Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37264 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37264 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/10/2025
SETTIMA SEZIONE PENALE
NOME DI COGNOME
– Relatore – ha pronunciato la seguente
Sul ricorso proposto da NOME COGNOME NOME, nato a Messina il DATA_NASCITA, avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze del 12/12/2024 visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza del 12/12/2024, la Corte di appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Firenze del 18/04/2023, che aveva condannato NOME alla pena di 2 anni e mesi 4 di reclusione per i reati di cui agli artt. 8 d. lgs. 74/2000, 81 cpv.- cod. pen. (capi 10, 11, 12, 13 e 14), dichiarava la prescrizione del capo 10) e rideterminava la pena in anni 2 e mesi 1 di reclusione.
Avverso tale sentenza l’imputato propone ricorso per cassazione.
2.1. Con il primo motivo lamenta violazione dell’articolo 606, lettere b) ed e), cod. proc. pen., in riferimento al ritenuto concorso dell’imputato nel dolo dell’autore materiale del fatto.
2.2. Con il secondo motivo lamenta violazione dell’articolo 133 cod. pen. per l’eccessività della pena inflitta.
2.3. In data 9 ottobre 2025, l’AVV_NOTAIO del foro di Prato, depositava, per l’imputato, memoria in cui insisteva per l’accoglimento del ricorso.
Il ricorso Ł inammissibile.
3.1. Quanto al primo motivo, esso, a fronte di una doppia conforme affermazione di responsabilità si limita a riproporre pedissequamente in sede di legittimità doglianze già correttamente disattese, in fatto e diritto, dalla Corte territoriale e, prima di lei, dal Tribunale.
E’ infatti inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 19411 del 12/3/2019, COGNOME, non massimata e Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269217) essere fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello, puntualmente disattesi dalla Corte di merito (Sez. 2, n. 19411 del 12/3/2019, COGNOME, non massimata e Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269217), che ha desunto la sussistenza dell’elemento psicologico del reato in capo al ricorrente da plurimi e concreti elementi di fatto
Ord. n. sez. 15226/2025
CC – 31/10/2025
R.G.N. 17629/2025
(v. pagina 10 e 13 sentenza gravata, cui si rinvia).
Va inoltre evidenziato che, pacificamente, nel caso di reato a dolo specifico solo eventualmente plurisoggettivo, questa Corte ritiene che il dolo del concorrente può essere generico.
Si osserva infatti che in tal caso Ł sufficiente, ai fini della configura›bilità di un concorso punibile, che la particolare finalità presa in considerazione dalla legge penale sia perseguita almeno da uno dei soggetti che concorrono alla realizza›zione del fatto. Si parla in tal caso di concorso ‘unilaterale’, per cui in una fattispecie di reato solo eventualmente plurisoggetti›va (o a ‘concorso eventuale’), il dolo del concorrente ‘esterno’ Ł generico e non specifico e si concretizza nella semplice consapevolezza dell’illiceità della condotta altrui; quanto al contributo ‘atipico’ (morale o materiale) fornito dal concorrente Ł suffi›ciente che abbia avuto una efficienza causale nella consumazione del reato (arg. ex Sez. U, n. 31 del 22/11/2000, dep. 2001, Rv. 218525; Sez. 3, n. 3416 del 11/10/2023, dep. 2024, COGNOME, n.m.; Sez. 3, n. 2842 del 18/11/2021, dep. 2022, Natale, Rv. 282697 – 01; Sez. 5^, Sentenza n. 12722 del 2024 del 11/01/2024, dep. 27/03/2024, COGNOME; Sez. 6, n. 46309 del 09/10/2012, Rv. 253984; Sez. 5, n. 25894 del 15/05/2009, Rv. 243901).
Sotto tale profilo il motivo di doglianza Ł pertanto manifestamente infondato, in quanto propone una interpretazione contraria alla sedimentata giurisprudenza della corte senza addurre elementi in grado di spingere verso una nuova ermeneusi.
3.2. Il secondo motivo Ł manifestamente infondato in quanto per costante giurisprudenza la graduazione del trattamento sanzionatorio, in generale, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che lo esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen..
Per assolvere al relativo obbligo di motivazione, Ł sufficiente che il giudice dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. con espressioni del tipo: «pena congrua», «pena equa» o «congruo aumento», come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale
Nel giudizio di cassazione Ł dunque inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 2, n. 39716 del 12/07/2018, COGNOME, Rv. 273819, in motivazione; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142; Sez. 1, n. 24213 del 13/03/2013, COGNOME, Rv. 255825; da ultimo v. Sez. 2, n. 1929 del 16/12/2020, dep. 2021, COGNOME, non mass.), come occorso nel caso in esame, in cui la pena Ł stata contenuta in prossimità del minimo edittale e l’analoga censura proposta in appello Ł stata ritenuta assolutamente generica, a fronte di reiterati reati.
Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonchØ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così Ł deciso, 31/10/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME