Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 35604 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 35604 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/10/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME CARMINE RUSSO
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOMENOMENOMENOMENOMENOME
avverso la sentenza del 06/02/2025 della CORTE APPELLO di BOLOGNA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Si dà atto che nessun difensore Ł presente, nonostante lo stesso abbia fatto pervenire richiesta di trattazione orale.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 06/02/2025, la Corte di appello di Bologna ha confermato la sentenza che ha ritenuto NOMENOMEX responsabile del reato di cui agli artt. 110, 56, 575 e 61 n. 2 e 10 cod. pen. con NOMENOMENOME nonchØ di una serie di ulteriori condotte di reato di furto, ricettazione, incendio e altro in concorso NOMENOMEXXXX e
NOMENOMENOMEXX; riconosciuto il vincolo della continuazione, Ł stato condannato alla pena di anni sei e mesi otto di reclusione, così ridotta per il rito.
La Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado impugnata da NOME in relazione alla mancata assoluzione del reato di cui al capo a) di cui agli artt. 110, 56, 575 e 61 n. 2 e 10 cod. pen., al mancato riconoscimento dei presupposti di cui all’art. 116 cod. pen. e all’eccessivo aumento per la continuazione per gli altri reati sulla pena base.
Ha ritenuto, in particolare, infondate le censure in ordine all’insussistenza dell’elemento soggettivo.
Il giudizio aveva accertato, anche a seguito delle dichiarazioni confessorie degli imputati, una serie di condotte predatorie di cui si erano resi protagonisti NOMENOMEX,
NOMEi NOMEXXX e NOMENOMENOMEXX.
Il tentato omicidio di cui al capo a) si ricollegava ad un intervento dell’RAGIONE_SOCIALE ad un incrocio di Mordano alle ore 03,15 del 29/07/2020 per intercettare un’Alfa Romeo 159 rubata i cui occupanti avevano commesso un furto in una tabaccheria di Fusignano.
L’auto era ferma ad un semaforo, ma, nonostante al segnale dei RAGIONE_SOCIALE gli occupanti sembrassero intenzionati a scendere dal mezzo, con una repentina manovra in retromarcia si davano alla fuga e i militari si mettevano all’inseguimento, finchØ l’Alfa Romeo
159, dopo aver percorso sempre in retromarcia circa cinquanta metri, si era di nuovo fermata.
L’occupante il sedile posteriore era sceso dal mezzo e si era dileguato, mentre il conducente aveva ripreso la marcia in avanti, spostandosi sulla corsia opposta alla sua perchØ nella propria era presente a piedi l’appuntato scelto NUMERO_CARTA, che si era posizionato a margine della carreggiata.
Accortosi però della manovra dell’autovettura rubata che puntava verso di lui, l’appuntato NOME aveva cercato di spostarsi ma un’ulteriore manovra del conducente aveva portato il veicolo a travolgerlo.
L’impatto era avvenuto tra la parte frontale del mezzo e il corpo del militare che veniva caricato e sbalzato al suolo, riportando trauma policontusivo con trauma cranico con ferita LC, frattura del trochite omerale destro e contusioni polmonari.
L’Alfa Romeo era riuscita a fuggire e dopo 150 metri uno degli occupanti aveva gettato dal finestrino la polvere di un estintore.
A seguito degli accertamenti e infine delle ammissioni degli imputati emergeva che alla guida era NOME e che NOME insieme ad NOME e ad NOME erano all’interno del mezzo, perchØ insieme avevano effettuato un furto poco prima; NOMENOMEXXXX era colui che era fuggito dal mezzo prima che investisse l’appuntato NOME.
I giudici di merito ritenevano che NOMENOMEX e NOMENOMENOMEXX avessero avuto due occasioni per scendere dall’autovettura e la loro scelta di rimanervi doveva considerarsi indicativa dell’adesione alla condotta del conducente, contrariamente a quanto essi avevano dichiarato, sostenendo di non avere avuto il tempo di uscire e di avere subito le determinazioni del XXXX, nonostante avessero in ogni modo cercato di dissuaderlo.
Il difensore di NOMENOMEX ha proposto ricorso avverso la predetta sentenza e ha articolato tre motivi.
2.1. Con il primo si lamenta inosservanza o erronea applicazione di legge penale ex art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen. e connesso vizio di motivazione ex art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 56, 110, 575 cod. pen. e 530 cod. proc. pen.
