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Divieto prevalenza attenuanti e rapina: parola alla Consulta

Un uomo condannato per rapina ottiene l’attenuante per la lieve entità del fatto. Tuttavia, la pena non può essere ridotta a causa del divieto di prevalenza delle attenuanti sulla recidiva qualificata. La Corte di Cassazione, ravvisando un potenziale contrasto con i principi di proporzionalità e rieducazione della pena, ha sollevato una questione di legittimità costituzionale, sospendendo il giudizio e rimettendo gli atti alla Corte Costituzionale.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Divieto Prevalenza Attenuanti e Rapina: la Cassazione Interpella la Consulta

L’applicazione rigida del divieto prevalenza attenuanti sulla recidiva qualificata torna al vaglio della Corte Costituzionale. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha sollevato una questione di legittimità costituzionale dell’art. 69, comma 4, del codice penale, in relazione a un caso di rapina aggravata. La norma, impedendo al giudice di ritenere prevalenti le circostanze attenuanti sulla recidiva reiterata, rischia di portare a pene sproporzionate e contrarie alla finalità rieducativa, anche a fronte di fatti di lieve entità.

I Fatti del Caso: La Rapina e il Riconoscimento dell’Attenuante

Il caso trae origine dal ricorso di un individuo condannato per rapina aggravata. In fase di esecuzione della pena, il Tribunale ha riconosciuto in suo favore l’attenuante speciale prevista dall’art. 311 c.p., applicabile alla rapina grazie alla sentenza n. 86/2024 della Corte Costituzionale. Tale attenuante è concessa quando la violenza o la minaccia sono di minima gravità. Nel caso specifico, l’azione criminosa era consistita nel trattenere per le braccia la vittima su un autobus per sottrarle il portafogli, per una brevissima fase.

Tuttavia, al condannato era stata contestata e applicata anche l’aggravante della recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale (art. 99, comma 4, c.p.). Il giudice della cognizione aveva già operato un bilanciamento tra le attenuanti generiche e la recidiva, giudicandole equivalenti. A causa del divieto imposto dall’art. 69, comma 4, c.p., il giudice dell’esecuzione non ha potuto far prevalere la nuova e specifica attenuante della lieve entità sulla recidiva, lasciando di fatto la pena invariata.

La Decisione della Cassazione: Il Dubbio di Costituzionalità

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha ritenuto il ricorso fondato e ha deciso di sospendere il procedimento per sollevare una questione di legittimità costituzionale. Gli Ermellini hanno giudicato la questione “rilevante” e “non manifestamente infondata”.

È rilevante perché un’eventuale dichiarazione di incostituzionalità del divieto consentirebbe al giudice dell’esecuzione di ricalcolare la pena, operando un nuovo giudizio di bilanciamento che potrebbe portare a una riduzione della sanzione, rendendola più proporzionata alla reale gravità del fatto commesso.

È non manifestamente infondata perché la stessa Corte Costituzionale si è già espressa in numerose occasioni, dichiarando illegittimo il medesimo divieto in relazione a diverse altre attenuanti speciali, ritenendolo in contrasto con i principi di uguaglianza (art. 3 Cost.) e di proporzionalità e finalità rieducativa della pena (art. 27 Cost.).

Le Motivazioni: Perché il divieto di prevalenza attenuanti è problematico

Il cuore del ragionamento della Cassazione, che riprende le argomentazioni della Corte Costituzionale, si fonda sulla necessità che la pena sia sempre adeguata alla gravità concreta del reato. L’automatismo legislativo che impedisce al giudice di valutare la prevalenza di un’attenuante significativa, come quella della lieve entità del fatto, sulla recidiva qualificata, crea una rigidità incompatibile con la funzione del giudice di “personalizzare” la sanzione.

La norma finisce per trattare in modo uguale situazioni marcatamente diverse, accomunando condotte di minima offensività a episodi di ben altra gravità, solo perché l’autore è un recidivo qualificato. Questo meccanismo, secondo la Corte, vanifica la funzione mitigatrice dell’attenuante, che agisce come una “valvola di sicurezza” del sistema per evitare pene eccessivamente severe per fatti che, pur rientrando in una fattispecie grave come la rapina, presentano un disvalore concreto molto ridotto.

In sostanza, il divieto prevalenza attenuanti impedisce al giudice di commisurare la sanzione all’effettiva gravità del fatto, contrastando con la finalità rieducativa della pena e con la necessità di sanzionare in modo diverso situazioni differenti sul piano dell’offensività.

Le Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia

L’ordinanza della Cassazione apre la strada a un nuovo, probabile intervento della Corte Costituzionale. Se la Consulta dovesse accogliere la questione, dichiarando l’illegittimità dell’art. 69, comma 4, c.p. anche in relazione all’attenuante dell’art. 311 c.p. per il reato di rapina, i giudici avranno uno strumento in più per garantire la proporzionalità della pena. Potranno, infatti, valutare nel merito se la lieve entità di una rapina sia tale da prevalere sulla pericolosità sociale espressa dalla recidiva, riducendo la pena di conseguenza. Questa decisione rappresenterebbe un ulteriore passo verso un sistema penale meno rigido e più attento alla sostanza dei fatti, in linea con i principi fondamentali della nostra Costituzione.

Perché la concessione di una nuova attenuante non ha ridotto la pena del condannato?
La pena non è stata ridotta perché sul condannato gravava una recidiva qualificata (reiterata, specifica e infraquinquennale). L’articolo 69, comma 4, del codice penale, vieta che le circostanze attenuanti possano essere considerate prevalenti su questo tipo di recidiva, consentendo al massimo un giudizio di equivalenza. Poiché le attenuanti generiche erano già state giudicate equivalenti, l’aggiunta della nuova attenuante non ha potuto modificare il calcolo della pena.

Qual è il nucleo della questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Cassazione?
Il nucleo della questione è se il divieto assoluto per il giudice di far prevalere un’attenuante significativa (come quella per la lieve entità del fatto) sulla recidiva qualificata sia compatibile con la Costituzione. La Cassazione dubita che tale automatismo violi i principi di proporzionalità, uguaglianza e la finalità rieducativa della pena, poiché impedisce di adeguare la sanzione alla reale gravità del comportamento specifico.

Quali sono i principi costituzionali che potrebbero essere violati dal divieto di prevalenza delle attenuanti?
Secondo l’ordinanza, i principi costituzionali potenzialmente violati sono: l’articolo 3 (principio di uguaglianza e ragionevolezza), l’articolo 25 (principio di offensività) e l’articolo 27 (principio di proporzionalità e finalità rieducativa della pena). La norma, infatti, tratterebbe in modo irragionevolmente uguale situazioni diverse e imporrebbe una pena non proporzionata al disvalore del fatto, ostacolando il percorso rieducativo del condannato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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