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Divieto di rientro: ricorso inammissibile per i fatti

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per la violazione del divieto di rientro in un comune. L’imputato sosteneva che i giudici non avessero adeguatamente verificato la sua pericolosità sociale. La Corte ha stabilito che il ricorso mirava a una nuova valutazione dei fatti, compito precluso al giudice di legittimità, confermando che la motivazione della Corte d’Appello era logica e sufficiente. La violazione del divieto di rientro era stata accertata in una zona nota per lo spaccio.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Divieto di Rientro: la Cassazione ribadisce i limiti del ricorso

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato il tema del divieto di rientro e dei limiti del ricorso per cassazione. La pronuncia chiarisce un principio fondamentale del nostro ordinamento: la Suprema Corte non è un “terzo grado” di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti, ma un organo che vigila sulla corretta applicazione della legge. Analizziamo insieme questo caso per capire le implicazioni pratiche.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un individuo condannato in primo e secondo grado per aver violato l’articolo 76 del d.lgs. 159/2011 (Codice Antimafia). Nello specifico, l’uomo aveva trasgredito a un provvedimento del Questore che gli imponeva il divieto di rientro nel Comune di Milano. La Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la prima sentenza, rideterminando la pena in un mese e sette giorni di arresto, ma confermando la responsabilità penale. L’imputato era stato sorpreso in una zona della città notoriamente interessata dal fenomeno dello spaccio di sostanze stupefacenti, elemento che aveva rafforzato la valutazione sulla sua pericolosità.

Il Ricorso in Cassazione: i motivi dell’imputato

L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso in Cassazione lamentando due vizi principali:

1. Erronea applicazione della legge penale: Secondo la difesa, i giudici di merito non avrebbero verificato correttamente se l’imputato appartenesse a una delle categorie di soggetti socialmente pericolosi previste dalla legge.
2. Vizio di motivazione: La sentenza impugnata sarebbe stata carente nella parte in cui doveva dimostrare la sussistenza concreta della pericolosità sociale del soggetto.

In sostanza, la difesa chiedeva alla Corte di Cassazione di riesaminare gli elementi di fatto che avevano portato i giudici a confermare la legittimità del provvedimento del Questore e la conseguente condanna.

L’inammissibilità del ricorso per il divieto di rientro

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione principale risiede nella natura stessa del giudizio di legittimità. Il ricorso, secondo i giudici supremi, non denunciava reali errori di diritto, ma si fondava “sull’auspicio di una rivalutazione di elementi fattuali, preclusa in questa sede in quanto prerogativa esclusiva del giudizio di merito”. La Corte ha sottolineato come la motivazione della sentenza d’appello fosse dettagliata e congrua, sia riguardo all’elemento oggettivo (la presenza fisica in violazione del divieto) sia a quello soggettivo. I giudici di merito avevano correttamente evidenziato come il provvedimento del Questore fosse ben motivato, dato che l’imputato era stato trovato proprio in una zona nota per lo spaccio, in violazione del divieto di rientro.

La questione procedurale: la memoria tardiva

La Corte ha inoltre rilevato un aspetto procedurale importante. La difesa aveva depositato una memoria difensiva oltre il termine di quindici giorni previsto dall’art. 611 del codice di procedura penale. Tale memoria non poteva nemmeno essere considerata come “memoria di replica”, poiché questo tipo di atto è ammesso solo se la controparte ha già depositato una propria memoria. Essendo stata presentata tardivamente e in assenza di scritti avversari, la memoria è stata semplicemente ignorata dalla Corte.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Suprema Corte sono chiare e si basano su principi consolidati. Il ruolo della Cassazione non è quello di riesaminare le prove o di sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici di primo e secondo grado. Il suo compito è verificare che la legge sia stata interpretata e applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica, coerente e non contraddittoria. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva fornito argomentazioni “logiche e scevre da vizi giuridici”. Di fronte a una motivazione così solida, il ricorso dell’imputato si è risolto in un tentativo, destinato a fallire, di ottenere una nuova e diversa lettura del materiale probatorio.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un concetto cruciale per chiunque si approcci al sistema giudiziario: il ricorso per cassazione deve essere fondato su precise questioni di diritto. Non è possibile utilizzarlo come un’ulteriore opportunità per contestare l’accertamento dei fatti compiuto nei gradi di merito. La decisione sottolinea inoltre l’importanza del rispetto dei termini processuali, la cui inosservanza può portare all’impossibilità per il giudice di esaminare gli argomenti difensivi. Per i cittadini, ciò significa che la violazione di un provvedimento come il divieto di rientro viene valutata nel merito dai tribunali e, se la decisione è ben motivata, diventa molto difficile contestarla in sede di legittimità.

È possibile presentare un ricorso in Cassazione per chiedere di riesaminare le prove e i fatti del processo?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che il suo compito è valutare la corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità), non riesaminare i fatti (giudizio di merito). Un ricorso che chiede una rivalutazione degli elementi fattuali è considerato inammissibile.

Cosa succede se una memoria difensiva viene depositata oltre i termini previsti dalla legge nel giudizio di Cassazione?
Se una memoria viene presentata oltre il termine di quindici giorni prima dell’udienza, come previsto dall’art. 611 c.p.p., viene considerata tardiva e la Corte non ne terrà conto nella sua decisione.

Perché la condanna per la violazione del divieto di rientro è stata confermata in questo caso?
La condanna è stata confermata perché i giudici di merito hanno fornito una motivazione dettagliata e logica, evidenziando che l’imputato si trovava nel comune vietato, in una zona notoriamente interessata dallo spaccio, rendendo congrua la valutazione di pericolosità alla base del provvedimento del Questore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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