Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 4945 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 4945 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MILAZZO il 30/03/1980
avverso la sentenza del 18/10/2024 della CORTE di APPELLO di MESSINA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria con cui il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso chiedendo che la Corte di cassazione annulli senza rinvio la sentenza impugnata nella parte relativa al trattamento sanzionatorio, rideterminandolo con la eliminazione dell’aumento di pena originariamente applicato per il reato di cui al capo 2).
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto in data 9 maggio 2023, NOME NOME COGNOME fu condannato alla pena di 11 mesi di reclusione e di 250,00 euro di multa in quanto riconosciuto colpevole, con le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti contestate, dei reati, uniti dal vincolo della continuazione, di cui agli artt. 56-624 e 625, primo comma, nn. 2 e 7, cod. pen., per tentato furto aggravato dall’avere usato violenza sul portone d’ingresso secondario a un’abitazione, esposto per necessità e destinazione alla pubblica fede (capo 1); nonché di cui agli artt. 635, secondo comma, n. 1, in relazione all’art. 625, n. 7, cod. pen., per avere danneggiato la porta di accesso secondario alla stessa abitazione (capo 2); fatti accertati in Santa Lucia del Mela in data 11 gennaio 2021.
Con sentenza in data 18 ottobre 2024, la Corte di appello di Messina, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha riqualificato il delitto contestato al capo 1) ai sensi degli artt. 56 e 624-bis cod. pen. e ha dichiarato in esso assorbito il reato di cui al capo 2), con conferma, nel resto, delle precedenti statuizioni. Peraltro, considerato che il fatto contestato al capo 1) doveva essere qualificato come tentativo punibile di furto in abitazione ex artt. 56 e 624-bis cod. pen. e che, conseguentemente, la pena inflitta appariva ben inferiore a quella applicabile, la Corte territoriale ha ritenuto che essa fosse «del tutto insuscettibile di alcuna revisione al ribasso».
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione lo stesso COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME deducendo, con un unico motivo di impugnazione, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 597 cod. proc. pen. Nel dettaglio, il ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., che la sentenza impugnata abbia violato il divieto di reformatio in pejus per avere ritenuto assorbito il delitto di cui al capo 2) in quello contestato al capo 1) senza però procedere alla corrispondente riduzione della pena applicata in aumento, a titolo di continuazione, per il delitto contestato al capo 2).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati.
Va premesso che, come condivisibilmente posto in luce dal Procuratore generale in sede di requisitoria scritta, l’attribuzione all’esito del giudizio di appello, pur in assenza di una richiesta del pubblico ministero, al fatto contestato di una qualificazione giuridica diversa da quella enunciata nell’imputazione non determina la violazione dell’art. 521 cod. proc. pen., neanche per effetto di una lettura della disposizione alla luce dell’art. 111, secondo comma, Cost., e dell’art. 6 della Convenzione EDU come interpretato dalla Corte europea, qualora la nuova definizione del reato fosse nota o, comunque, prevedibile per l’imputato e non abbia determinato, in concreto, una lesione dei diritti della difesa derivante dai profili di novità che da quel mutamento scaturiscono (Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, COGNOME, Rv. 264438 – 01; Sez. 3, n. 9457 del 19/01/2024, E., Rv. 286026 – 01). Deve, dunque, ritenersi corretta la avvenuta riqualificazione del fatto contestato al capo 1) nella più grave fattispecie di tentato furto in abitazione aggravato.
Nondimeno, nel caso in cui vi sia stata l’impugnazione del solo imputato, il Giudice dell’appello non può riformare la sentenza di primo grado applicando un trattamento sanzionatorio più grave di quello disposto dal provvedimento impugnato. Infatti, l’art. 597, comma, cod. proc. pen. stabilisce che «quando appellante è il solo imputato, il giudice non può irrogare una pena più grave per specie o quantità»; sicché nel caso in cui sia stata data al fatto una definizione giuridica più grave, la pena inflitta deve essere pari o inferiore a quella stabilita dal primo giudice in relazione ad esso.
E’, inoltre, principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che il divieto di reformatio in peius non riguarda solo l’entità complessiva della pena, ma tutti gli elementi autonomi che concorrono alla sua determinazione (Sez. U, n. 40910 del 27/09/2005, NOME COGNOME Rv. 232066 – 01), riguardando, quindi, anche l’aumento conseguente al riconoscimento della continuazione (Sez. 2, n. 6043 del 16/12/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282628 – 02). Conseguentemente è stato anche ritenuto che vi sia violazione di tale divieto anche nel caso in cui, in presenza di impugnazione da parte del solo imputato di una sentenza di condanna pronunciata per più reati unificati dal vincolo della continuazione, non si diminuisca l’entità della pena originariamente inflitta pur pronunciandosi l’assoluzione per un reato-satellite (Sez. 5, n. 31998 del 06/03/2018, COGNOME, Rv. 273570 – 01; Sez. 3, n. 17731 del 15/02/2018, COGNOME, Rv. 272779 – 01; Sez. 5, n. 50083 del 29/09/2017, COGNOME, Rv. 271626 – 01; Sez. 3, n. 17113 del 16/12/2014, dep. 2015, C., Rv. 263387 – 01; Sez. 3, n. 38084 del 23/06/2009, Riggio, Rv. 244961 – 01).
Orbene, nel caso in esame il Giudice di appello, pur in presenza dell’impugnazione del solo COGNOME, ha realizzato una modifica in peius del trattamento sanzionatorio stabilito dal primo Giudice, il quale, da un lato, ha riqualificato il fatto contestato al capo 1) ai sensi degli artt. 56 e 624-bis cod. pen. e ha dichiarato in esso assorbito il reato di cui al capo 2); e, dall’altro lato, ha lasciato invariata la pena finale applicata nel giudizio di primo grado, che era comprensiva dell’aumento di pena per la continuazione tra il primo reato e quello di cui al capo 2). E in questo modo ha finito per realizzare un aggravamento del trattamento che era stato stabilito in primo grado.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto, sicché la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente alla GLYPH parte GLYPH del GLYPH trattamento GLYPH sanzionatorio GLYPH corrispondente GLYPH all’aumento originariamente applicato per il reato di cui al capo 2), disponendosi l’eliminazione della relativa pena, pari a 3 mesi di reclusione e 50 euro di multa, ai sensi dell’art. 620, comma 1, lett. I), cod. proc. pen. (cfr. Sez. 3, n. 2011 del 22/10/2014, dep. 2015, Rv. 261598 – 01), con rideterminazione della pena finale in 8 mesi di reclusione e in 200 euro di multa.
PER QUESTI MOTIVI
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e ridetermina la pena in otto mesi di reclusione e duecento euro dì multa.
Così deciso in data 22 gennaio 2025
Il Consigliere estensore