La Corte territoriale aveva ritenuto la condotta dell’imputato sorretta dal dolo diretto alternativo e non da quello eventuale, riconducendo la previsione o accettazione del successivo sviluppo causale alla scelta di restare a bordo dell’auto ma senza verificare la sussistenza di altri indicatori della volontà rivolta alla produzione dell’evento.
Essersi limitato a non scendere dall’autovettura non aveva apportato alcun contributo causale e nemmeno le condizioni della strada facevano ritenere prevedibile l’investimento del militare, visto che una corsia era libera e solo un’improvvisa manovra del conducente aveva intercettato il corpo della vittima, peraltro distanziatasi dalla traiettoria originaria del mezzo; l’intento perseguito era solo quella della fuga e da esso si sarebbe potuto al piø ricavare un dolo eventuale relativo ad altri illeciti, incompatibile comunque con il tentativo.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta inosservanza o erronea applicazione di legge penale ex art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen. e connesso vizio di motivazione ex art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc. pen. in relazione all’art. 116 cod. pen., dovendosi in ogni caso ricavare dagli elementi acquisiti una divergenza tra voluto e realizzato.
La questione specificamente sollevata con atto di appello non era stata oggetto di alcuna motivazione.
2.3. Con il terzo motivo si lamenta inosservanza o erronea applicazione di legge penale ex art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen. e connesso vizio di motivazione ex art. 606,
comma 1 lett. e), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 69 e 81 cod. pen.
Si censura il giudizio di sola equivalenza delle circostanze attenuanti generiche concesse all’imputato, nonostante la sua ampia confessione, si lamenta l’aumento indistinto per tutti i reati satelliti di tre mesi per ciascuno senza un’adeguata motivazione.
Il Procuratore Generale, NOME COGNOME, ha depositato conclusioni scritte nelle quali in udienza ha insistito, chiedendo il rigetto del ricorso.
Il difensore del ricorrente ha depositato memorie di replica in data 03/10/2025 alle conclusioni scritte del Procuratore Generale, e con esse ha ulteriormente illustrato i propri motivi, contestando gli argomenti proposti dalla controparte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato.
Il primo motivo lamenta l’erronea applicazione della legge penale e l’erroneità della motivazione laddove ravvisa l’elemento psicologico del dolo diretto in forma alternativa in
capo a NOMENOMEX nella mera scelta dell’imputato di rimanere a bordo dell’imputato, guidata da un complice che aveva poi effettuato le manovre repentine per sfuggire ai controlli delle forze dell’ordine, finendo per investire l’operante di polizia giudiziaria
NOMENOMENOMEX con atti idonei diretti in modo non equivoco a provocarne la morte.
La difesa non ha contestato la ricostruzione della dinamica degli eventi ma ritiene che siano erronee le conseguenze che la sentenza impugnata ha tratto dalla condotta attribuita all’imputato con riguardo all’elemento soggettivo, perchØ la scelta di non scendere dall’autovettura dopo l’alt dei RAGIONE_SOCIALE non poteva univocamente deporre per la condivisione, la previsione e l’accettazione delle condotte del guidatore e del successivo sviluppo causale delle sue azioni.
NOME voleva solo guadagnarsi la fuga e le circostanze dell’azione potevano ben fare prevedere che il conducente avrebbe proseguito la marcia lungo la corsia di marcia già occupata senza porre in pericolo la vita dell’operante che intimava loro di fermarsi.
Nei giudizi di merito non era stata vagliata l’eventualità che l’imputato, pur rimanendo nell’autovettura, manifestasse la propria opposizione alla manovra poi attuata dal conducente e lo invitasse a desistere ovvero non avesse avuto il tempo materiale per prefigurarsi l’epilogo della dissennata corsa e lanciarsi fuori dalla macchina.
Sulla base di queste considerazioni la difesa ritiene che al piø in capo al ricorrente si sarebbe potuto scorgere un dolo eventuale, comunque incompatibile con il delitto tentato.
2.1. Al fine di decidere sui motivi di ricorso, occorre anzitutto valutare quali sono i profili connotativi del dolo eventuale rispetto all’elemento psicologico ritenuto sussistente dai giudici di merito.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, «il dolo eventuale Ł costituito dalla consapevolezza che l’evento, non direttamente voluto, ha probabilità di verificarsi in conseguenza della propria azione, nonchØ dall’accettazione di tale rischio, che potrà essere graduata a seconda di quanto maggiore o minore l’agente consideri la probabilità di verificazione dell’evento; diversamente, sussiste il dolo alternativo nel caso in cui l’agente ritenga altamente probabile o certo l’evento, non limitandosi a prevederne e ad accettarne il rischio, ma prevedendo ed accettando l’evento stesso e quindi, pur non perseguendolo come suo scopo finale, alternativamente lo vuole con un’intensità evidentemente maggiore di quelle precedenti» (Sez. 1, n. 16523 del 04/12/2020, dep. 2021, Pg, Rv. 281385 – 02).
