proposto con motivi non consentiti, generici e manifestamente infondati.
La oggettiva calunniosità della denuncia non Ł oggetto di contestazione.
Secondo l’orientamento consolidato espresso da questa Corte, l’elemento soggettivo del reato di calunnia non può consistere nel dolo eventuale, in quanto la formula normativa «taluno che egli sa innocente» richiede la consapevolezza certa dell’innocenza dell’incolpato (Sez. 3, n. 22629 del 06/05/2025, R., non mass.; Sez. 6, n. 4112 del 14/12/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269440-01; Sez. 6, n. 16645 del 18/02/2009, COGNOME, Rv. 243517-01).
Ciò premesso, i giudici di appello – pretermettendo tra gli elementi a carico le dichiarazioni qualificate come inutilizzabili nella sentenza di annullamento e in coerenza con i principi di diritto suaccennati – hanno argomentatamente illustrato come l’imputata avesse avuto la precisa intenzione di accusare NOME COGNOME di spaccio di sostanze stupefacenti e di altri delitti, nella piena consapevolezza della sua innocenza e senza limitarsi alla semplice formulazione di addebiti temerari.
La conclusione che «la incolpazione mossa dall’imputata del tutto falsa e frutto di fantasia» Ł stata fondata, all’esito di una serena disamina della provvista indiziaria diretta all’accertamento delle dinamiche del foro interno, valorizzando specifici elementi di prova e, nello specifico,
il dato temporale della segnalazione (esattamente lo stesso giorno in cui era stata celebrata un’udienza che vedeva coinvolte le famiglie di COGNOME e COGNOME, per questioni di vicinato, trascese da lungo tempo);
la testuale affermazione fatta agli operanti di essere «sicurissima» di quanto dettagliatamente denunciato (sottolineando che già una prima volta aveva riferito agli operanti di analoghe vicende);
le plurime spiegazioni offerte dall’imputata nel corso del procedimento a proposito delle proprie fonti di conoscenza (originariamente affermando di averlo saputo da amici, che si sarebbero riforniti di stupefacente presso RAGIONE_SOCIALE, poi riferendo, invece, di avere appreso la notizia casualmente mentre camminava per strada).
In questo percorso giustificativo (con cui la ricorrente non si misura adeguatamente), reso nella pienezza della giurisdizione di merito, non si rilevano cesure logiche o incoerenze; esso resta pertanto intangibile nel giudizio di legittimità.
La ricorrente, di fatto, si duole soltanto della pretesa violazione del canone del Ragionevole dubbio che permarrebbe a fronte del mancato accoglimento della propria versione, dei fatti pure astrattamente credibile.
Il rispetto di tale criterio di giudizio, invero, non Ł del tutto sottratto al sindacato di legittimità, ma, nell’impossibilità di diretta valutazione delle prove, può essere accertato solo mediante il controllo della argomentazione giudiziaria (che esclude censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua
contraddittorietà, su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo). Alla Corte di cassazione Ł normativamente preclusa la possibilità non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno; il giudizio di legittimità non deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti, nØ deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento, senza opporre alla logica valutazione degli atti effettuata dal giudice di merito una diversa ricostruzione, magari altrettanto logica (Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260-01; Sez. U, n. 16 del 19/06/1996 Di Francesco Rv. 205621-01; Sez. 4, n. 34385 del 27/06/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 5, n. 32065 del 11/06/2024, COGNOME, non mass.).
La violazione della regola Bard, quindi, può essere portata nel perimetro cognitivo del giudice di legittimità solo eccependo l’illogicità del discorso giustificativo di merito ovvero un’incompletezza o inesattezza dei dati probatori utilizzati per la decisione, tale da ridondare nella contraddittorietà della motivazione (ciò che non emerge, come detto, nella presente sede).
Il primo motivo non Ł, dunque, consentito, in quanto meramente fattuale; il secondo motivo risulta generico, nei termini suaccennati, e comunque manifestamente infondato in punto di diritto.
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
4.1. l motivi aggiunti restano travolti dalla inammissibilità dei motivi principali, ai sensi dell’art. 585, comma 4, cod. proc. pen., e risulterebbero, comunque, non consentiti, in quanto diretti anch’essi a sollecitare un’irrituale riconsiderazione del merito.
4.2. La conseguente inidoneità del ricorso a introdurre il giudizio di impugnazione, instaurando un valido rapporto processuale, con conseguente formazione del cosiddetto ‘giudicato sostanziale’, precluderebbe, già in astratto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen., quali la prescrizione del reato maturata successivamente alla data della sentenza impugnata con il ricorso. In ogni caso, tenuto conto delle sospensioni intercorse e della operatività ratione temporis di quanto disposto dall’art. 159 cod. pen., nel testo introdotto dall’art. 1, legge 23 giugno 2017, n. 103 (Sez. U, n. 20989 del 12/12/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 288175-01), la prescrizione Ł ancora ben lungi dall’essere maturata.
4.3. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186), nella misura indicata in dispositivo.
4.4. Consegue altresì la condanna dell’imputato alla rifusione delle spese di assistenza e rappresentanza sostenute dalla parte civile NOME COGNOME, costituita nel presente grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, in relazione all’attività svolta (senza che possa tenersi conto, in questa sede di legittimità, della voce per «fase istruttoria e/o dibattimentale», pure ricompresa nella nota allegata dal difensore).
processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l’imputata alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile COGNOME NOME che liquida in complessivi euro 1350,00, oltre accessori di legge. Così Ł deciso, 16/10/2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME