Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 324 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 324 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 30/10/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME CASA NOME COGNOME
R.G.N. 28799/2024
EVA TOSCANI
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il 19/10/1993
avverso la sentenza del 03/04/2024 della Corte d’appello di Roma Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo per il rigetto del ricorso. udito il difensore, avv. COGNOME NOME del foro di Roma, in difesa di COGNOME NOMECOGNOME che conclude chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, la Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della sentenza pronunciata all’esito del giudizio abbreviato dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Roma in data 21 marzo 2023, ha confermato la declaratoria di responsabilità di NOME COGNOME per i reati di tentata estorsione ai danni di NOME COGNOME (artt. 56 e 629 cod. pen. capo A), tentato omicidio aggravato di NOME COGNOME attuato con mezzo insidioso e perchØ eseguito per commettere il reato del capo A (artt. 56, 575, 576 n. 1, 577 n. 2 cod. pen. capo B), incendio dell’abitazione dei suddetti (art. 423 cod. pen. capo C) e sevizie e crudeltà nei confronti degli animali di proprietà della seconda (art. 544ter cod. pen. capo D), escludendo la circostanza aggravante della premeditazione in relazione al tentato omicidio e riducendo il trattamento sanzionatorio, fermo il giudizio di bilanciamento in termini di equivalenza con le circostanze attenuanti generiche e la circostanza attenuante del risarcimento del danno ex art. 62 n. 6 cod. pen., alla pena di nove anni di reclusione, già riconosciuta la continuazione anche con i fatti giudicati con sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Civitavecchia in data 7 febbraio 2023, irrevocabile in data 26 febbraio 2023.
1.1. Con concorde valutazione di entrambi i giudici di merito Ł stata affermata la responsabilità dell’imputato per i sopra indicati reati alla luce delle dichiarazioni delle persone offese e dei testimoni, delle indagini di polizia e dei rilievi dei vigili del fuoco che hanno consentito di ricostruire l’azione estorsiva dell’imputato, determinata dalla pretesa di ottenere da NOME COGNOME il pagamento di una fornitura di stupefacenti, realizzata mediante l’incendio dell’abitazione ove lo stesso dimorava insieme alla madre NOME COGNOME che veniva tratta in salvo dai vigili del fuoco mentre i due animali domestici, che si trovavano con lei all’interno dell’appartamento, morivano soffocati a causa dell’incendio.
Ricorre NOME COGNOME a mezzo del difensore avv. NOME COGNOME che chiede l’annullamento del provvedimento impugnato, sviluppando due motivi.
2.1. Il primo motivo denuncia la violazione di legge, in riferimento agli articoli 42, 43, 56 e 575 cod. pen., e il vizio della motivazione in relazione alla univocità della condotta a cagionare la morte, alla mancata conoscenza da parte dell’imputato della circostanza che la persona offesa fosse presente all’interno dell’abitazione, alla mancanza del dolo di omicidio, anche in riferimento al travisamento delle censure sviluppate dalla difesa con l’atto di impugnazione in merito alla sussistenza del tentato omicidio, sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo.
La Corte d’appello ha esaminato in modo parziale e con fastidio le censure difensive che si erano appuntate sulla mancanza di prova che l’imputato fosse a conoscenza della presenza di NOME COGNOME all’interno dell’abitazione; ciò in considerazione del fatto che egli sapeva che la donna avrebbe fatto rientro nell’appartamento in orario successivo rispetto a quando ha sparso la benzina davanti alla porta dell’abitazione; del resto, l’imputato non poteva rilevarne la presenza a causa del silenzio serbato dalla donna nella circostanza.
Spettava all’accusa, in effetti, di fornire la prova che l’imputato fosse a conoscenza della presenza della donna e che, quindi, volesse ucciderla.
Manca, quindi, il dolo di omicidio che non può essere erroneamente individuato, come fa il giudice di secondo grado, sulla base della responsabilità civile derivante dall’aver bruciato la porta dell’abitazione.