Piø volte la giurisprudenza si Ł pronunciata su ipotesi in cui l’azione lesiva Ł stata posta in essere da un soggetto che per portare a termine la commissione di un delitto, assicurandosi l’impunità, e vincere la resistenza della persona offesa o sottrarsi all’intervento
delle forze dell’ordine, abbia agito con modalità tali da dare causa ad eventi di lesioni personali o di morte.
Così, ad esempio, si Ł affermato che «in tema di delitti omicidiari, deve qualificarsi come dolo diretto, e non meramente eventuale, quella particolare manifestazione di volontà dolosa definita dolo alternativo, che sussiste quando il soggetto attivo prevede e vuole, con scelta sostanzialmente equipollente, l’uno o l’altro degli eventi (nella specie, morte o grave ferimento della vittima) causalmente ricollegabili alla sua condotta cosciente e volontaria, con la conseguenza che esso ha natura di dolo diretto ed Ł compatibile con il tentativo» (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto sussistente un dolo diretto di omicidio, quanto meno nella forma alternativa, in relazione al concorso in un tentativo di omicidio posto in essere esplodendo numerosi colpi di arma da fuoco contro un carabiniere postosi all’inseguimento degli autori di una tentata rapina aggravata in danno di un istituto di credito, dopo che egli aveva inutilmente intimato l’alt ed esploso con la pistola di ordinanza un colpo in aria a scopo intimidatorio)» (Sez. 1, n. 27620 del 24/05/2007, COGNOME, Rv. 237022 – 01).
E piø di recente: «Il dolo alternativo, che ricorre quando il soggetto agente prevede e vuole indifferentemente, come conseguenza della sua condotta, accanto ad un primo evento preso di mira, anche un secondo evento ritenuto altamente probabile, Ł compatibile con il tentativo (Fattispecie relativa ad agente che esplodeva un colpo di fucile che attingeva la vittima a una spalla, e successivamente la inseguiva alla guida di un veicolo cercando di investirla, nella quale la Corte ha ritenuto che l’azione fosse stata tenuta, indifferentemente, per provocare una grave offesa all’integrità fisica del soggetto passivo o per determinarne la morte)» (Sez. 1, n. 47339 del 24/09/2024, Tavoletta, Rv. 287335 – 01).
2.2. La peculiarità della vicenda in esame attiene al fatto che la previsione dell’evento lesivo e la sua accettazione come una delle alternative e possibili conseguenze della condotta voluta deve essere valutata non in capo al soggetto che era alla guida dell’autovettura ma in capo al ricorrente, in quanto ha scelto di rimanere nell’autovettura guidata da altri.
Il carattere di dolo eventuale o diretto o alternativo va correlato al coefficiente psicologico di adesione alla condotta del concorrente, che l’odierno ricorrente assume era stata non prevedibile, non prevista e non accettata da lui.
Orbene su questo fronte la censura si trasforma nella denuncia di un vizio della motivazione che si ritiene carente in punto di accertamento dell’elemento soggettivo del concorrente, in quanto si sostiene che anche solo il dubbio riguardo la prevedibilità e l’accettazione della condotta del guidatore in fuga avrebbe dovuto in favor comportare l’opzione per la sussistenza del dolo eventuale e quindi l’esclusione della partecipazione alla condotta tentata.
Tuttavia la Corte ritiene che i giudici di merito abbiano evidenziato con snodi espositivi lineari le concrete circostanze e le modalità esecutive dell’azione criminosa, attraverso le quali, con processo logico-deduttivo, Ł possibile risalire alla sfera intellettiva e volitiva del soggetto, in modo da evidenziarne la cosciente volontà e rappresentazione degli elementi oggettivi del reato, anche se preveduti come conseguenze possibili della propria condotta, di cui si sia assunto il rischio di verificazione (Sez. 5, n. 30726 del 09/09/2020, Giunchiglia, Rv. 279908 – 01).
