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Divieto possesso cellulare: annullata condanna

La Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la condanna di un individuo per la violazione del divieto di possesso cellulare. Tale divieto era stato imposto con avviso orale del Questore. La decisione si fonda su una precedente sentenza della Corte Costituzionale (n. 2/2023), che ha dichiarato l’illegittimità di questa specifica misura di prevenzione. Secondo i giudici, il divieto amministrativo lede la libertà di comunicazione, diritto fondamentale che può essere limitato solo da un atto motivato dell’autorità giudiziaria e non da un provvedimento amministrativo. Di conseguenza, il fatto non costituisce più reato.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Il divieto di possesso cellulare imposto dal Questore è incostituzionale: la Cassazione annulla la condanna

Con la sentenza n. 9653 del 2024, la Corte di Cassazione ha affermato un principio di cruciale importanza per la tutela dei diritti fondamentali: il divieto di possesso cellulare, se imposto dal Questore tramite un semplice avviso orale, è illegittimo. Questa decisione, che ha portato all’annullamento di una condanna, si allinea a una precedente pronuncia della Corte Costituzionale, ridisegnando i confini tra le misure di prevenzione e la libertà di comunicazione.

I Fatti del Caso: dalla Condanna all’Annullamento

La vicenda giudiziaria ha origine da un controllo di polizia durante il quale un soggetto veniva trovato in possesso di un telefono cellulare. Tale possesso violava una prescrizione contenuta in un avviso orale emesso anni prima dal Questore, ai sensi dell’art. 3 del D.Lgs. 159/2011 (il cosiddetto Codice Antimafia).

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano confermato la colpevolezza dell’imputato per il reato previsto dall’art. 76, comma 2, dello stesso decreto, che punisce l’inosservanza delle prescrizioni dell’avviso orale. Tuttavia, la questione è giunta fino alla Suprema Corte, che ha ribaltato completamente l’esito del processo.

Il divieto di possesso cellulare e l’intervento della Corte Costituzionale

Il punto di svolta è rappresentato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 2 del 2023. Con tale pronuncia, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 4, del D.Lgs. 159/2011, proprio nella parte in cui includeva i telefoni cellulari tra gli apparati di comunicazione il cui possesso poteva essere vietato dal Questore.

La Corte Costituzionale ha evidenziato come il telefono cellulare sia ormai uno strumento di comunicazione universale, il cui utilizzo investe ogni aspetto della vita lavorativa, familiare e personale. Un divieto generalizzato imposto con un atto amministrativo, quale è l’avviso orale del Questore, rappresenta una limitazione sproporzionata della libertà di comunicazione, tutelata dall’art. 15 della Costituzione.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione, recependo integralmente i principi espressi dalla Consulta, ha sviluppato un ragionamento giuridico ineccepibile.

Libertà di Comunicazione vs. Misure di Prevenzione Amministrative

Il cuore della motivazione risiede nel bilanciamento tra l’esigenza di prevenzione della criminalità e la tutela di un diritto fondamentale inviolabile. I giudici hanno sottolineato che la libertà di comunicazione è assistita da una duplice garanzia costituzionale: una riserva assoluta di legge e una riserva di giurisdizione.

Questo significa che qualsiasi limitazione a tale libertà può essere imposta solo:
1. Nei casi previsti da una legge approvata dal Parlamento.
2. Con un atto motivato dell’autorità giudiziaria.

L’avviso orale del Questore è un atto amministrativo, espressione di un potere discrezionale, e non un provvedimento di un giudice. Pertanto, non possiede le garanzie necessarie per incidere su un diritto fondamentale come quello alla comunicazione.

Le Conclusioni: l’impatto della decisione

La Cassazione conclude che, a seguito della declaratoria di incostituzionalità, la condotta di possedere un telefono cellulare in violazione della prescrizione del Questore non è più prevista dalla legge come reato. La norma che prevedeva il divieto è stata espunta dall’ordinamento, facendo venir meno il presupposto stesso del reato contestato.

Di conseguenza, la sentenza di condanna è stata annullata senza rinvio “perché il fatto non è previsto dalla legge come reato”. Questa decisione ha un effetto retroattivo e si applica a tutti i casi simili, segnando un importante passo avanti nella protezione delle libertà individuali rispetto al potere amministrativo di prevenzione.

Può il Questore vietare il possesso di un telefono cellulare tramite un avviso orale?
No. A seguito della sentenza n. 2/2023 della Corte Costituzionale, la norma che conferiva tale potere al Questore (art. 3, comma 4, d.lgs. 159/2011) è stata dichiarata incostituzionale. La Corte di Cassazione ha confermato che tale divieto, essendo un atto amministrativo, non può limitare la libertà fondamentale di comunicazione.

Perché il divieto imposto dal Questore è stato ritenuto incostituzionale?
Perché la libertà di comunicazione, garantita dall’art. 15 della Costituzione, è protetta da una riserva di legge e di giurisdizione. Ciò significa che solo una legge può prevederne le limitazioni e solo un provvedimento motivato di un giudice può applicarle. Un atto amministrativo discrezionale come l’avviso orale del Questore non soddisfa questi requisiti.

Qual è la conseguenza per chi è stato condannato per aver violato questo divieto?
La conseguenza è che il fatto non è più considerato reato. La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di condanna senza rinvio, poiché la norma penale si basava su un precetto (il divieto del Questore) che è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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