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Documenti falsi: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per possesso e fabbricazione di documenti falsi. La Corte ha ritenuto i motivi di appello generici, mere doglianze di fatto non ammesse in sede di legittimità, e manifestamente infondati. La decisione sottolinea che non è possibile riproporre le stesse argomentazioni già respinte nei gradi di merito senza una critica specifica alla sentenza impugnata, confermando la condanna e aggiungendo il pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Documenti falsi: quando il ricorso in Cassazione non supera il vaglio di ammissibilità

L’ordinanza n. 14120/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sulla corretta formulazione dei ricorsi in materia penale, in particolare per reati come il possesso di documenti falsi. Questa decisione chiarisce perché motivi di ricorso generici, ripetitivi o basati su pure contestazioni di fatto siano destinati a essere dichiarati inammissibili, con conseguente conferma della condanna e aggravio di spese per il ricorrente.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla condanna, confermata in appello, di un individuo per il delitto di possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi. L’imputato, non rassegnato alla decisione dei giudici di merito, ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a cinque distinti motivi per cercare di ottenere l’annullamento della sentenza.

Analisi dei motivi del ricorso per documenti falsi

La difesa dell’imputato ha articolato il proprio ricorso su diversi fronti, tutti sistematicamente respinti dalla Suprema Corte.

1. Genericità del motivo sulla responsabilità: Il primo motivo, che lamentava una violazione di legge e un vizio di motivazione sull’affermazione della responsabilità penale, è stato giudicato generico. La Corte ha osservato che si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e respinte dal giudice d’appello, senza muovere una critica specifica e puntuale al ragionamento di quest’ultimo.

2. La valutazione del “falso grossolano”: Con il secondo motivo, la difesa contestava il mancato riconoscimento del carattere “grossolano” del falso, sostenendo che l’inidoneità del documento a trarre in inganno fosse palese. Anche questa doglianza è stata respinta, in quanto considerata una mera contestazione di fatto, non ammissibile in sede di legittimità. La Corte ha sottolineato che i giudici di merito avevano adeguatamente motivato sul punto, evidenziando come il documento contenesse la clausola di validità per l’espatrio, elemento che ne escludeva la palese falsità.

3. Diniego delle attenuanti generiche: Il terzo motivo, relativo al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, è stato ritenuto manifestamente infondato. La Cassazione ha ribadito il principio secondo cui il giudice di merito non è tenuto a esaminare analiticamente tutti gli elementi a favore o sfavore, ma è sufficiente che motivi la sua decisione basandosi sugli elementi ritenuti decisivi.

4. Mancata sospensione condizionale della pena: Anche il quarto motivo, con cui si lamentava la mancata concessione della sospensione condizionale della pena, è stato giudicato infondato. Le argomentazioni sono state considerate in palese contrasto con i dati normativi e con la consolidata giurisprudenza in materia.

5. Inapplicabilità dell’art. 131-bis c.p.: Infine, il quinto motivo, riguardante la particolare tenuità del fatto, è stato dichiarato inammissibile perché costituito da mere doglianze di fatto, che esulano dal perimetro del giudizio di legittimità.

Le motivazioni

La Suprema Corte, nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso, ha ribadito alcuni principi cardine del giudizio di cassazione. Il ricorso non può essere una mera riproposizione delle argomentazioni già svolte nei precedenti gradi di giudizio. Esso deve contenere una critica specifica e argomentata alla motivazione della sentenza impugnata, evidenziando vizi logici o violazioni di legge. Le valutazioni relative alla ricostruzione dei fatti, come la riconoscibilità di un falso o la concessione delle attenuanti, sono di competenza esclusiva dei giudici di merito. La Cassazione può intervenire solo se la motivazione è totalmente assente, manifestamente illogica o contraddittoria, circostanze non riscontrate nel caso di specie. La decisione, quindi, non entra nel merito della colpevolezza, ma si ferma a un controllo sulla correttezza giuridica e logica del percorso decisionale seguito dai giudici precedenti.

Le conclusioni

La decisione in esame è un monito per chi intende adire la Corte di Cassazione: è fondamentale che il ricorso sia fondato su precise violazioni di legge o su vizi motivazionali evidenti e non su un generico dissenso rispetto alla valutazione dei fatti operata dai giudici di merito. Un ricorso inammissibile non solo non porta all’annullamento della condanna, ma la rende definitiva e comporta per il ricorrente un’ulteriore condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, aggravando così la sua posizione.

Perché il ricorso per documenti falsi è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici, si limitavano a riproporre argomentazioni già respinte in appello, e consistevano in mere contestazioni sulla valutazione dei fatti, che non sono ammissibili nel giudizio di legittimità della Corte di Cassazione.

È possibile contestare la valutazione sulla grossolanità di un documento falso in Cassazione?
No, la valutazione se un falso sia “grossolano” (cioè immediatamente riconoscibile) è una questione di fatto riservata al giudice di merito. In Cassazione si può contestare solo se la motivazione del giudice su questo punto sia manifestamente illogica, contraddittoria o del tutto assente, non la valutazione in sé.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene giudicato inammissibile?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile, la sentenza di condanna diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con una condanna al pagamento di tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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