Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22928 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22928 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DI NOME nato a GIUGLIANO IN CAMPANIA il 21/04/1948
avverso la sentenza del 25/09/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Roma che – per quel che qui rileva – ne ha confermato la condanna per il delitto di cui all’art. 497 bis, comma 1 e 2 cod. pen.;
considerato che il primo motivo di impugnazione, con il quale si denuncia la violazione della legge processuale penale in ordine alla dichiarazione di responsabilità dell’imputata per il reato ascritto, alla valutazione del compendio probatorio, nonché il travisamento della consulenza tecnica, in particolare per la ritenuta offensività della condotta, è manifestamente infondato in quanto provvedimento impugnato, con motivazione esente da vizi logici, ha esplicitato le ragioni per cui ha ritenuto l’idoneità dei documenti contraffatti a offendere la fede pubblica (facendo espress riferimento alle caratteristiche di essi come acclarate nel procedimento), fornendo un’adeguata motivazione rispetto a quanto dedotto con l’atto di appello (cfr. primo motivo) che non ha mosso doglianze meritevoli di una più analitica disamina (nulla essendo stato dedotto al riguardo con motivi nuovi di appello);
considerato che il secondo motivo di ricorso, con cui si lamentano la violazione della legge processuale penale e il vizio di motivazione in ordine all’esclusione dell’estraneità dell’imputata n commissione del reato, non si confronta con la motivazione della decisione impugnata (Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584 – 01) – che ha disatteso il gravame valorizzando l’uso da parte della ricorrente di documenti falsi (segnatamente, carte d’identità intestate a donne divers che recavano la fotografia dell’imputata) al fine di commettere le truffe cui la formazione documenti era finalizzata – non muovendo compiute critiche a tale iter bensì negando irritualmente in questa sede che sia stata raggiunta la prova della sua responsabilità anche a titolo di concorso prospettando una ricostruzione alternativa (in ordine al fatto che la fotografia della COGNOME f stata utilizzata a sua insaputa dal COGNOME);
considerato che il terzo motivo di ricorso, con cui si denunciano la violazione della legg penale e il vizio di motivazione in ordine alla sussistenza della recidiva reiterata, è manifestame infondato in quanto la Corte di merito ha ritenuto sussistente la contestata recidiva rimarcando ch la ricorrente è gravata da numerosi precedenti penali, alcuni anche specifici e ritenendo dimostrativa dell’accresciuta pericolosità dell’imputata la perpetrazione del delitto in esame a distanza di po tempo rispetto dalla condanna per identico delitto, così rendendo un’argomentazione congrua e logica (cfr. Sez. 6, n. 34532 del 22/06/2021, COGNOME, Rv. 281935 – 01; Sez. 1, n. 37588 del 18/06/2014, COGNOME, Rv. 260841 – 01), con cui il ricorso non si confronta;
considerato che il quarto motivo di ricorso, con il quale il ricorrente deduce la violazio della legge penale e processuale penale, la mancanza di motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 114, comma 1, cod. pen., è patentemente generico poiché si limita ad effettuare un mero rimando alle doglianze contenute nell’atto di appello (cfr. Se 3, n. 8065 del 21/09/2018 – dep. 2019, C., Rv. 275853 – 02);
considerato che il quinto motivo di ricorso, con il quale si denunciano la violazione dell legge penale e processuale penale e il vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione delle
circostanze attenuanti generiche, è manifestamente infondato in quanto la predetta richiesta era stata effettuata in sede discussione in maniera generica, omettendo l’indicazione di alcun elemento
di fatto idoneo a giustificare l’accoglimento della richiesta, e dunque la Corte di merito non era ten a motivare sul punto (cfr. Sez. 4, n. 1513 del 03/12/2013, COGNOME, Rv. 258487 – 01; Sez. 1, n. 44188
del 20/09/2023, T., Rv. 285413 – 01); in ogni caso, essa ha dato conto in maniera congrua e logica degli elementi rientranti nel novero di quelli previsti dall’art. 133 cod. pen. che ha conside
preponderanti nell’esercizio del potere discrezionale ad essa riservato (cfr. Sez. 2, n. 23903 de
15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 – 02; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269
– 01), evidenziando (sia pure allorché ha argomentato in ordine alla recidiva) dei numerosi precedenti penali dell’imputata;
considerato che il sesto motivo di ricorso – con cui si assumono la violazione della legge penale e il vizio di motivazione in ordine alla determinazione del trattamento sanzionatorio, derivant
dall’errato aumento di pena applicato per la continuazione – difetta della necessaria specificità poic non si confronta con la motivazione della decisione impugnata, che ha disatteso il gravame
valorizzando la pluralità dei documenti contraffatti, non muovendo compiute critiche a tale iter bensì negando con assunti assertivi e generici che la Corte abbia indicato i criteri sui quali è stato fond l’aumento di pena, il quale risulta minimo e determinato in modo conforme a quanto stabilito dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269 – 01 secondo cui il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlat all’entità degli stessi e deve essere tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il ra di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, e che risultino rispett previsti dall’art. 81 cod. pen. e che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. Co cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, COGNOME, Rv. 267585 – 01) – a versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 12/03/2025.