Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 13028 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 13028 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/12/2023
SENTENZA
su ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a MESSINA il DATA_NASCITA
2V ,E rso l’ordinanza del 13/04/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di PERUGIA
LO Lu la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; 1 , 2tte le conclusioni del PG, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 13 aprile 2023, il Tribunale di sorveglianza di Perugia ha rigettato il reclamo proposto da NOME COGNOME avverso il provvedimento con cui il Magistrato di sorveglianza di Spoleto ha, a sua volta, disatteso I’ mpugnazione presentata dal condanNOME in relazione alla possibilità, negata dalla Direzione della Casa di reclusione in ossequio alle previsioni del Regolamento d’istituto, di indossare una felpa con cappuccio.
Ha orientato la decisione sul rilievo che la disposizione regolamentare, lungi dali’assumere connotazione ingiustificatamente discrimiNOMEria, risponde all’esigenza di identificare con prontezza i soggetti e di facilitare i controlli finalizzati ad impedire non consentite comunicazioni, anche non verbali, e non incide sul diritto alla salute del detenuto, abilitato ad utilizzare, in funzione di riparo dagli agenti atmosferici, altro tipo di indumenti, quali cappelli o sca Hda collo, dotati di equivalente attitudine protettiva.
NOME COGNOME propone, con l’assistenza dell’AVV_NOTAIO, ricorso per cassazione affidato ad un unico, articolato motivo, con il quale eccepisce violazione di legge ascrivendo al Tribunale di sorveglianza di avere indebitamente stimato la legittimità di una previsione che, non soddisfacendo alcuna esigenza di sicurezza o prevenzione, si risolve in una gratuita vessazione.
Segnala, in proposito, che egli aveva chiesto di utilizzare l’indumento esclusivamente durante l’ora d’aria, ovvero ín un frangente in cui si trova in cDrApagnia di soggetti appartenenti al suo gruppo di socialità e con i quali, quindi, egli è autorizzato a comunicare.
Rileva, ulteriormente, che il cappuccio della felpa determina ostacoli alla vigilanza analoghi a quelli che si presentano qualora in cui i detenuti indossino un cappello, in entrambi i casi restando scoperto il volto, ed è, comunque, più adatto rispetto a copricapo e scaldacollo non impermeabili – alla protezione da pioggia e vento.
Il Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria scritta, il rigetto del ricorso .
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, passibile di rigetto.
Il regime differenziato previsto dall’art. 41-bis, comma 2, legge 26 luglo 1975, n. 354 mira – secondo la ricostruzione operata dalla gfti’is rudenza, ordinaria e costituzionale (cfr., in particolare, le sentenze della Corte cost. nn. 186 del 2018 e 143 del 2013) – a contenere la per colosità di singoli detenuti, proiettata anche all’esterno del carcere, in particolare impedendo i collegamenti dei detenuti appartenenti alle ogan zazioni criminali tra loro e con i membri di queste che si trovino in liDertà: collegamenti che potrebbero realizzarsi attraverso i contatti con il mondo esterno che lo stesso ordinamento penitenziario normalmente favorisce, quali strumenti di reinserimento sociale.
L’applicazione del regime differenziato intende evitare, in particolare, ci( ·gi esponenti dell’organizzazione in stato di detenzione, sfruttando il reg:rne penitenziario normale, possano continuare ad impartire direttive agli affhiati in stato di libertà, e così mantenere, anche dall’interno del carcere, il controllo sulle attività delittuose dell’organizzazione stessa.
In questa prospettiva, il comma 2-quater dell’art. 41-bis, dopo aver p-e”,sta che il regime speciale comporta «l’adozione di misure di elevata s CL rezza interna ed esterna», finalizzate principalmente a «prevenire untat;t: con l’organizzazione criminale di appartenenza o di attuale riferimento» del detenuto o dell’interNOME, oltre che «contrasti con elementi di organizzazioni contrapposte, interazione con altri detenuti o internati apr artenenti alla medesima organizzazione ovvero ad altre ad essa alleate», elenca una serie di misure specifiche, costituenti il contenuto tipico e necessario del regime stesso.
