Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 44257 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 44257 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a CROTONE il 29/04/1956
avverso la sentenza del 13/02/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo ’41VA/YZIAIV4’ro ..Ce·v2 4 a 4// o
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PROCEDIMENTO A TRATTAZIONE SCRITTA.
udito il difensore
RITENUTO IN FATTO E
NOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze del 13.2.2024, con la quale è stato condannato alla pena di un anno di reclusione per il delitto di cui all’art. 76, comma 2, d.lgs. 159/2011, per aver violato le prescrizioni del Questore di Pistoia venendo sorpreso in possesso di un telefono cellulare.
Denuncia il ricorrente violazione di legge in ordine all’interpretazione di detta norma incriminatrice, in quanto, dopo il deposito dell’atto di appello, la Corte costituzionale 20.12.2022 n. 2 (dep. 12.1.2023) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 4, d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159 nella parte in cui include i telefoni cellulari tra gli apparati di comunicazione radiotrasmittente di cui il Questore può vietare in tutto o in parte il possesso o l’utilizzo, sicché anche la giurisprudenza di legittimità (Sez. 1, n. 36865 del 4.7.2023, COGNOME, Rv. 285269), prendendo atto della pronuncia del giudice delle leggi, ha stabilito che non basta solo il possesso di un telefono cellulare per integrare il delitto per il quale è stato condannato l’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
1.1. Il vaglio preliminare della legittimità della condotta che viene contestata, ex art. 76, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011, deve essere effettuato alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 2-2023 del 20 dicembre 2022.
Con tale pronuncia, in particolare, la Corte costituzionale dichiarava l’illegittimità costituzionale «dell’art. 3, comma 4, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 , nella parte in cui include i telefoni cellulari tra g apparati di comunicazione radiotrasmittente di cui il questore può vietare, in tutto o in parte, il possesso o l’utilizzo».
La declaratoria di incostituzionalità interveniva sul primo periodo dell’art. 3, comma 4, d.lgs. 159 del 2011, che recitava: «Con l’avviso orale il questore, quando ricorrono le condizioni di cui al comma 3, può imporre alle persone che risultino definitivamente condannate per delitti non colposi il divieto di possedere o utilizzare, in tutto o in parte, qualsiasi apparato di comunicazione radiotrasmittente, radar e visori notturni » muoveva dall’assunto che la tutela della libertà e della segretezza della corrispondenza individuale, garantita dall’art. 15 Cost., estende la garanzia a ogni forma di comunicazione, aprendo il testo
costituzionale alle esigenze di tutela delle forme di comunicazione riservata più avanzata (Corte cost., sent. n. 2 del 2023).
Ne consegue che, laddove la disciplina del mezzo finisce per penetrare all’interno del nucleo essenziale del diritto, determina inevitabili ricadute restrittive sulla libertà di comunicazione tutelata dalla Costituzione.
Queste ricadute appaiono evidenti soprattutto nella materia delle misure di prevenzione, che sono finalizzate a consentire forme di controllo, rilevanti per il futuro, sulla pericolosità sociale di un determinato soggetto, ma non sono deputate alla punizione per le sue condotte pregresse (tra le altre, Corte cost., sent. n. 180 del 2022; Corte cost., sent. n. 100 del 1968).
Al contempo, la qualificazione della libertà di comunicazione come inviolabile implica che il suo contenuto essenziale non può subire restrizioni, se non in ragione della necessità di soddisfare un interesse pubblico costituzionalmente rilevante, a condizione che l’intervento limitativo posto in essere sia strettamente necessario alla tutela di quell’interesse e sia rispettata la duplice garanzia che la disciplina prevista risponda ai requisiti propri della riserva assoluta di legge e la misura limitativa sia disposta con atto motivato dell’autorità giudiziaria (tra le altre, Corte cost., sent. n. 24 del 2019; Corte cost., sent. n. 81 del 1993; Corte cost., n. 366 del 1991; Corte cost., sent. n. 2 del 156).
In altri termini, in presenza di misure di prevenzione che comportino restrizioni rispetto a diritti fondamentali della persona assistiti da una riserva assoluta di legge, l’intervento dell’autorità giudiziaria presenta connotazioni sostanziali e non meramente formali.