Del resto, Ł priva di valenza la circostanza che l’imputato aveva in precedenza rivolto una esplicita minaccia a NOME COGNOME, pronunciando la frase «ti brucio casa», posto che non vi Ł prova che la minaccia fosse rivolta anche contro la madre NOME COGNOME fermo restando che la minaccia era unicamente rivolta a beni immobili e non alla vita degli esseri umani.
D’altra parte, dall’esame dei mezzi, delle modalità e delle circostanze dell’azione attuata dall’imputato emerge che egli non volesse affatto colpire la persona offesa che Ł stata, in effetti, interessata solo in via indiretta e mediata della combustione della benzina la quale ha generato il fumo che ha creato fastidio alle vie respiratorie della donna.
In effetti, qualora l’imputato avesse voluto attentare all’incolumità della persona offesa, avrebbe piø agevolmente potuto utilizzare le armi da taglio che portava con sØ nella circostanza.
Da ciò emerge, come già si era denunciato con l’atto di appello, la mancanza di univocità degli atti, oltre al difetto dell’elemento psicologico; su tali questioni la Corte di secondo grado non ha fornito una risposta soddisfacente.
2.2. Il secondo motivo denuncia la violazione di legge in riferimento agli articoli 62 n. 6, 62bis , 69 cod. pen., e il vizio della motivazione con riguardo al giudizio di bilanciamento e alla determinazione del trattamento sanzionatorio anche con riferimento alla porzione di pena determinata a titolo di continuazione per i reati commessi nella circostanza.
Nonostante l’esclusione della circostanza aggravante della premeditazione, la Corte d’appello ha confermato il giudizio in termini di equivalenza nel bilanciamento tra le circostanze aggravanti e
attenuanti. Tuttavia, siccome le circostanze attenuanti generiche erano state riconosciute in relazione alla patologia riscontrata, mentre quella relativa al risarcimento del danno sulla base della prova del pagamento di esso, non Ł chiarito per quale ragione non sia stato mutato il giudizio di bilanciamento.
D’altra parte, anche il passaggio motivazionale che evidenzia come, a distanza di pochi giorni, l’imputato abbia commesso un altro reato (art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 TU Stup.), già unificato per la continuazione con quelli oggetto del presente giudizio, Ł illogico poichØ utilizza un elemento successivo e valorizza la caratura criminale di trafficante per fondare il giudizio di bilanciamento.
Quanto alla pena determinata per la continuazione, il giudice di secondo grado ha steso una motivazione apparente e apodittica, senza indicare i criteri seguiti e individuando per il capo D) una pena pari al doppio del limite edittale previsto per la fattispecie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł nel complesso infondato, pur presentando numerose censure inammissibili.
¨ doveroso premettere, ai fini della valutazione di ammissibilità del primo motivo di ricorso, che il ricorrente non contesta le condotte materiali di tentata estorsione, incendio e maltrattamento di animali che si poggiano su una ricostruzione in fatto che neppure viene contestata.
2.1. Ciò riguarda, in particolare, le caratteristiche dell’azione incendiaria posta in essere mediante l’utilizzo di un significativo quantitativo di benzina (circa 25 litri) sparso davanti alla porta dell’abitazione delle persone offese, tanto che il liquido, incendiato dall’imputato, si Ł ulteriormente diffuso all’interno dell’abitazione anche in ragione del tentativo di spegnimento con l’acqua che i vicini, allarmati per le fiamme e il fumo, avevano prontamente utilizzato per salvare NOME COGNOME che, dall’interno dell’appartamento invaso dal fumo e dalle fiamme, reclamava aiuto a gran voce.
Del resto, soltanto l’intervento dei vigili del fuoco, che facevano riparare la donna sul terrazzo per poi trarla in salvo, consentiva di evitare piø gravi conseguenze alla vita della donna rimasta intrappolata nell’abitazione e intossicata dalle esalazioni del fumo, ma non consentiva di salvare gli animali da compagnia che decidevano a seguito dell’incendio.
