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Documento falso per espatrio: quando è reato in Italia

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un cittadino straniero per il possesso di un documento falso per espatrio. La sentenza stabilisce che il reato si considera commesso in Italia se il documento viene detenuto nel territorio nazionale, rendendo irrilevante il luogo della contraffazione. La Corte ha inoltre rigettato la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, sottolineando la gravità intrinseca della falsificazione dell’identità personale.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Possesso di Documento Falso per Espatrio: La Cassazione Conferma la Giurisdizione Italiana

La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, affronta un caso significativo relativo al possesso di un documento falso per espatrio, fornendo chiarimenti cruciali sulla giurisdizione italiana e sui limiti di applicabilità di alcuni benefici di legge. La pronuncia conferma come la semplice detenzione in Italia di un passaporto contraffatto sia sufficiente per radicare la competenza dei nostri tribunali, anche se la falsificazione è avvenuta all’estero. Analizziamo i dettagli della vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.

Il Caso: Un Passaporto Sloveno Contraffatto

I fatti riguardano un cittadino di nazionalità albanese, trovato in possesso di un passaporto sloveno valido per l’espatrio. Il documento, però, presentava diverse anomalie: apparteneva a un’altra persona, ma riportava la fotografia dell’imputato ed era stato privato del chip elettronico di controllo. Per questi fatti, l’uomo veniva condannato in primo e secondo grado alla pena di due anni di reclusione per il reato previsto dall’art. 497-bis, comma 2, del codice penale, che punisce la fabbricazione e il possesso di documenti di identità falsi validi per l’espatrio.

I Motivi del Ricorso: Giurisdizione, Tenuità del Fatto e Sospensione della Pena

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Difetto di giurisdizione: Si sosteneva che il reato si fosse consumato all’estero, dove il documento era stato materialmente falsificato. Trattandosi di un reato comune commesso da uno straniero fuori dal territorio nazionale, sarebbe stata necessaria la richiesta del Ministro della Giustizia per procedere penalmente in Italia.
2. Erronea applicazione della legge sulla particolare tenuità del fatto: Si lamentava il mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p., data la presunta minima offensività della condotta e l’incensuratezza dell’imputato.
3. Mancata concessione della sospensione condizionale della pena: La difesa contestava il diniego di tale beneficio, ritenendolo in contrasto con lo status di incensurato dell’imputato.

La Decisione della Cassazione sul documento falso per espatrio

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato e, per alcuni aspetti, inammissibile. La sentenza offre importanti delucidazioni su ciascuno dei punti sollevati dalla difesa.

La questione della giurisdizione italiana

Sul primo punto, la Corte ha stabilito che il reato di possesso di un documento falso per espatrio si considera commesso nel territorio dello Stato anche solo attraverso la semplice detenzione del documento stesso. Richiamando l’art. 6 del codice penale, i giudici hanno chiarito che un reato è commesso in Italia se l’azione (o una parte di essa) avviene sul territorio nazionale. La detenzione del passaporto falso costituisce una parte essenziale della condotta criminosa. Inoltre, aver fornito la propria fotografia per la contraffazione è un chiaro indice di concorso nel reato, rendendo la condotta punibile in Italia senza necessità di alcuna richiesta ministeriale.

L’inapplicabilità della “particolare tenuità del fatto”

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il motivo relativo all’art. 131-bis c.p. La Corte ha ribadito un principio consolidato: è onere dell’imputato fornire elementi concreti per dimostrare la tenuità del danno. Nel caso di specie, la condotta di camuffamento dell’identità personale è stata ritenuta di per sé grave e non può essere qualificata come di particolare tenuità. La facilità con cui è stato ottenuto il documento falso e la gravità oggettiva del fatto sono state considerate ragioni sufficienti per escludere il beneficio, rendendo irrilevante l’incensuratezza dell’imputato.

Il diniego della sospensione condizionale della pena

Infine, la Corte ha confermato la correttezza della decisione di non concedere la sospensione condizionale della pena. I giudici hanno spiegato che la concessione delle attenuanti generiche (nel caso di specie, basate sul disagio sociale) e la sospensione della pena rispondono a logiche diverse. Le prime servono a commisurare la pena al caso concreto, mentre la seconda si basa su un giudizio prognostico favorevole circa la futura condotta del reo. Nel caso esaminato, la corte di merito aveva legittimamente formulato una prognosi sfavorevole, ritenendo probabile la reiterazione del reato, e tale valutazione non è risultata illogica.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione rigorosa delle norme e su principi giurisprudenziali consolidati. Il fulcro della decisione risiede nella qualificazione della condotta: il possesso di un documento falso non è un mero antefatto, ma una parte integrante del reato previsto dall’art. 497-bis c.p. La presenza fisica dell’imputato con il documento contraffatto in Italia è l’elemento che radica la giurisdizione, a prescindere da dove sia avvenuta la falsificazione materiale. La Corte sottolinea inoltre la gravità intrinseca dei reati contro la fede pubblica, specialmente quando mirano ad aggirare i controlli sull’identità e sulla circolazione delle persone, giustificando così un approccio severo sia nella valutazione della tenuità del fatto sia nella prognosi per la concessione dei benefici di legge.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

La sentenza ribadisce un messaggio chiaro: la legge italiana non tollera la circolazione di documenti di identità falsi sul proprio territorio. Le implicazioni pratiche sono rilevanti: chiunque venga trovato in possesso di un documento falso per l’espatrio in Italia sarà perseguito dalla giustizia italiana, senza potersi appellare al luogo di fabbricazione del falso. Inoltre, la gravità del reato rende difficile ottenere benefici come la non punibilità per particolare tenuità del fatto o la sospensione della pena, anche in presenza di un’apparente incensuratezza. Questa pronuncia consolida un orientamento di rigore a tutela della fede pubblica e della sicurezza nazionale.

Quando si considera commesso in Italia il reato di possesso di un documento falso per l’espatrio?
Il reato si considera commesso nel territorio dello Stato quando l’azione, come la detenzione del documento falso, avviene in tutto o in parte in Italia. La semplice presenza dell’imputato con il documento contraffatto sul territorio nazionale è sufficiente per radicare la giurisdizione italiana, indipendentemente dal luogo in cui è avvenuta la falsificazione materiale.

Perché la Corte di Cassazione ha escluso l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La Corte ha escluso tale beneficio perché la condotta di falsificazione e uso di un documento per camuffare la propria identità personale riveste una gravità oggettiva che non consente di qualificarla come di “particolare tenuità”. Inoltre, ha ribadito che è onere dell’imputato allegare elementi specifici a sostegno della richiesta, cosa che non è avvenuta nel caso di specie.

La concessione delle attenuanti generiche obbliga il giudice a concedere anche la sospensione condizionale della pena?
No. La Corte ha chiarito che i due istituti hanno presupposti e finalità diverse. Le attenuanti generiche servono a commisurare la pena al caso specifico, mentre la sospensione condizionale si basa su un giudizio prognostico sulla futura condotta del reo. Un giudice può quindi concedere le prime ma negare la seconda se ritiene, con motivazione non illogica, che esista un rischio di reiterazione del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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