Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36143 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36143 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a LOCRI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/02/2025 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rg. 15417/2025 GLYPH Rel. Borrelli – Ud. 24.09.2025
Rilevato che COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Roma che ha confermato la sentenza di primo grado di condanna per il reato di cui all’art. 497bis, comma 2 cod. pen.
Considerato che il primo motivo di ricorso -con il quale il ricorrente si duole d violazione di legge e del vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità il reato di possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi – nella parte in duole dell’assenza della clausola di validità per l’espatrio nell’originario documento, è inedi quanto inerente a violazioni di legge deducibili e non dedotte in precedenza nell’atto di appell con cui non era stata contestata la qualità di documento valido per l’espatrio della car d’identità cui era stata cancellata la dicitura.
Il motivo, inoltre, nella parte in cui deduce l’innocuità del falso è altresì inammissibile i quanto reiterativo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi dalla Co territoriale, la quale ha escluso l’inoffensività, atteso che l’abrasione della dicitura ine clausola di non validità per l’espatrio era stata riconosciuta da un soggetto qualificato, men si verte in quest’ultima ipotesi e, quindi, in tema di reato impossibile, solo quand falsificazione dell’atto appaia in maniera talmente evidente da essere, ictu ocu/i, riconoscibile da chiunque (Sez. 5, n. 27310 del 11/02/2019, COGNOME, Rv. 276639; Sez. 6, n. 18015 del 24/02/2015, COGNOME, Rv. 263279; Sez. 5, n. 3711 del 02/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 252946).
Rilevato che il secondo motivo di ricorso – con il quale il ricorrente lamenta violazi di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata riqualificazione della condotta nel re di cui all’art. 497-bis, co. 1, cod. pen. – è manifestamente infondato. Per chiarire le ragioni di questa conclusione occorre richiamare l’univoca giurisprudenza di questa Corte, secondo cui è solo la detenzione di un documento falso alla cui formazione il detentore non sia in alcun modo concorso che integra il reato di cui all’art. 497-bis, comma primo, cod. pen., mentre le condot di fabbricazione e formazione di un documento falso, nonché di detenzione, per uso non personale, o personale se si è concorso nella contraffazione del documento, integrano la fattispecie più grave di cui al secondo comma della medesima norma (Sez. 5, n. 48241 del 04/11/2019, COGNOME, Rv. 277427; Sez. 5, n. 25659 del 13/03/2018, COGNOME, Rv. 273303; Sez. 2, n. 15681 del 22/03/2016, COGNOME, Rv. 266554; Sez. 5, n. 5355 del 10/12/2014, dep. 2015, NOME, Ry. 262221, Sez. 5, n. 18535 del 15/02/2013, Lorbek, Rv. 255468, non massimata sul punto).
Inoltre, il motivo di ricorso è altresì inammissibile in quanto lo era il corrispondente mo
di appello, giacché la doglianza era stata formulata per la prima volta solo attraverso i moti aggiunti, come pure sostenuto dalla Corte di appello.
Considerato che il terzo e il quarto motivo di ricorso – con i quali il ricorrente lam violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento, rispettivamente, alla mancat concessione delle circostanze attenuanti generiche e alla determinazione della pena – sono inammissibili in quanto concernono il trattamento punitivo benché. sorretto da congrua motivazione fornita dal giudice del gravame, stante la non ridotta gravità del reato, la presen di precedenti penali e la condotta processuale, scevra da elementi positivamente apprezzabili.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 24 settembre 2025