Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 14041 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 14041 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/03/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato a Mistretta il 24 Aprile 1986 avverso la sentenza resa il 14 novembre 2024 dalla Corte di appello di Messina visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso. Lette le conclusioni trasmesse dall’avvocato NOME COGNOME procuratore speciale del Comune di Pettineo, parte civile che ha chiesto la conferma della sentenza impugnata, anche in relazione alle statuizioni civili. Lette le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME che, replicando alle conclusioni del pubbli ministero, ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Messina, pronunciando in sede di rinvio dalla Corte di Cassazione, in parziale riforma della sentenza resa dal Tribunale di Patti il 7 Apri 2022, ha confermato la responsabilità dell’imputato in ordine al reato di peculato e ha escluso l’aggravante prevista dall’art. 61 n. 7 cod.pen. rideterminando per l’effetto la pena inflitta.
Con la sentenza rescindente resa il 6 Marzo 2023 la Corte di Cassazione aveva dichiarato estinte le condotte di peculato commesse mensilmente sino al 4 ottobre 2010, per intervenuta prescrizione, e nel confermare la responsabilità del Votrico per il delitto continuato di pecula commesso dal 5 ottobre 2010 sino al 13 novembre 2013, aveva annullato con rinvio la sentenza di appello in relazione al riconoscimento dell’aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità, sebbene ritenuta subvalente rispetto alle concesse attenuanti generiche, poiché la stessa era stata riconosciuta facendo riferimento al danno complessivamente causato dalle plurime violazioni, unificate dal vincolo della continuazione, mentre avrebbe dovuto essere operata in relazione al danno cagionato da ogni singola condotta di peculato.
2.Avverso la sentenza di appello resa all’esito del giudizio di rinvio propone ricorso l’imputat tramite il suo difensore di fiducia, deducendo:
Violazione dell’art. 597 commi 3 e 4 cod.proc.pen. poiché la prima sentenza di appello, poi annullata, aveva determinato la pena base in anni tre mesi sei di reclusione, riducendola di un terzo per le attenuanti generiche e aumentandola di sei mesi per la continuazione. La seconda sentenza di appello all’esito del giudizio di rinvio ha determinato la pena base in anni tre e mes tre di reclusione, l’ha ridotta di un terzo ad anni due e mesi due e aumentata di mesi quattro per la continuazione interna. Così facendo la Corte di rinvio ha aggravato la pena già stabilit dal Tribunale, che aveva applicato la pena base di anni tre di reclusione, in assenza di impugnazione da parte del pubblico ministero.
Osserva inoltre il ricorrente che a seguito della introduzione della previsione contenuta nell’ar 597 comma 4 cod.proc.pen. il divieto di reformatio in pejus si riferisce non soltanto al risultato finale del trattamento sanzionatorio, ma a tutte le componenti del calcolo.
Nel caso in esame invece la Corte di appello di Messina, dopo aver escluso l’aggravante ritenuta sussistente in primo grado, ha aumentato la pena base già inflitta dal Tribunale di tre mesi di reclusione e ha applicato un ulteriore aumento per la continuazione interna.
Osserva il ricorrente che la erronea interpretazione della richiamata previsione normativa dell’art. 597 cod.proc.pen. comporta una sanzione illegale e la violazione del disposto dell’articolo 7 Cedu, la cui inosservanza può essere rilevata anche d’ufficio in forza degli obblig internazionali a cui il giudice nazionale è vincolato ex articolo 117 Cost. .
Alla stregua di quanto esposto la maggiorazione della pena base stabilita dalla sentenza di secondo grado rispetto alla pronunzia di primo grado e l’aumento sanzionatorio dovuto al riconoscimento della continuazione interna vanno ritenute illegittimi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile poichè l’unica censura formulata non è consentita.
Dalla lettura della sentenza di primo grado emerge che l’imputato era stato condannato alla pena finale di anni quattro di reclusione, tenendo conto dell’aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità e della continuazione, con diniego delle circostanze attenuanti generiche. La Corte di appello con la prima sentenza, poi annullata, aveva riconosciuto le attenuanti generiche come prevalenti sull’aggravante di cui all’art. 61.n7 cod.pen. e aveva ridotto la pena complessivamente inflitta, determinandola in anni due e mesi dieci di reclusione, specificando, nell’ambito di questo risultato finale, che la pena base era di anni tre mesi sei di reclusion ridotta ad anni due e mesi quattro per le attenuanti generiche e aumentata di mesi sei per la continuazione.
La pena così determinata non è stata oggetto di doglianza con il primo ricorso per cassazione, con il quale sono state sollevate censure in ordine alla prova, al giudizio di colpevolezza, a attenuanti generiche (già concesse dalla Corte) e all’intervenuta prescrizione.
E’ noto che la sentenza di Cassazione copre il dedotto e il deducibile e pertanto il ricorrente no può proporre in questa sede censure in ordine alla determinazione della pena che non abbia sollevato nei gradi precedenti.
Ne consegue che il trattamento sanzionatorio, come precisato nella prima sentenza di appello, non essendo stata oggetto di censura con il primo ricorso, non può esserlo con l’odierna impugnazione.
Peraltro, come correttamente osservato dalla sentenza impugnata, l’esclusione dell’aggravante non ha avuto alcuna concreta incidenza sulla determinazione della pena, poiché già la sentenza di appello annullata aveva riconosciuto le circostanze attenuanti generiche come prevalenti, e in forza di questo beneficio aveva operato la riduzione di un terzo , e la sentenza di rinv rispetto a quella di primo grado ha correttamente ridotto sia la pena base che l’aumento della continuazione, in ragione dell’intervenuta prescrizione di alcune condotte.
In conclusione deve ritenersi che la censura proposta dalla difesa è preclusa ed è comunque manifestamente infondata poiché la sentenza impugnata ha correttamente operato le riduzioni dovute sulla base di quanto già precisato dalla prima sentenza di appello.
2.L’inammissibilità del ricorso impone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
L’istanza avanzata dalla parte civile costituita diretta alla condanna del ricorrente alla rifus delle spese processuali dalla stessa sostenute in questo grado di giudizio deve essere respinta, poiché la censura formulata con l’odierno ricorso non riguardava il giudizio di responsabilità le statuizioni civili ma solo il trattamento sanzionatorio e il Comune di Pettineo non aveva alcu interesse a partecipare al giudizio, non derivando dalla questione dedotta dal ricorrente alcuna conseguenza sulle decisioni in ordine al risarcimento del danno.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende. Rigetta la richiesta di
liquidazione delle spese della parte civile eomune di COGNOME in persona del sindaco pro tempore.
Roma 6 marzo 2025
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presi .-nte