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Divieto reformatio in peius: pena ridotta ma multa no

Un imputato, condannato per ricettazione e vendita di beni contraffatti, si è visto ridurre in appello la pena detentiva (da un anno a sei mesi) ma aumentare la pena pecuniaria (da 450 a 600 euro). La Corte di Cassazione ha rigettato il suo ricorso, affermando che non sussiste violazione del divieto reformatio in peius se la pena complessiva, dopo il ragguaglio legale tra le diverse sanzioni, non risulta più grave di quella originaria.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Divieto Reformatio in Peius: Legittimo Ridurre la Reclusione e Aumentare la Multa?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18659/2025, torna a pronunciarsi su un principio cardine del processo penale: il divieto reformatio in peius. Questo principio impedisce al giudice d’appello di peggiorare la condanna dell’imputato quando solo quest’ultimo ha presentato ricorso. La questione analizzata è se tale divieto sia violato qualora il giudice di secondo grado riduca la pena detentiva ma, contestualmente, aumenti quella pecuniaria.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine da una sentenza del Tribunale di Verona, che condannava un individuo per due reati di ricettazione e due di detenzione per la vendita di beni contraffatti. La pena inflitta in primo grado era di un anno di reclusione e 450,00 euro di multa, con il beneficio della sospensione condizionale.

L’imputato proponeva appello e la Corte di appello di Venezia, in parziale riforma della prima decisione, rideterminava la pena. La nuova sanzione consisteva in sei mesi di reclusione e 600,00 euro di multa. A fronte di un dimezzamento della pena detentiva, l’imputato si trovava quindi a dover pagare una multa superiore a quella originariamente stabilita.

Il Ricorso in Cassazione e l’Interpretazione del Divieto Reformatio in Peius

Il difensore dell’imputato ha presentato ricorso per cassazione, lamentando la violazione dell’articolo 597, comma 3, del codice di procedura penale, che sancisce proprio il divieto reformatio in peius. Secondo la tesi difensiva, l’aumento della pena pecuniaria, pur a fronte della riduzione di quella detentiva, costituiva un ingiustificato peggioramento della sua posizione processuale, inammissibile in assenza di un appello del Pubblico Ministero.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. Gli Ermellini hanno confermato l’orientamento giurisprudenziale largamente prevalente in materia. La valutazione sulla violazione del divieto di peggioramento della pena non deve essere fatta analizzando separatamente le singole sanzioni (detentiva e pecuniaria), ma considerando la pena nel suo complesso.

Il criterio per stabilire se la nuova pena sia più o meno grave di quella precedente è quello del ragguaglio, previsto dall’articolo 135 del codice penale. Questa norma stabilisce un criterio di conversione tra pene detentive e pecuniarie. Secondo la Corte, una sentenza d’appello che modifica la specie o la quantità della pena non viola il divieto di reformatio in peius se la sanzione complessivamente irrogata, dopo aver effettuato tale operazione di ragguaglio, non risulta più afflittiva per il condannato.

Nel caso specifico, la drastica riduzione della reclusione (da un anno a sei mesi) ha più che compensato il modesto aumento della multa (da 450 a 600 euro). La pena inflitta dalla Corte di appello, sebbene diversamente strutturata, era nel suo complesso più mite di quella decisa in primo grado. Pertanto, il principio del divieto reformatio in peius è stato pienamente rispettato.

Le Conclusioni

Con questa decisione, la Corte di Cassazione ribadisce un punto fermo: il giudice d’appello gode di una certa flessibilità nel rimodulare la sanzione, potendo anche variare la composizione tra pena detentiva e pecuniaria. L’unico, invalicabile limite è la gravità complessiva della pena. Finché il risultato finale, valutato secondo i criteri oggettivi di legge, non porta a un peggioramento per l’imputato appellante, non vi è alcuna violazione di legge. Il ricorso è stato quindi rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Un giudice d’appello può ridurre la pena detentiva ma aumentare la multa?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che è possibile, a condizione che la pena complessiva, valutata tramite il meccanismo di ragguaglio previsto dall’art. 135 del codice penale, non risulti più grave di quella inflitta in primo grado.

In questo caso è stato violato il divieto di reformatio in peius?
No. Secondo la Corte, il divieto non è stato violato perché, nonostante l’aumento della pena pecuniaria, la significativa riduzione di quella detentiva ha reso la sanzione complessivamente meno afflittiva rispetto a quella decisa dal primo giudice.

Cosa si intende per ‘ragguaglio’ della pena?
Il ragguaglio è un’operazione prevista dalla legge (art. 135 c.p.) per convertire pene di diversa natura (come la reclusione e la multa) in un’unica misura omogenea, al fine di poterle confrontare e valutare quale sia complessivamente più grave.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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