Divieto di Reformatio in Peius: Quando la Pena Resta Invariata Nonostante le Attenuanti
Il divieto di reformatio in peius è un cardine del nostro sistema processuale penale, posto a garanzia dell’imputato che decide di impugnare una sentenza. Questo principio stabilisce che la sua posizione non può essere peggiorata a seguito del suo solo appello. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 46898/2024, offre un importante chiarimento su come questo principio si applichi in casi complessi, come quelli riguardanti il reato in continuazione e il riconoscimento di nuove circostanze attenuanti in appello.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da un giudizio di rinvio, in cui la Corte d’Assise d’Appello era chiamata a rideterminare la pena per un imputato. Nonostante il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche come prevalenti sulle aggravanti, un elemento che di norma dovrebbe portare a una riduzione della pena, la Corte ha quantificato la sanzione nella stessa misura decisa dal giudice di primo grado. L’imputato ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando una violazione sostanziale del divieto di reformatio in peius, sostenendo che il riconoscimento di una situazione a lui più favorevole (le attenuanti prevalenti) avrebbe dovuto necessariamente tradursi in una pena inferiore.
Il Principio del Divieto di Reformatio in Peius e la Motivazione del Giudice
Il ricorrente ha basato la sua doglianza su un consolidato principio giurisprudenziale secondo cui, quando il giudice d’appello accoglie un motivo di gravame del solo imputato e riconosce un’attenuante prima negata, è tenuto a ridurre la pena complessiva. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile, evidenziando un aspetto cruciale: l’onere motivazionale del giudice.
La Suprema Corte ha osservato che il giudice d’appello, nel determinare la pena, aveva fatto specifico riferimento alla ‘personalità dell’imputato’, ritenendo la sanzione, sebbene invariata nella quantità, adeguata ai fatti contestati. Secondo gli Ermellini, questa motivazione, seppur sintetica, è sufficiente a giustificare la decisione e a escludere la violazione del divieto di reformatio in peius.
Le Motivazioni della Cassazione
La Corte ha spiegato che il riconoscimento di una circostanza attenuante non comporta un automatico e matematico ‘sconto’ di pena. Il giudice conserva un potere discrezionale nel quantificare la sanzione finale, purché la sua decisione sia supportata da una motivazione congrua e logica. Nel caso di specie, il riferimento alla personalità del reo è stato considerato un elemento valido per bilanciare gli effetti del riconoscimento delle attenuanti e per confermare la pena originaria come equa.
In sostanza, il giudice ha assolto al proprio dovere motivazionale, spiegando perché, nonostante un quadro circostanziale più favorevole all’imputato, la pena non dovesse essere ridotta. La decisione di appello, quindi, non ha peggiorato la posizione del ricorrente, ma l’ha semplicemente mantenuta invariata sulla base di una valutazione di merito che la Cassazione non può sindacare se logicamente motivata.
Conclusioni
L’ordinanza n. 46898/2024 ribadisce un punto fondamentale: il divieto di reformatio in peius protegge l’imputato da un peggioramento della sua condanna, ma non garantisce automaticamente un miglioramento, anche in presenza di nuovi elementi favorevoli. La discrezionalità del giudice nel determinare la pena rimane ampia, a condizione che sia esercitata attraverso una motivazione che dia conto delle ragioni della decisione. Questo principio assicura che la pena sia sempre adeguata non solo agli elementi oggettivi del reato, ma anche a quelli soggettivi, come la personalità dell’imputato, garantendo un equilibrio tra diritti della difesa e necessità di giustizia.
Se in appello mi vengono riconosciute delle attenuanti, la pena deve per forza diminuire?
No, non necessariamente. La Corte di Cassazione ha chiarito che il giudice d’appello può confermare la pena precedente se fornisce una motivazione adeguata, ad esempio facendo riferimento alla personalità dell’imputato, che giustifichi la congruità della sanzione.
In cosa consiste il divieto di ‘reformatio in peius’?
È un principio fondamentale secondo cui un imputato che presenta appello non può ricevere una sentenza peggiore (una pena più severa) rispetto a quella del giudizio di primo grado, a meno che non ci sia anche un appello da parte del pubblico ministero.
Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la Corte ha ritenuto che il giudice d’appello avesse correttamente motivato la sua decisione sulla pena, assolvendo al proprio onere motivazionale e, di conseguenza, non violando il principio del divieto di ‘reformatio in peius’.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46898 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46898 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DI NOME COGNOME nato a SANTA NOME COGNOME VETERE il 14/02/1975
avverso la sentenza del 27/05/2024 della CORTE RAGIONE_SOCIALE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Visti gli atti e la sentenza in epigrafe con la quale, all’esito del giudizio d rinvio, è stata rideterminata la pena per il reato in continuazione nella stessa misura che era stata determinata dal giudice di primo grado;
letto il ricorso con il quale è stato eccepita la sostanziale violazione del principio del divieto di reformatio in peius in quanto la quantificazione della pena per il reato in continuazione è avvenuta, nonostante il successivo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti e, dunque della minore gravità complessiva del fatto oggetto del processo;
rilevato che:
effettivamente, come sostenuto dal ricorrente, rileva il principio per cui «in tema di divieto di “reformatio in peius”, il giudice di appello che, accogliendo il motivo di gravame proposto dal solo imputato riguardante una regiudicanda integrata da più reati unificati dal vincolo della continuazione, riconosca l’esistenza di un’attenuante in precedenza negata e influente sia sulla pena base che su altri elementi rilevanti per il calcolo, è tenuto a ridurre la pena complessivamente inflitta con riferimento al reato base e ai reati satelliti, salvo che per questi ultimi sia confermato, con adeguata motivazione, l’aumento in precedenza disposto e a condizione che il risultato finale dell’operazione implichi l’irrogazione di una pena complessiva corrispondentemente diminuita rispetto a quella irrogata in precedenza» (Sez. 3 , n. 20276 del 21/02/2023, M., Rv. 284754);
nella determinazione della pena anche per il reato in continuazione il giudice, nella sentenza impugnata, ha fatto riferimento alla personalità dell’imputato ritenendo, così, la pena adeguata ai fatti;
in tal modo, il giudice ha assolto al proprio onere motivazionale e non è incorso, stante il principio richiamato, in alcuna violazione del divieto di reformatio in peius, pur avendo quantificato la pena in continuazione nella stessa misura del giudice di primo grado;
considerato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 14/11/2024