A fronte di tale non controverso giudizio di fatto, che ridonda anche sulle non contestate valutazioni in diritto circa la sussistenza dei suddetti reati, il primo motivo di ricorso reitera in modo non ammissibile, come già aveva rilevato il giudice di secondo grado, questioni del tutto infondate sull’idoneità degli atti e sull’elemento psicologico.
3.1. Va anzitutto ricordato che «Ł configurabile il concorso tra il delitto di incendio e quello di omicidio, anche nella forma del tentativo, non potendosi identificare il pericolo per l’incolumità pubblica proprio del primo reato nel pericolo per la vita e l’incolumità delle persone» (Sez. 1, n. 27542 del 27/05/2010, COGNOME, Rv. 247708 – 01), sicchØ correttamente i giudici di merito hanno verificato la effettiva concorrenza dei due delitti.
Del resto, come aveva già specificamente sottolineato il primo giudice, la decisione del quale Ł stata impugnata sulla base di argomentazioni correttamente ritenute generiche e manifestamente infondate, la idoneità degli atti del tentativo di omicidio si desume chiaramente dal quantitativo di benzina utilizzato nella circostanza (25 litri), dal luogo preso di mira (appartamento in uno stabile condominiale), dall’impossibilità di fuggire che consegue all’origine dell’incendio (la porta di accesso dell’abitazione) e all’assenza di altre vie di fuga nonchØ dalle caratteristiche diffusive e devastanti dell’incendio che si Ł sviluppato.
Dal punto di vista dell’elemento oggettivo del reato, valutato secondo un giudizio ex ante , i
giudici di merito hanno considerato idonea e univocamente diretta a cagionare la morte la condotta dell’imputato che, spinto da vendetta e rabbia, ha utilizzato un significativo quantitativo di carburante, altamente infiammabile, per provocare l’incendio dell’appartamento del rivale, dentro il quale si trovava la madre di questi e i due animali da compagnia della famiglia, occludendo ogni ipotetica via di fuga, così da costituire una trappola mortale.
3.2. Quanto all’elemento soggettivo Ł utile ricordare che «in tema di elemento soggettivo del reato, possono individuarsi vari livelli crescenti di intensità della volontà dolosa. Nel caso di azione posta in essere con accettazione del rischio dell’evento, si richiede all’autore una adesione di volontà, maggiore o minore, a seconda che egli consideri maggiore o minore la probabilità di verificazione dell’evento. Nel caso di evento ritenuto altamente probabile o certo, l’autore, invece, non si limita ad accettarne il rischio, ma accetta l’evento stesso, cioŁ lo vuole e con una intensità maggiore di quelle precedenti. Se l’evento, oltre che accettato, Ł perseguito, la volontà si colloca in un ulteriore livello di gravità, e può distinguersi fra un evento voluto come mezzo necessario per raggiungere uno scopo finale, ed un evento perseguito come scopo finale. Il dolo va, poi, qualificato come “eventuale” solo nel caso di accettazione del rischio, mentre negli altri casi suindicati va qualificato come “diretto” e, nell’ipotesi in cui l’evento Ł perseguito come scopo finale, come “intenzionale”» (Sez. U, n. 748 del 12/10/1993 – dep. 1994, Cassata, Rv. 195804 – 01, in tema di tentato omicidio).
Si Ł ulteriormente chiarito che «sussiste il dolo eventuale quando l’agente, ponendo in essere una condotta diretta ad altri scopi, si rappresenta la concreta possibilità del verificarsi di ulteriori conseguenze della propria azione e, nonostante ciò, agisce accettando il rischio di cagionarle; quando invece l’ulteriore accadimento si presenta all’agente come probabile, non si può ritenere che egli, agendo, si sia limitato ad accettare il rischio dell’evento, bensì che, accettando l’evento, lo abbia voluto, sicchØ in tale ipotesi l’elemento psicologico si configura nella forma di dolo diretto e non in quella di dolo eventuale» (Sez. U, n. 3571 del 14/02/1996, COGNOME, Rv. 204167 – 01, in tema di tentato omicidio).
