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Documenti falsi: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per il reato di possesso di documenti falsi. L’impugnazione è stata respinta perché basata su motivi nuovi non presentati nei gradi precedenti e per la mancanza di interesse dell’imputato a richiedere una riqualificazione del reato in una fattispecie più grave. La Corte ha quindi confermato la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Documenti Falsi: La Cassazione e i Limiti dell’Inammissibilità del Ricorso

L’ordinanza n. 36995/2024 della Corte di Cassazione offre un importante spunto di riflessione sulle regole procedurali che governano i ricorsi in materia penale, in particolare per il reato di possesso di documenti falsi. Con una decisione netta, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, delineando chiaramente i paletti entro cui deve muoversi la strategia difensiva in sede di legittimità.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una condanna per il reato previsto dall’art. 497-bis del codice penale, relativo al possesso di documenti di identificazione contraffatti. L’imputato era stato ritenuto responsabile, in concorso con un’altra persona, per il possesso di un documento falsificato valido per l’espatrio.

La Corte di Appello di Roma aveva confermato la condanna, limitandosi a ridurre l’entità della pena inflitta. Insoddisfatto della decisione, l’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, basando la sua difesa su due motivi principali.

I Motivi del Ricorso e la questione dei documenti falsi

La difesa ha articolato il ricorso su due fronti:

1. Erronea qualificazione giuridica: Si sosteneva che il fatto dovesse essere inquadrato nella fattispecie più grave prevista dal secondo comma dell’art. 497-bis c.p., anziché nel primo comma come stabilito dai giudici di merito.
2. Vizio di motivazione: Si contestava la configurabilità stessa del reato, lamentando una violazione di legge e una motivazione carente sulla responsabilità concorsuale dell’imputato.

Questa strategia, tuttavia, si è rivelata controproducente, scontrandosi con i rigorosi filtri di ammissibilità della Corte di Cassazione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha analizzato separatamente i due motivi di ricorso, giungendo a una declaratoria di inammissibilità per entrambi, seppur per ragioni diverse.

Per quanto riguarda il primo motivo, relativo alla riqualificazione del reato, i giudici lo hanno ritenuto inammissibile per tre concorrenti ragioni:

* Motivo inedito: La questione non era mai stata sollevata nei precedenti gradi di giudizio e, pertanto, non poteva essere proposta per la prima volta in Cassazione.
* Identità del fatto storico: Il fatto contestato e per cui è intervenuta la condanna era il possesso di un documento contraffatto. Non vi era, quindi, una ‘diversità del fatto’ che potesse giustificare una diversa qualificazione.
* Mancanza di interesse: L’imputato non ha un interesse giuridicamente tutelato a richiedere una riqualificazione del reato in una forma più grave, che comporterebbe una pena maggiore. Si tratta di un principio fondamentale del diritto processuale.

Anche il secondo motivo è stato rigettato. La Corte lo ha definito ‘manifestamente infondato’, sottolineando come i giudici di merito avessero fornito una motivazione logica e coerente riguardo alla responsabilità concorsuale dell’imputato nell’azione materiale compiuta dal coimputato, sulla base di un accordo pregresso.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

L’ordinanza in esame ribadisce l’importanza di una corretta impostazione processuale sin dai primi gradi di giudizio. La Cassazione non è una terza istanza di merito, ma un giudice di legittimità che valuta la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Introdurre argomenti nuovi (‘motivi inediti’) in questa sede è una strategia destinata al fallimento.

Inoltre, la decisione evidenzia il principio dell’interesse ad agire: un ricorso deve mirare a ottenere un risultato favorevole per chi lo propone. Chiedere una condanna per un reato più grave è un controsenso giuridico che porta inevitabilmente all’inammissibilità.

In conclusione, la pronuncia conferma che la lotta contro la circolazione di documenti falsi si attua anche attraverso un rigoroso rispetto delle norme procedurali, che impediscono manovre dilatorie o strategie difensive prive di fondamento logico e giuridico. L’esito del ricorso, con la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione di 3.000 euro, funge da monito sulla necessità di ponderare attentamente le ragioni di un’impugnazione davanti alla Suprema Corte.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il primo motivo era ‘inedito’ (non sollevato prima), l’imputato non aveva interesse a chiedere una riqualificazione più grave del reato, e il secondo motivo sulla configurabilità del reato è stato ritenuto manifestamente infondato.

È possibile chiedere in Cassazione di essere condannati per un reato più grave?
No. La Corte ha stabilito che l’imputato non ha un interesse giuridicamente rilevante a richiedere una diversa e più grave riqualificazione del fatto, poiché ciò andrebbe a suo svantaggio. Un ricorso deve sempre mirare a un esito favorevole.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione in ambito penale?
Comporta che la sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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