Dolo di Calunnia: Falsa Denuncia di Assegno Smarrito e la Decisione della Cassazione
Recentemente, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso che chiarisce i contorni del dolo di calunnia in relazione alla falsa denuncia di smarrimento di un assegno. Con l’ordinanza in esame, i giudici hanno confermato la condanna di un individuo, ritenendo il suo ricorso inammissibile. Questa decisione offre spunti importanti su come l’intento di ‘autotutela’ non possa escludere la responsabilità penale quando si accusa falsamente un’altra persona.
I Fatti del Caso: La Falsa Denuncia dopo l’Accordo
La vicenda trae origine da un accordo bonario tra due soggetti. A seguito di tale accordo, l’imputato aveva consegnato un assegno alla controparte come pagamento. Successivamente, però, lo stesso individuo si recava presso le autorità per denunciare lo smarrimento del medesimo titolo di credito. Durante il processo, l’imputato ammetteva di aver sporto la falsa denuncia. La sua giustificazione era quella di volersi tutelare da una possibile mancata restituzione del titolo da parte del creditore. La Corte d’Appello lo condannava per il reato di calunnia, decisione contro cui l’imputato proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo la mancanza dell’elemento psicologico del reato.
L’Analisi della Corte e il Dolo di Calunnia
La Suprema Corte ha respinto le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza e genericità. Secondo i giudici, la motivazione della Corte d’Appello era completa e corretta nel valorizzare proprio l’ammissione dell’imputato. L’aver sporto una falsa denuncia di smarrimento, pur sapendo che l’assegno era stato legittimamente consegnato, integra pienamente il dolo di calunnia. Denunciando lo smarrimento, infatti, si accusa implicitamente il legittimo possessore del titolo di un reato (ad esempio, l’appropriazione indebita), pur essendo consapevoli della sua innocenza.
Le Motivazioni della Suprema Corte
Le motivazioni della Corte si fondano su un punto cruciale: l’ammissione dell’imputato. L’aver dichiarato di aver agito ‘al solo fine di tutelarsi’ non esclude l’intento criminoso, ma, al contrario, lo conferma. Questa ammissione dimostra la piena coscienza e volontà di presentare una denuncia non veritiera, con la conseguenza inevitabile di esporre il creditore a un procedimento penale. La Corte ha sottolineato come questa confessione rendesse del tutto superflua qualsiasi ulteriore integrazione probatoria richiesta dalla difesa. La condotta, quindi, non era una legittima cautela, ma un’azione illecita finalizzata a danneggiare o a porre in difficoltà la controparte.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
In conclusione, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla cassa delle ammende. Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: non è possibile utilizzare lo strumento della denuncia per scopi di autotutela privata quando ciò comporta l’accusa, anche implicita, di una persona che si sa essere innocente. La falsa denuncia di smarrimento di un assegno, in questi contesti, non è una ‘furbizia’ priva di conseguenze, ma un reato grave che la legge punisce severamente.
Denunciare falsamente lo smarrimento di un assegno consegnato per un pagamento è reato?
Sì, secondo l’ordinanza, questa azione integra il reato di calunnia, perché si accusa implicitamente il legittimo possessore del titolo di un reato, come l’appropriazione indebita, pur sapendolo innocente.
L’ammissione di aver sporto una falsa denuncia a scopo di autotutela esclude il dolo di calunnia?
No, al contrario. La Corte chiarisce che ammettere di aver presentato la falsa denuncia, anche se al solo fine di tutelarsi, dimostra la piena consapevolezza e volontà dell’azione illecita, confermando la sussistenza del dolo di calunnia.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile per genericità e manifesta infondatezza. Le motivazioni della corte d’appello erano considerate complete e corrette, e l’ammissione stessa dell’imputato rendeva superflua ogni ulteriore indagine probatoria, dimostrando chiaramente la sua colpevolezza.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23509 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23509 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/02/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
ritenuto che il motivo di ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME con il quale denuncia la mancanza del dolo di calunnia è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza alla luce della completa e corretta motivazione resa (pag. 3), che valorizza dichiarazioni dello stesso imputato, in particolare, l’ammissione di aver sporto la falsa denun di smarrimento dell’assegno consegnato alla persona offesa dopo aver raggiunto un accordo bonario, al solo fine di tutelarsi per mancata restituzione del titolo, con conseguente e coere valutazione della superfluità dell’integrazione probatoria richiesta;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, che si stima equo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 31 maggio 2024
Il consigliere estensore