3.3. L’elemento psicologico, che i giudici di merito hanno individuato nel dolo diretto di tipo alternativo, Ł stato dedotto dalle caratteristiche dell’azione, dai manifestati intenti violenti (intercettazione del 3 agosto 2022 ore: 22:31: «ti ammazzo»; «te faccio ammazza’»; «ti brucio casa ! Vengo da tua made … NOME se non ti trovo, se non ti trovo vengo sotto casa da tua madre»), dalla consapevolezza in capo all’imputato che nell’abitazione presa di mira abitava NOME COGNOME della quale l’imputato conosceva le abitudini in ragione della antica frequentazione con il figlio, nonchØ perchØ egli aveva certamente udito latrare i cani della donna proprio nella circostanza dello spargimento del carburante, così da comprendere che l’appartamento non era affatto vuoto.
I giudici di merito hanno giudicato dimostrative della volontà omicida, sotto il profilo del dolo alternativo, le affermazioni, gravemente minacciose e specificamente orientate all’eliminazione fisica anche mediante il fuoco, che l’imputato aveva rivolto, prima di determinarsi ad appiccare l’incendio con la benzina, a NOME COGNOME e che coinvolgevano, del resto, anche la madre di questi (intercettazione del 4 agosto 2022 ore 18:05: «ti brucio casa ! vengo da tua madre … se non ti trovo vengo sotto casa tua da tua madre …»), nonchØ le esplicite ammissioni di avere commesso un tentativo di omicidio, come risulta dalle captazioni delle successive conversazioni che lo riguardano (intercettazione ambientale 9 agosto 2022 n. 9: «Ho preso j’ho bruciato tutte ‘e cose, quello stava dentro casa, so’ morti i cani, so’ morte … ‘a madre s’Ł salvata per miracolo … fra’ ho fatto un macello»), dalle quali emerge pure il persistente intento di uccidere l’avversario (intercettazione ambientale 9 agosto 2022 n. 14: «Se lo piglio lo ammazzo come un cane»).
Del resto, in disparte tali prove materiali che sono state giudicate decisive per individuare l’intento omicida prove che il ricorso neppure critica , l’elemento soggettivo del dolo Ł stato desunto
dalla caratteristica dell’azione che ha fatto leva sull’utilizzo di una sostanza altamente infiammabile, in cospicuo quantitativo, ai danni di una abitazione che l’imputato sapeva essere abitata dal suo antagonista e dalla madre di questi.
Sotto tale profilo, quindi, la volontà punitiva e ritorsiva, già in precedenza palesata dall’imputato, Ł stata ritenuta dimostrativa del dolo necessario a sorreggere il tentativo di omicidio poi concretamente attuato.
3.4. A fronte di tali specifici elementi, ritenuti univocamente indicativi della presenza di persone all’interno dell’appartamento, spettava semmai all’imputato, per escludere l’elemento soggettivo, di fornire la prova positiva della avvenuta verifica dell’assenza di persone all’interno dell’appartamento preso di mira, nonchØ degli appartamenti a esso prossimi, senza che ciò possa configurarsi quale inversione dell’onere della prova.
Ciò in considerazione della ben nota capacità diffusiva di un incendio appiccato con gli idrocarburi (circa la intrinseca idoneità delle sostanze infiammabili a cagionare la morte, si veda Sez. 1, n. 12639 del 16/01/2019, COGNOME, Rv. 275326 – 01) che, ove non immediatamente contrastato con apposite sostanze in grado di estinguerlo (diverse dall’acqua che ne espande la forza), si propaga in maniera diffusa e incontenibile allorchØ trovi, come usualmente accade in una abitazione, materiale combustibile (suppellettili, impianti elettrici, ecc.).