Il vaglio giurisdizionale, GLYPH infatti, GLYPH risulta associato alla garanzia del contraddittorio e alla possibile contestazione dei presupposti applicativi della misura di prevenzione, consentendo, in questo modo, il pieno dispiegarsi del diritto di difesa del prevenuto, che non è altrimenti comprimibile (tra le altre, Corte cost., sent. n. 177 del 1980; Corte cost., n. 53 del 1968).
Ne discende ulteriormente che la legittimità costituzionale delle misure di prevenzione limitative della libertà di comunicazione dell’individuo, protetta dall’art. 15 Cost., è necessariamente subordinata all’osservanza del principio di legalità e alla tutela delle garanzie giurisdizionali, che costituiscono due requisiti essenziali e, tra loro, intimamente connessi, essendo evidente che la mancanza dell’uno vanifica le esigenze di tutela dell’altro, la cui protezione, diversamente, finisce per assumere connotazioni meramente apparenti (tra le altre, Corte cost., n. 177 del 1980; Corte cost., sent. n. 177 del 1980; Corte cost., sent. n. 11 del 1956).
Pertanto, il divieto di possedere e di utilizzare un telefono mobile o cellulare da parte del soggetto destinatario di un avviso orale, ex art. 3, comma 4, d.lgs. 159 del 2011, come nel caso di .ba-FF&G-Q, si traduce in un limite alla libertà di comunicare e allo spazio vitale che circonda la persona, tenuto conto dell’universale diffusione di questo strumento di comunicazione, che investe ogni ambito dell’esistenza umana, riguardando la vita lavorativa, familiare e personale.
In questa cornice, la declaratoria di incostituzionalità dell’art. 3, comma 4, d.lgs. n. 159 del 2011 – nella parte in cui include i telefoni mobili o cellulari tra g apparati di comunicazione radiotrasmittente di cui il questore può vietare, in tutto o in parte, il possesso o l’utilizzo – comporta che l’eventuale misura limitativa deve essere disposta con provvedimento dell’autorità giudiziaria, atteso che il possesso e l’utilizzo di telefoni mobili o cellulari è assistito dalla garanzia costituzional dell’art. 15 Cost.
Il Questore, dunque, non può incidere con un atto amministrativo su una tale libertà, che, essendo espressione di un potere di natura discrezionale, non può incidere su un ambito individuale tutelato da una riserva di legge assoluta, che impone l’adozione di un provvedimento adottato dall’autorità giudiziaria (Corte cost., sent. n. 2 del 2023, cit.).
Né è influente, ai fini del rispetto della riserva di giurisdizione, l’eventuale previsione di un riesame del giudice, attivabile su iniziativa dell’interessato, rilevando, ai fini del rispetto della riserva di giurisdizione costituzionalmente imposta, esclusivamente la titolarità del potere di decidere, direttamente e definitivamente, l’adozione della misura.
Tutto questo comporta che la violazione del divieto di possedere o utilizzare telefoni cellulari imposto dal Questore, quale prescrizione dell’avviso orale, non costituisce una condotta illecita sanzionabile ai sensi dell’art. 76 d.lgs. n. 159 del 2011.
1.2. Ne discende conclusivamente che il comportamento posto in essere da COGNOME Salvatore, pur costituendo una violazione delle prescrizioni impostegli con l’avviso orale emesso nei suoi confronti dal Questore, ex art. 3, comma 4, d.lgs. 159 del 2011, non possiede connotazioni di illiceità, riguardando la violazione di un divieto che, nei termini esposti, riguarda una libertà individuale, afferente all’art. 15 Cost., tutelata da una riserva giurisdizionale imposta costituzionalmente’
2. Le considerazioni esposte impongono conclusivamente l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per l’insussistenza del fatto contestato all’imputato, posto che il divieto di tenere o usare telefoni cellulari può essere disposto solo con provvedimento dell’autorità giudiziaria (Sez. 1, n. 9653 del 5/10/2024, Rv. 285018).
All’accoglimento del ricorso consegue l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Così deciso il 22/10/2024.