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Dolo alternativo: sparare nel gruppo è tentato omicidio

La Corte di Cassazione ha confermato una condanna per tentato omicidio plurimo aggravato, chiarendo il concetto di dolo alternativo. Un uomo, dopo una rissa, aveva sparato nove colpi di pistola verso il gruppo di aggressori, colpendone sei. La difesa sosteneva che l’intento omicida fosse rivolto a una sola persona, ma la Corte ha stabilito che sparare indiscriminatamente verso un gruppo, con un’arma letale e a distanza ravvicinata, configura il dolo alternativo, poiché l’agente accetta la possibilità di uccidere chiunque si trovi sulla traiettoria, dimostrandosi indifferente all’esito per ciascuna delle vittime.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dolo Alternativo: Quando Sparare nel Mucchio è Tentato Omicidio Plurimo

La recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale del diritto penale: la configurabilità del dolo alternativo nel tentato omicidio plurimo. Quando un soggetto spara diversi colpi d’arma da fuoco verso un gruppo di persone, ma sostiene di voler colpire un solo individuo, può essere ritenuto responsabile di aver tentato di uccidere tutti? La Suprema Corte fornisce una risposta chiara, basata sull’analisi delle modalità dell’azione e sull’atteggiamento psicologico dell’agente.

I Fatti del Caso: Dalla Rissa alla Sparatoria

La vicenda ha origine da un alterco avvenuto in orario serale. Un uomo viene coinvolto in una rissa con un gruppo di giovani, trovandosi in inferiorità numerica e avendo la peggio. Poco dopo, animato da spirito di vendetta, l’uomo rintraccia il gruppo e, utilizzando una pistola di provenienza illecita, esplode nove colpi al loro indirizzo. Sei persone vengono ferite.

Nei gradi di merito, l’imputato viene condannato per tentato omicidio plurimo pluriaggravato e altri reati connessi. La Corte di Appello, in particolare, riconosce l’esistenza di un intento omicida non limitato a un singolo individuo, ma esteso a tutti i componenti del gruppo.

La Tesi Difensiva: Un Unico Bersaglio

L’imputato, nel suo ricorso per cassazione, contesta la ricostruzione dei giudici di merito. Il suo unico motivo di ricorso si concentra sull’elemento psicologico del reato. Egli sostiene che la sua furia vendicativa fosse diretta esclusivamente verso una persona specifica, ritenuta il principale responsabile dell’aggressione subita poco prima. A supporto di questa tesi, viene citata anche la dichiarazione di una delle persone offese.

Secondo la difesa, l’intenzione non era quella di uccidere indiscriminatamente, ma di colpire un bersaglio predeterminato. Di conseguenza, si sarebbe dovuto configurare un solo tentato omicidio e non un tentato omicidio plurimo.

L’Analisi della Corte sul Dolo Alternativo

La Corte di Cassazione rigetta completamente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. Il fulcro della decisione risiede nell’applicazione del concetto di dolo alternativo. I giudici chiariscono che il loro compito non è riesaminare le prove, ma verificare la logicità e coerenza della motivazione della sentenza impugnata. E, in questo caso, la motivazione della Corte di Appello risulta inattaccabile.

I giudici di merito avevano correttamente valorizzato una serie di elementi oggettivi per desumere l’esistenza dell’ animus necandi (l’intenzione di uccidere) nei confronti di tutto il gruppo:

La micidialità dell’arma: l’uso di una pistola è intrinsecamente idoneo a causare la morte.
Il numero di colpi: sono stati esplosi nove colpi, un numero sufficiente in astratto a uccidere più persone.
La distanza ravvicinata: i colpi sono stati sparati da vicino, aumentando la probabilità di colpire i bersagli.
La direzione dei colpi: l’imputato ha mirato ad altezza d’uomo.
La dinamica dell’azione: l’aggressore ha inseguito il gruppo in fuga, continuando a sparare indiscriminatamente.

Questi elementi, nel loro insieme, dimostrano che l’agente ha agito con la consapevolezza e la volontà di colpire chiunque si trovasse nel gruppo, mostrando totale indifferenza verso l’identità della persona che sarebbe stata effettivamente attinta mortalmente.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte sottolinea che la motivazione della Corte d’Appello è immune da vizi logici. L’atteggiamento psicologico dell’imputato è stato correttamente qualificato come dolo diretto alternativo. Ciò significa che egli si è rappresentato e ha voluto l’evento morte come conseguenza diretta della sua azione, accettando che potesse verificarsi nei confronti di uno qualsiasi dei membri del gruppo. Il fatto che uno di essi abbia riportato lesioni più gravi è considerato un mero “accidente”, irrilevante per definire l’intento originario.

La ricostruzione della Corte di Appello, si legge in sentenza, appare “assolutamente ragionevole”. L’agente ha mostrato una totale indifferenza per le conseguenze, letali o lesive, che la sua “scellerata iniziativa” avrebbe potuto causare a ciascuna delle vittime.

Conclusioni: Le Implicazioni della Sentenza

La decisione in esame ribadisce un principio fondamentale: chi compie un’azione altamente pericolosa, come sparare più colpi verso un gruppo di persone, non può poi limitare la propria responsabilità penale sostenendo di avere un unico bersaglio. Le modalità concrete dell’azione, se dimostrano un’accettazione del rischio di colpire mortalmente più individui, sono sufficienti a configurare il tentato omicidio plurimo. La sentenza conferma che nel dolo alternativo l’intenzione criminosa si estende a tutti gli esiti possibili che l’agente ha previsto e voluto come realizzabili, anche se solo uno di essi si concretizza.

Cosa si intende per dolo alternativo nel tentato omicidio?
Secondo la sentenza, si ha dolo alternativo quando l’autore del gesto spara indiscriminatamente verso un gruppo di persone, prevedendo e volendo la morte come conseguenza possibile per ciascuno dei suoi componenti, mostrando indifferenza su quale di essi verrà effettivamente colpito.

Se sparo verso un gruppo con l’intenzione di colpire una sola persona, rispondo di tentato omicidio solo per quella?
No. Secondo questa decisione, se le modalità dell’azione (uso di un’arma letale, esplosione di più colpi a distanza ravvicinata) sono tali da creare un pericolo concreto per la vita di tutti i presenti, l’agente risponde di tentato omicidio plurimo. L’azione dimostra l’accettazione del rischio di uccidere chiunque si trovi nel raggio d’azione.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le critiche mosse dall’imputato non riguardavano vizi di legittimità (come violazioni di legge o motivazione manifestamente illogica), ma miravano a ottenere una nuova valutazione delle prove e una diversa ricostruzione dei fatti, attività che esula dalle competenze della Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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