In effetti, quando l’imputato deduca, a fronte della riconosciuta idoneità omicida della condotta costituita da una violenta e smodata messa in pericolo dell’integrità fisica mediante un mezzo potente, insidioso e incontrollabile come il fuoco alimentato da idrocarburi, il difetto di prova circa la consapevolezza dell’effettiva presenza dell’oggetto della propria azione, spetta allo stesso allegare, a favore dell’assenza di dolo (che consentirebbe di qualificare il fatto ex art. 586 cod. pen.) o del dolo eventuale (che renderebbe impossibile configurare il tentativo di omicidio: ex multis , Sez. 1, n. 5849 del 18/01/2006, COGNOME, Rv. 234069 – 01), non tanto di avere volutamente trascurato gli elementi di fatto dai quali era doveroso arguire che vi fossero persone all’interno dell’appartamento, ma piuttosto di avere svolto una specifica verifica in tal senso, conclusasi negativamente.
Diversamente, il contegno tenuto, lungi dall’escludere il dolo ovvero dal qualificarlo alla stregua del dolo eventuale, dimostra soltanto, a fronte della palesata conoscenza della stabile presenza di persone nell’appartamento preso di mira e in quelli a esso prossimi, che l’imputato, ritenuto probabile l’evento lesivo già esplicitamente e reiteratamente minacciato, ha in realtà voluto alternativamente la causazione di lesioni personali (ustioni; intossicazione da fumo o monossido di carbonio) o la morte di chi si trovava nell’abitazione, proprio come aveva palesato nelle conversazioni precedenti all’incendio.
All’imputato non Ł, dunque, consentito, in presenza dell’accertata idoneità degli atti e della pacifica sussistenza di intenti violenti e omicidi da attuare anche per mezzo del fuoco, pretendere di addossare all’accusa l’onere della prova positiva della consapevolezza che all’interno dell’appartamento preso di mira con l’incendio, appiccato allo scopo di uccidere l’odiato rivale, vi fosse effettivamente la vittima predestinata o altri esseri umani, poichØ, per contro, all’accusa e al giudice compete l’onere di individuare una convergente serie di elementi di fatto e logici che dimostrino la consapevolezza dell’alta probabilità che nell’appartamento e nelle abitazioni vicine, pure poste in pericolo dalla insidiosità e diffusività del mezzo utilizzato, si trovi l’oggetto delle palesate intenzioni omicida.
A fronte di tali elementi, conclusivi per l’alta probabilità logica e razionale che nell’appartamento vi fosse effettivamente un essere umano, l’imputato deve dedurre, per andare indenne dalla responsabilità per il delitto degli artt. 56 e 575 cod. pen., la prova specifica di avere compiuto tutte le verifiche del caso per escludere la presenza di umani anche nelle vicinanze.
Nel caso di specie, infatti, il ricorso non contesta le puntuali indicazioni contenute nella
sentenza di primo grado, cui si Ł integralmente rifatto il giudice di appello che ha giudicato generiche le doglianze difensive, alla stregua delle quali Ł rimasto accertato che COGNOME era ben consapevole della presenza all’interno dell’abitazione di NOME COGNOME perchØ ne conosceva bene le abitudini di vita e perchØ il giorno precedente si era recato nell’abitazione incontrando la donna, sia al mattino, quando ella si stava recando al lavoro, sia nel tardo pomeriggio, quando l’aveva incontrata mentre rincasava.
Analogamente, il latrato dei cani allarmati dalla presenza di COGNOME alla porta mentre era intento a spargere la benzina, latrato che la donna aveva distintamente sentito pochi istanti prima di vedere le fiamme e il fumo, Ł stato giudicato indicativo della piena consapevolezza della presenza della donna all’interno dell’appartamento poichØ essa non si separava mai dai suoi animali da compagnia negli orari nei quai non si recava al lavoro, come l’imputato ben sapeva per l’antica conoscenza e per la conferma avutane il giorno precedente.
3.5. Prive di rilievo, nonchØ ai limiti della accettabilità dialettica, sono le argomentazioni della difesa in ordine alla piø agevole possibilità di uccidere la donna mediante l’uso di armi da taglio evenienza che sarebbe idonea a dimostrare l’assenza di intento omicida , poichØ in tali contesti non rileva certo una possibile ulteriore modalità di aggressione al bene della vita, ma piuttosto le caratteristiche dell’azione posta in essere nella circostanza, azione non giunta alle estreme conseguenze soltanto per l’intervento dei vigili del fuoco.