Ed Ł proprio prendendo in esame le modalità della condotta e i fatti esterni oggettivi, aventi un sicuro valore sintomatico, che la sentenza impugnata mostra di dare corretta applicazione al metodo logico-inferenziale (Sez. 5, n. 26613 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276910 – 01; Sez. 1, n. 1172 del 27/11/1991, dep. 1992, COGNOME, Rv. 189074 – 01), per
trarne la prova del dolo alternativo di NOME con un percorso argomentativo immune da fratture.
2.3. La Corte territoriale evidenzia che NOME, a differenza di altro coimputato, non era sceso dall’auto Alfa Romeo 159 prima che il guidatore iniziasse la manovra che lo avrebbe portato ad investire l’appuntato NOME, proprio perchØ il veicolo era scagliato contro di lui; sottolinea che prima di questa manovra l’autovettura aveva fatto marcia indietro e si era fermata, lasciando così modo agli occupanti di decidere se rimanere a bordo o meno, sicchØ chi non scese optò per l’adesione all’azione di fuga di lì a breve messa in atto; chi rimase nell’autovettura non poteva che rappresentarsi quale sarebbe stata l’unica possibilità di fuga da intraprendere, cioŁ quella che comportava di muovere il veicolo verso l’operante che li ammoniva di fermarsi, tant’Ł vero che l’investimento avvenne perchØ il veicolo puntava sull’app. NOME proprio per indurlo ad indietreggiare, cosa che egli fece senza tuttavia
riuscire del tutto ad evitare l’impatto.
Le letture alternative del comportamento di NOME, proposte dalla difesa, sono state con argomenti stringenti ritenute infondate valutando, come ammesso dalla giurisprudenza di legittimità, le condotte post factum dell’imputato (Sez. 3, n. 36765 del 30/05/2024, Ferrara, Rv. 286999 – 02; Sez. 1, n. 11928 del 29/11/2018, dep. 2019, Comelli, Rv. 275012 – 01; Sez. 4, n. 14663 del 08/03/2018, P.c. in proc. A., Rv. 273014 – 01)
NOME rimase a bordo del veicolo proseguendo la fuga e insieme all’altro occupante non fece nulla per impedire al guidatore di proseguire la folla corsa; partecipò alle fasi seguenti della fuga quando dall’interno dell’autovettura uno di loro versò dal finestrino la polvere di un estintore per impedire la corsa degli inseguitori; rimase con i complici quando abbandonarono l’Alfa Romeo 159 utilizzata per la fuga, che fu data alle fiamme, per fare perdere le tracce.
Il dolo diretto Ł quindi tratto non solo dal fatto che egli non scese dalla macchina, ma anche dal fatto che vi rimase anche quando dall’interno, un soggetto diverso dal guidatore aveva gettato del materiale con l’estintore per evitare di essere raggiunti.
L’accertamento del dolo Ł indiziario e si ricava dal comportamento nel suo complesso; sulla condotta successiva la difesa non fornisce alcun elemento e immora sulla carenza di prova che la permanenza in macchina non rendeva prevedibile il comportamento successivo di un’altra persona alla guida (della quale, peraltro, il primo giudice aveva pure dubitato).
Non vengono invece forniti elementi specifici diversi da quelli valutati dai giudici di merito, che, obiettivamente fondati sulle risultanze del processo, consentano l’emersione di un ragionevole dubbio in ordine a una qualsivoglia iniziativa di dissenso se non di impedimento rispetto alle manovre poste in esecuzione con l’autovettura e all’interno di essa, tali non potendo essere le dichiarazioni dell’imputato sul punto ritenute motivatamente non credibili.
2.4. Il quadro probatorio complessivo così ricostruito intesse una motivazione solidamente agganciata ai cardini della logica per affermare che tutti coloro che rimasero nell’autovettura, compreso lo stesso TARGA_VEICOLO, condivisero l’azione delittuosa e rafforzarono reciprocamente i loro propositi illeciti.
Quello descritto dai giudici di merito Ł, pertanto, un dolo diretto, sebbene alternativo, in quanto espressione di un atteggiamento volitivo che parifica le conseguenze altamente lesive della condotta ed include l’evento morte come altamente probabile e dunque previsto e voluto anch’esso e non meramente accettato come conseguenza possibile dell’azione (Sez. I, n.267 del 14/12/2011, dep. 2012, Rv 252046).
