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Dolo di calunnia: la Cassazione annulla la condanna

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna per aggressione e calunnia, rilevando due vizi fondamentali. In primo luogo, la Corte d’appello non ha motivato il diniego delle pene sostitutive richieste dall’imputato. In secondo luogo, e più significativamente, la motivazione sul dolo di calunnia è stata ritenuta carente e apodittica, non avendo adeguatamente considerato la versione dei fatti dell’imputato e la cronologia delle denunce, elementi cruciali per stabilire la consapevolezza dell’innocenza altrui. Il caso è stato rinviato per un nuovo giudizio.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dolo di Calunnia: Quando la Motivazione è Carente la Condanna Va Annullata

La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Sesta Penale, mette in luce due principi fondamentali del nostro ordinamento: la necessità di una motivazione adeguata da parte del giudice e la rigorosa valutazione dell’elemento soggettivo nei reati contro l’amministrazione della giustizia, in particolare il dolo di calunnia. La Suprema Corte ha annullato con rinvio la decisione della Corte di appello, accogliendo i motivi di ricorso presentati da un imputato condannato per lesioni, minacce e, appunto, calunnia.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una colluttazione fisica. A seguito dell’alterco, l’imputato sporgeva querela per primo, il giorno 3 aprile 2019, denunciando di essere stato aggredito. Il giorno successivo, anche le altre persone coinvolte sporgevano querela nei suoi confronti. L’imputato veniva condannato in primo grado e la sentenza veniva parzialmente riformata in appello, con una rideterminazione della pena. Tuttavia, l’imputato, ritenendo la decisione ingiusta, proponeva ricorso per cassazione lamentando diverse violazioni di legge.

I Motivi del Ricorso e la Valutazione del dolo di calunnia

Il ricorso si fondava su due pilastri principali:

1. Violazione procedurale: La difesa aveva richiesto, in sede di appello, la conversione della pena detentiva in una pena sostitutiva (lavori di pubblica utilità), ma la Corte territoriale aveva completamente omesso di pronunciarsi su tale istanza.
2. Vizio di motivazione sul dolo di calunnia: L’imputato contestava la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di calunnia (art. 368 c.p.). La difesa sosteneva che, avendo egli sporto querela per primo e a ridosso di un’effettiva colluttazione, non poteva avere la certezza dell’innocenza delle persone da lui accusate. La sua versione dei fatti, seppur diversa da quella della controparte, era plausibile e non poteva automaticamente tradursi in una accusa calunniosa. La Corte d’appello, secondo il ricorrente, aveva liquidato queste argomentazioni con una motivazione superficiale e contraddittoria.

La Carente Motivazione sul Dolo

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato proprio questo secondo motivo. La sentenza impugnata aveva affermato in modo sbrigativo che l’imputato fosse pienamente consapevole dell’estraneità ai fatti delle persone incolpate, basandosi su una ricostruzione che lo vedeva come unico aggressore. Tuttavia, questa ricostruzione non teneva conto delle deduzioni difensive, che evidenziavano come l’imputato fosse stato a sua volta spintonato e aggredito, e che avesse sporto querela prima ancora di conoscere il contenuto della denuncia altrui. Per configurare il dolo di calunnia, non è sufficiente un mero dubbio, ma è necessaria la certezza da parte dell’accusatore che la persona incolpata sia innocente. La Corte d’appello, obliterando le argomentazioni della difesa, non ha compiuto questa rigorosa verifica.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha accolto entrambi i motivi di ricorso. Sul piano procedurale, ha ribadito il principio, consolidato dopo la Riforma Cartabia, secondo cui il giudice d’appello ha l’obbligo di pronunciarsi sulla richiesta di applicazione delle pene sostitutive, se tempestivamente formulata. L’omissione di qualsiasi argomentazione a riguardo costituisce un vizio che impone l’annullamento.

Sul piano sostanziale, la Corte ha censurato la motivazione della sentenza d’appello definendola “stringata” e “apodittica”. I giudici di secondo grado avevano erroneamente invertito l’ordine cronologico delle querele e avevano affermato la colpevolezza dell’imputato senza confrontarsi con gli elementi da lui portati a sostegno della sua versione dei fatti. Una ricostruzione sommaria, che afferma apoditticamente la sussistenza dell’elemento psicologico del reato, non è sufficiente a fondare una condanna per calunnia. Il giudice del rinvio dovrà quindi procedere a una nuova e più approfondita valutazione dei fatti, esaminando tutte le prove e le argomentazioni difensive per accertare se l’imputato, nel momento in cui sporse querela, avesse o meno la piena consapevolezza dell’innocenza delle persone che stava accusando.

Le Conclusioni

La sentenza si conclude con l’annullamento della decisione impugnata e il rinvio ad un’altra sezione della Corte di appello per un nuovo giudizio. Questa pronuncia riafferma l’importanza di una motivazione completa ed esaustiva, che non può ignorare le argomentazioni della difesa. In particolare, per un reato grave come la calunnia, il giudice deve indagare con estremo rigore il dolo di calunnia, ovvero l’intento dell’agente, senza basarsi su ricostruzioni sommarie o presunzioni. La decisione sottolinea anche l’importanza delle nuove disposizioni sulle pene sostitutive, che impongono al giudice un preciso dovere di valutazione e motivazione.

Perché la condanna per calunnia è stata annullata?
La condanna è stata annullata perché la Corte di appello ha fornito una motivazione insufficiente e apodittica riguardo all’elemento soggettivo del reato, il cosiddetto dolo. Non ha adeguatamente considerato le argomentazioni della difesa sulla dinamica dei fatti e sulla cronologia delle querele, elementi essenziali per stabilire se l’imputato fosse certo dell’innocenza delle persone accusate.

Cosa succede quando il giudice non si pronuncia sulla richiesta di pene sostitutive?
L’omessa pronuncia su una richiesta tempestiva di applicazione di pene sostitutive (come i lavori di pubblica utilità) costituisce un vizio della sentenza. Come stabilito in questo caso, tale omissione contribuisce all’annullamento della decisione, in quanto il giudice ha l’obbligo di valutare e motivare in merito a tale istanza.

Cosa significa ‘annullamento con rinvio’?
Significa che la Corte di Cassazione ha cancellato la sentenza impugnata e ha disposto che si celebri un nuovo processo d’appello davanti a una diversa sezione della stessa Corte. I nuovi giudici dovranno riesaminare il caso, attenendosi ai principi di diritto stabiliti dalla Cassazione, ovvero motivando adeguatamente sia sulla richiesta di pene sostitutive sia sulla sussistenza del dolo di calunnia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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