Analogamente prive di attinenza sono le argomentazioni difensive che evidenziano come, semmai, l’obiettivo dell’azione avrebbe dovuto essere NOME COGNOME posto che l’eventuale errore sulla persona della vittima non sposta i termini della responsabilità ai sensi dell’articolo 82 cod. pen.
4. ¨ nel complesso infondato il secondo motivo di ricorso.
4.1. Va premesso che «non viola il divieto di reformatio in peius il giudice d’appello che, a seguito di gravame proposto dal solo imputato, pur escludendo la sussistenza di un’aggravante, lasci inalterata la misura della pena inflitta in primo grado, quando siffatta esclusione comporta la necessità di un rinnovato giudizio comparativo tra circostanze aggravanti ed attenuanti, nella cui formulazione il giudice di secondo grado conserva piena facoltà di conferma della precedente operazione di bilanciamento, secondo una valutazione insindacabile in cassazione, se congruamente motivata» (Sez. 2, n. 33480 del 07/05/2021, COGNOME, Rv. 281917 – 01).
Nel giudizio di bilanciamento, che, nonostante l’esclusione della circostanza aggravante della premeditazione, Ł rimasto stabilito in termini di equivalenza, il giudice di appello ha valorizzato, quando ha tratteggiato la personalità dell’imputato, gli elementi concernenti la gravità delle condotte e la personalità dell’imputato, ritenuta di elevatissima pericolosità, che, nell’ambito dei parametri sottesi alla comparazione tra le circostanze aggravanti e attenuanti, costituiscono un corretto e decisivo elemento di valutazione.
La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che «in tema di circostanze, il giudizio di bilanciamento tra le aggravanti e le attenuanti costituisce esercizio del potere valutativo riservato al giudice di merito e insindacabile in sede di legittimità, ove congruamente motivato alla stregua anche solo di alcuni dei parametri previsti dall’art. 133 cod. pen., senza che occorra un’analitica esposizione dei criteri di valutazione adoperati» (Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 279838 – 02; Sez. 4, n. 10379 del 26/03/1990, COGNOME, Rv. 184914 – 01; Sez. 1, n. 3163 del 28/11/1988 – dep. 1989, COGNOME Rv. 180654 – 01).
Il ricorso non Ł idoneo a superare, facendo leva sulle già concesse circostanze attenuanti generiche e del risarcimento del danno, le logiche valutazioni del giudice di merito, solidamente ancorate a elementi oggettivi già riconosciuti e valutati fin dal primo grado di giudizio.
4.2. Quanto alla dosimetria della pena, il ricorso omette di ricordare che il giudice di secondo
grado ha ridotto la pena base per il piø grave reato di tentato omicidio, così accogliendo in parte la richiesta difensiva.
Quanto alla porzione di pena per i restanti reati, la Corte d’appello ha mantenuto fermi gli aumenti per la continuazione interna ed esterna già determinati dal primo giudice, facendo richiamo alle valutazioni da esso compiute, che la difesa non contesta specificamente, in merito alla gravità delle condotte di tentata estorsione, incendio e maltrattamento di animali.
D’altra parte, l’aumento di pena per il reato del capo D), già individuato nella misura di un anno di reclusione, non si attesta affatto, come erroneamente afferma il ricorso, sopra il limite edittale, poichØ quest’ultimo Ł pari a diciotto mesi di reclusione.
Sotto tale profilo, del resto, il giudice di primo grado, con una motivazione che Ł richiamata da quello di appello, aveva determinato tale porzione di pena valorizzando la circostanza di fatto che gli animali maltrattati erano due, così esercitando motivatamente la propria discrezionalità sanzionatoria; il ricorso Ł silente sul punto.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 30/10/2024
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME