Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 37845 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 37845 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato in Moldavia il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/01/2025 della Corte d’appello di Bologna udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
lette, per l’imputato, le conclusioni dell’AVV_NOTAIO che, anche replicando alla requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, ha insistito per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’Appello di B ologna ha confermato la condanna del ricorrente per il delitto di cui all’art. 497 -bis , commi primo e secondo, cod. pen. poiché, in concorso con soggetti rimasti ignoti, aveva formato una carta di identità rumena valida per l’espatrio risultata contraffatta , riportante la propria effige, ma contenente le generalità di un altro soggetto.
L’imputato propone ricorso per cassazione affidandosi , con il suo difensore di fiducia, a tre motivi, di seguito ripercorsi entro i limiti di seguito esposti.
2.1. Con il primo lamenta mancanza di prova dell’esistenza nella carta di identità della clausola di validità per l’espatrio.
2.2. Con il secondo d enuncia violazione ed erronea applicazione dell’art. 497bis cod. pen. anche in rela zione all’art. 45 della Carta fondame ntale dei diritti dell’Unione europea.
A fondamento della censura evidenzia che, poiché il reato ascritto può riguardare la sola falsificazione di documenti validi per l’espatrio , non sarebbe configurabile rispetto alla falsificazione di documenti che consentono di circolare solo all’inter no del territorio europeo in virtù del principio di libera circolazione nell’ambito dello stesso.
Chiede a questa Corte, qualora non condividesse tale interpretazione, di proporre rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione europea.
2.3. Con il terzo motivo denuncia violazione ed erronea applicazione degli artt. 163 e 164 cod. pen. e correlato vizio di motivazione atteso che la mancata concessione della sospensione condizionale della pena è stata giustificata con l’argomento per il quale il COGNOME avrebbe già ottenuto in precedenza per tre volte tale sospensione e non potrebbe beneficiarne ulteriormente.
Lamenta, al riguardo, che l’art. 164 cod. pen. pone detto limite solo nell’ipotesi in cui la pena da infliggere cumulata con quella irrogata con l e precedenti condann e superi i limiti stabiliti dall’art. 163 cod. pen., a differenza di quanto avvenuto nella fattispecie considerata, nella quale egli ha beneficato di mesi due e giorni quindici di sospensione condizionale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il primo motivo di ricorso non è fondato, per quanto di seguito esposto.
Occorre considerare che, come è stato di recente ricordato, nel ricostruire il diritto nazionale rumeno di riferimento, anche dalla recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, Prima sezione, 22 febbraio 2024, C-491/21, il decreto-legge n. 97 del 2005, in materia di anagrafe, domicilio, residenza e documenti d’identità dei cittadini rumeni, come successivamente modificato e integrato (c.d. OUG n. 97 del 2025), prevede, all’art. 13 n. 2, che, in conformità alla legge n. 248 del 2005, la quale disciplina la libera circolazione dei cittadini rumeni all’estero , la carta d’identità e la carta d’identità elettronica costituiscono un documento valido per l’espatrio negli Stati membri dell’Unione.
Di conseguenza, in forza del diritto rumeno, come indicato peraltro nel giudizio in esame nell’annotazione di polizia giudiziaria, la carta di identità è in ogni caso documento valido per l’espatrio. Vi è, del resto, che, essendo detta annotazione confermativa della validità per l’espatrio del documento stata
effettuata dalla polizia giudiziaria che aveva sequestrato lo stesso non era, evidentemente, ivi apposta un’eccezionale clausola di non validità per l’espatrio (o di delimitazione temporale di detta validità).
2. Del pari, non è fondato il secondo motivo, stante la ripetuta affermazione, nella giurisprudenza di questa Corte, del condivisibile assunto per il quale integra il delitto di cui all’art. 497bis cod. pen. il possesso di carte di identità con l’apposizione di fotografie di soggetti diversi dagli intestatari, poiché la carta di identità è titolo valido per l’espatrio negli Stati membri dell’Unione europea e in quelli in cui vigono particolari accordi internazionali ( ex ceteris , Sez. 5, n. 47613 del 28/10/2019, COGNOME, Rv. 277548; Sez. 5, n. 46831 del 22/11/2007, COGNOME, Rv. 238889).
Invero, in base alla legislazione vigente il principio di libera circolazione nell’area ‘Schenghen’ non fa venir meno la necessità che si sia in possesso di un documento per esercitare il relativo diritto nella predetta area bensì che esso sia condizionato non già al possesso del passaporto, come nel caso degli Stati al di fuori dell’Unione europea, ma della sola carta di identità valida per l’espatrio (Sez. 5, n. 46831 del 22/11/2007, COGNOME, Rv. 238889, in motivazione).