Nel novero delle predette misure rientra, ai sensi della lettera n del urtma 2-quater, l’adozione di tutte le necessarie misure di sicurezza volte a gara’) e che sia assicurata la assoluta impossibilità di comunicare tra dnbìn appartenenti a diversi gruppi di socialità, obiettivo cui, dichiaratamente, tende la previsione regolamentare – contestata da NOME COGNOME con il reclamo e, quindi, con il ricorso per cassazione cie vieta ai detenuti sottoposti a regime differenziato di indossare indumenti cnr cappuccio.
Il vaglio della legittimità di tale disposizione deve essere compiuto alla luce dei parametri indicati dalla Corte costituzionale che, sin dalla sentenza n. 351 del 1996, ha individuato i limiti cui è soggetta l’applicazione del regnie detentivo differenziato ed affermato, in specie, che l’art. 41-bis, c 2-quater, consente la sospensione dell’applicazione di regole ed ÍS t:1We dell’ordinamento penitenziario che risultino in concreto contrasto con
:sigenze di ordine e sicurezza e che, di conseguenza, non possono disporsi misure che, a causa del loro contenuto, a quelle concrete esigenze non siano riconducibili poiché risulterebbero palesemente inidonee o incongrue rispetto alle fin -ita del provvedimento che assegna il detenuto al regime differenziato, e, quindi, non risponderebbero al fine per il quale la legge consente che esse siano al( , t;ate ed acquisterebbero, invece, un significato diverso, divenendo ingiustificate deroghe all’ordinario regime carcerario, con una portata puramente afflittiva non riconducibile alla funzione attribuita dalla legge al provvedimento ministeriale.
Delibato sulla base dei principi testé enunciati, il provvedimento impugNOME resiste senz’altro alle censure del ricorrente.
Il Tribunale di sorveglianza ha, invero, osservato che l’utilizzo di indumenti con cappuccio potrebbe rendere più difficile l’identificazione dei soggetti e c)stitiu re un ostacolo alla visione, dietro cui dar vita a comunicazioni vietate, di nn l j’a verbale e non, tra detenuti appartenenti a diversi gruppi di socialità.
Ha, d’altro canto, rilevato che la disposizione regolamentare de qua agitur non incide, affievolendone la tutela, sul diritto alla salute, che resta garantito dalla possibilità di indossare, in caso di necessità, cappelli o scaldacollo.
A fronte di un apparato argomentativo intrinsecamente coerente ed o sn.j J . OSO della lettera e dello spirito della norma, il ricorrente frappone o )iezioni che non valgono a mettere in dubbio la legittimità del provvedimento impugNOME.
Nel segnalare di avere chiesto di essere autorizzato ad indossare la felpa solo ai momento della fruizione dell’ora d’aria, in cui egli si accompagna ai soli deteri appartenenti al suo gruppo di socialità, ed in caso di maltempo, trascura cne le modalità da lui indicate renderebbero, comunque, più onerosa l’esecuzione dei compiti assegnati al personale preposto al controllo, avuto riguardo, tra l’altro: all’eventuale transito da aree di pertinenza comune a diversi gruppi di sc:.att::3; alla mutevolezza, anche improvvisa, delle condizioni climatiche; al c3r3ttere soggettivo della percezione del calore e del freddo.
Pr-ia dì pregio si palesa, analogamente, la doglianza che fa leva sulla pretesa assimilabilità, ai fini considerati, del cappuccio della felpa rispetto al cappello staccato dalla maglia, che trova smentita nella soluzione di continuità nel a copertura, esistente nel secondo e non anche nel primo, che garantisce la libera visione, anche da posizione posteriore, delle aree del collo, della mandibola, della bocca e delle guance che, invece, risultano, nell’altra ipotesi, almeno parzialmente coperte ed oscurate alla vista.
Pacifico che, GLYPH nell’ottica del diritto alla salute, GLYPH la GLYPH previsione regolamentare non comporta il benché minimo pregiudizio a chi ne è destinatario, deve, in conclusione, escludersene in radice il connotato di irgustificata, e sostanzialmente discrimiNOMEria, vessazione, costituendo essa, piuttosto, la risposta, conforme a canoni di proporzionalità e rag.onevolezza, ad esigenze di prevenzione e controllo obiettivamente apprezzabili.
Dal rigetto del ricorso discende la condanna di COGNOME al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616, comma 1, primo periodo, cod. proc. pen..
P.Q.M.
il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
Rigetta processuali. Così deciso il 20/12/2023.