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Dolo alternativo nel tentato omicidio: la Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per tentato omicidio. La sentenza analizza il concetto di dolo alternativo, chiarendo la sua compatibilità con il delitto tentato. Viene esclusa la desistenza volontaria, poiché l’azione lesiva era già stata completata, e l’attenuante della provocazione, a causa della manifesta sproporzione tra il fatto ingiusto (uno spintone) e la reazione violenta (una coltellata).

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dolo Alternativo: La Cassazione chiarisce i confini nel tentato omicidio

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti spunti di riflessione su tre concetti fondamentali del diritto penale: il dolo alternativo, la desistenza volontaria e l’attenuante della provocazione. La Suprema Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso di un imputato, ha ribadito principi giurisprudenziali consolidati, delineando con chiarezza i requisiti per la loro applicazione. Questo caso permette di comprendere come la giurisprudenza valuti l’elemento psicologico del reo e le circostanze che possono modificare la sua responsabilità.

I Fatti di Causa e il Ricorso per Cassazione

Il ricorrente si era opposto alla sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato per un grave fatto di sangue. L’imputato, a seguito di un alterco, aveva inferto una violenta coltellata alla vittima, colpendola in una zona vitale. In sede di ricorso, la difesa contestava diversi punti della decisione di merito. In primo luogo, si criticava la ricostruzione dei fatti e la mancata concessione della legittima difesa. In secondo luogo, si sosteneva la tesi della desistenza volontaria. Infine, si richiedeva il riconoscimento dell’attenuante della provocazione, argomentando che la reazione fosse stata scatenata da un’azione ingiusta della vittima.

L’analisi del Dolo Alternativo nel delitto tentato

Il punto centrale dell’ordinanza riguarda la configurabilità del dolo alternativo nel tentato omicidio. La Corte di Appello aveva concluso che l’imputato avesse agito con tale forma di dolo, basandosi su elementi oggettivi inconfutabili: il tipo di arma utilizzata (un coltello), la zona del corpo colpita (il secondo spazio intercostale sinistro, area di organi vitali), la violenza del fendente e la gravità delle lesioni.

La Cassazione conferma questa impostazione, allineandosi a un orientamento consolidato. Il dolo alternativo sussiste quando l’agente prevede e vuole indifferentemente due eventi come conseguenza della propria condotta. Nel caso di specie, l’imputato ha accettato come risultato possibile tanto il ferimento quanto la morte della vittima. Questa forma di dolo, precisa la Corte, è perfettamente compatibile con la figura del delitto tentato, poiché l’intenzione non è incerta, ma diretta a cagionare uno dei due risultati previsti e voluti.

Desistenza Volontaria e Provocazione: Perché sono state escluse

La difesa aveva invocato anche la desistenza volontaria. Tuttavia, la Cassazione ha respinto tale motivo, chiarendo un principio cruciale: nei reati a forma libera come l’omicidio, la desistenza è configurabile solo nella fase del tentativo incompiuto, ovvero prima che l’agente abbia posto in essere l’azione da cui scaturisce il processo causale che porta all’evento. Nel momento in cui l’imputato ha sferrato la coltellata, il processo causale era già stato innescato, rendendo impossibile configurare una successiva desistenza volontaria.

Anche la richiesta di applicare l’attenuante della provocazione è stata rigettata. La Corte ha sottolineato la macroscopica sproporzione tra il presunto fatto ingiusto subito dall’imputato (uno spintone) e la sua reazione (una coltellata potenzialmente letale). Secondo la giurisprudenza costante, quando la reazione è così grave ed esagerata rispetto all’offesa, si rompe il nesso causale tra il fatto ingiusto e lo stato d’ira, escludendo l’applicabilità dell’attenuante.

Le motivazioni della decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. I motivi presentati sono stati ritenuti di mero merito, volti a ottenere una rilettura alternativa delle prove, attività preclusa in sede di legittimità. La Suprema Corte ha ritenuto che la Corte territoriale avesse adeguatamente motivato la propria decisione su tutti i punti controversi. In particolare, è stata giudicata corretta l’affermazione del dolo alternativo sulla base degli elementi fattuali emersi. Allo stesso modo, sono state ritenute giuridicamente impeccabili le argomentazioni con cui sono state escluse sia la desistenza volontaria, essendo l’azione giunta a compimento nella sua fase esecutiva, sia l’attenuante della provocazione, per l’evidente sproporzione tra la condotta della vittima e la reazione dell’imputato.

Conclusioni

L’ordinanza in commento riafferma alcuni capisaldi del diritto penale. In primo luogo, consolida l’applicabilità del dolo alternativo al tentato omicidio, sottolineando come la volontà di cagionare indifferentemente la morte o il ferimento sia sufficiente a integrare l’elemento soggettivo del reato tentato. In secondo luogo, traccia una linea netta per l’applicazione della desistenza volontaria, limitandola alla fase in cui il processo causale non sia ancora stato innescato. Infine, ribadisce che per il riconoscimento della provocazione è indispensabile un rapporto di proporzionalità tra offesa e reazione, senza il quale l’attenuante non può trovare applicazione. La decisione, quindi, serve come un chiaro promemoria della rigorosa analisi richiesta per la valutazione dell’elemento psicologico del reato e delle circostanze che possono influenzare la pena.

Che cos’è il dolo alternativo e quando è compatibile con il tentativo?
Il dolo alternativo si verifica quando un soggetto agente prevede e vuole indifferentemente due eventi come conseguenza della sua azione (ad esempio, ferire o uccidere). La Corte di Cassazione ha confermato che questa forma di dolo è pienamente compatibile con il delitto tentato, poiché l’intenzione è diretta a causare almeno uno dei due risultati previsti e accettati.

Per quale motivo è stata esclusa la desistenza volontaria in questo caso?
La desistenza volontaria è stata esclusa perché è configurabile solo nella fase del “tentativo incompiuto”, cioè prima che siano stati posti in essere gli atti che danno origine al processo causale diretto a produrre l’evento. Poiché l’imputato aveva già sferrato la coltellata, aveva già innescato tale processo, rendendo non più possibile una desistenza volontaria.

Perché non è stata riconosciuta l’attenuante della provocazione?
L’attenuante della provocazione è stata negata a causa della “grave e macroscopica” sproporzione tra il fatto ingiusto subito dall’imputato (uno spintone) e la sua reazione (una violenta coltellata). La giurisprudenza richiede un nesso di causalità e proporzione tra l’offesa e la reazione irata, che in questo caso è stato ritenuto assente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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