Al riguardo, difatti, la Direttiva 2004/38/CE del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, al punto 9, ha indicato agli Stati membri che avrebbe dovuto essere contemplato per i cittadini dell’Unione il diritto di soggiornare nello Stato membro ospitante per un periodo non superiore a tre mesi senza altra formalità o condizione che il possesso di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità.
A propria volta, nel nostro ordinamento, il d.lgs. 6 febbraio 2007, n. 30, attuativo della predetta direttiva, prevede all’art. 4, primo comma, che il diritto di circolazione nell’ambito dell’Unione europea è subordinato al possesso di documento d’identità valido per l’espatrio, secondo la legislazione dello Stato membro, e, correlativamente, l’art. 5, primo comma, quanto al diritto di ingresso nel nostro territorio, che il cittadino dell’Unione in possesso di documento d’identità valido per l’espatrio, secondo la legislazione dello Stato membro, è ammesso nel territorio nazionale.
La chiarezza e la consonanza della normativa europea e di quella nazionale di riferimento comportano che non sussista alcun dubbio interpretativo idoneo a radicare il dovere di questa Corte, quale giudice nazionale di ultima istanza, di sollevare rinvio pregiudiziale interpretativo alla Corte di Giustizia ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (TFUE).
Tale dovere non sussiste, infatti, nelle ipotesi e di acte clair e di acte éclairé , come ha confermato la Grande Sezione della Corte di Giustizia, nella pronuncia del 6 ottobre 2021, causa C-561/19, che, puntualizzando le statuizioni della più risalente sentenza del 6 ottobre 1982, Cilfit RAGIONE_SOCIALE a., ha chiarito che la motivazione del Giudice nazionale «deve far emergere o che la questione di diritto dell’Unione sollevata non è rilevante ai fini della soluzione della controversia, o che l’interpretazione della disposizione considerata del diritto dell’Unione è fondata sulla giurisprudenza della Corte, o, in mancanza di tale giurisprudenza, che l’interpretazione del diritto dell’Unione si è imposta al giudice nazionale di ultima istanza con un’evidenza tal e da non lasciar adito a ragionevoli dubbi».
Inoltre, con la successiva ordinanza 15 dicembre 2022, C- 597/21, la Corte di Giustizia ha ulteriormente precisato che «l’articolo 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi ricorso giurisdizionale di diritto interno può astenersi dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione del diritto dell’Unione e risolverla sotto la propria responsabilità laddove la corretta interpretazione del diritto dell’Unione si imponga con un’evidenza tale da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio. L’esistenza di una siffatta eventualità deve essere valutata in base alle caratteristiche proprie del diritto dell’Unione, alle difficoltà particolari relative alla sua interpretazione e al rischio di divergenze giurisprudenziali in seno all’Unione. Tale giudice nazionale non è tenuto a dimostrare in maniera circostanziata che gli altri giudici di ultima istanza degli Stati membri e la Corte adotterebbero la medesima interpretazione, ma deve aver maturato la convinzione, sulla base di una valutazione che tenga conto dei citati elementi, che la stessa evidenza si imponga anche agli altri giudici nazionali in parola e alla Corte».
E dunque il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea presuppone un dubbio interpretativo su una norma comunitaria, che non ricorre allorché l’interpretazione sia autoevidente (cfr. Sez. 5 civ., n. 15041 del 16/06/2017, Rv. 644553 -04; Sez. lav., n. 14880 del 23/11/2001, Rv. 550557 -01, in motivazione) e non possa prospettarsi alcuna incompatibilità con la normativa interna di riferimento (ossia, nella fattispecie considerata, quella che ricomprende nel delitto di cui all’art. 497 -bis cod. pen. anche i documenti che consentono la sola circolazione all’interno del territorio dell’Unione europea, atteso che il possesso di detti documenti è necessario per l’esercizio del diritto di libera circolazione).
3.Il terzo motivo è manifestamente infondato, poiché, come ribadito anche di recente da questa Corte, stante la natura eccezionale della disposizione
normativa che consente di accordare, per la seconda volta, il beneficio della sospensione condizionale, non è consentita, a norma dell’art. 164 comma 4, cod. pen., una ulteriore pronuncia di favore in tal senso (Sez. 1, n. 15823 del 06/03/2025, COGNOME, Rv. 288108).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso, 29/10/2025
Il AVV_NOTAIO Estensore Il Presidente
NOME COGNOME COGNOME