A fronte di queste conclusioni, va ricordato che «in tema di giudizio di legittimità, la
cognizione della Corte di cassazione Ł funzionale a verificare la compatibilità della motivazione della decisione con il senso comune e con i limiti di un apprezzamento plausibile, non rientrando tra le sue competenze lo stabilire se il giudice di merito abbia proposto la migliore ricostruzione dei fatti, nØ condividerne la giustificazione» (Sez. 1, n. 45331 del 17/02/2023, Rezzuto, Rv. 285504 – 01).
E che in ogni caso «eccede dai limiti di cognizione della Corte di cassazione ogni potere di revisione degli elementi materiali e fattuali, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo del giudice di merito, posto che il controllo sulla motivazione rimesso al giudice di legittimità Ł circoscritto, ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., alla sola verifica dell’esposizione delle ragioni giuridicamente apprezzabili che l’hanno determinata, dell’assenza di manifesta illogicità dell’esposizione e, quindi, della coerenza delle argomentazioni rispetto al fine che ne ha giustificato l’utilizzo e della non emersione di alcuni dei predetti vizi dal testo impugnato o da altri atti del processo, ove specificamente indicati nei motivi di gravame, requisiti la cui sussistenza rende la decisione insindacabile» (Sez. 3, n. 17395 del 24/01/2023, Chen, Rv. 284556 – 01; Sez. 6, n. 5334 del 1993, Rv. 194203-01)
Dalle considerazioni sin qui svolte consegue anche l’infondatezza del secondo motivo.
E difatti «in tema di concorso di persone nel reato, la configurabilità del concorso cosiddetto “anomalo” di cui all’art. 116 cod. pen. Ł soggetta a due limiti negativi e cioŁ che l’evento diverso non sia voluto neppure sotto il profilo del dolo alternativo o eventuale e che l’evento piø grave, concretamente realizzato, non sia conseguenza di fattori eccezionali, sopravvenuti, meramente occasionali e non ricollegabili eziologicamente alla condotta criminosa di base» (Sez. 1, n. 44579 del 11/09/2018, B., Rv. 273977 – 01; analogamente Sez. 2, n. 48330 del 26/11/2015, COGNOME, Rv. 265479 – 01; Sez. 2, n. 49486 del 14/11/2014, COGNOME, Rv. 261003 – 01; Sez. 6, n. 6214 del 05/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 252405 – 01).
Infine Ł inammissibile il terzo motivo che contesta l’inesistenza della motivazione sulle censure formulate con l’atto di appello con riguardo al giudizio di equivalenza (piuttosto che di prevalenza) delle aggravanti rispetto alle concesse circostanze attenuanti generiche e con riguardo agli aumenti di pena applicati a titolo di continuazione.
La censura si risolve in una mera richiesta di rivalutazione del merito.
Va ricordato che «in tema di circostanze, il giudizio di bilanciamento tra le aggravanti e le attenuanti costituisce esercizio del potere valutativo riservato al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, ove congruamente motivato alla stregua anche solo di alcuni dei parametri previsti dall’art. 133 cod. pen., senza che occorra un’analitica esposizione dei criteri di valutazione adoperati» (Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, Martinenghi, Rv. 279838 – 02)
Il giudizio di bilanciamento per NOME si ricollega ai profili di particolare intensità delle aggravanti, che non le possono rendere recessive rispetto alle circostanze attenuanti generiche; oltre ad essere recidivo, NOME ha commesso i fatti mentre si sottraeva ad un ordine di esecuzione ed agiva unitamente ad altro soggetto, sul quale pure pendeva analogo ordine di esecuzione. L’apprezzamento di tali elementi rende insindacabile il giudizio della Corte territoriale, laddove sottolinea altresì come «nel giudizio di bilanciamento con le aggravanti contestate non fosse possibile eclissare l’estrema gravità dei fatti per cui si procede».
Generica Ł poi la doglianza riguardo gli aumenti ex art. 81 cod. pen.; essa non si confronta con quanto sottolineato dalla Corte territoriale, che, dopo avere sottolineato la
gravità delle condotte, sistematiche, reiterate e commesse a mezzo di gruppo abilmente e stabilmente organizzato, ha computato la misura degli aumenti sottolineandone la misura contenuta e «modestissima» con chiaro raffronto rispetto alla argomentata capacità a delinquere degli imputati e per questo non ritenendoli ulteriormente riducibili nonostante la diversità della fattispecie avvinte della continuazione.
Il ricorso Ł, pertanto, complessivamente infondato e va respinto con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così Ł deciso, 10/10/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME
IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS. 196/03 E SS.MM.