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Divieto di reformatio in peius e pena in appello

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza d’appello che aveva erroneamente aumentato la pena per la recidiva. Il caso riguardava un tentato furto, per cui il giudice di primo grado aveva bilanciato la recidiva con le attenuanti generiche. La Corte d’Appello, riformando la pena, aveva applicato un aumento per la recidiva. La Cassazione ha stabilito che tale aumento violava il divieto di reformatio in peius, poiché in assenza di impugnazione del PM, il giudizio di equivalenza del primo grado non poteva essere modificato a svantaggio dell’imputato. La pena è stata quindi rideterminata escludendo l’aumento.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Divieto di Reformatio in Peius: La Cassazione Annulla l’Aumento di Pena in Appello

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 18825 del 2024, riafferma un principio cardine del nostro ordinamento processuale: il divieto di reformatio in peius. Questo principio tutela l’imputato che decide di impugnare una sentenza, garantendo che la sua posizione non possa essere peggiorata dal giudice dell’appello, a meno che non vi sia anche un’impugnazione da parte del pubblico ministero. Il caso in esame offre un chiaro esempio di applicazione di questa regola fondamentale.

La Vicenda Processuale

Il percorso giudiziario ha inizio con la condanna in primo grado da parte del Tribunale di Reggio Emilia per il reato di tentato furto in abitazione. In quella sede, il giudice aveva condannato l’imputata a una pena di due anni di reclusione e 620 euro di multa. Un dettaglio fondamentale di questa prima decisione era il cosiddetto ‘giudizio di equivalenza’: il giudice aveva ritenuto che le circostanze attenuanti generiche concesse all’imputata avessero lo stesso peso della recidiva reiterata, annullandone di fatto l’effetto di aggravamento della pena.

Successivamente, la Corte d’Appello di Bologna, investita dell’impugnazione della sola imputata, ha rideterminato la sanzione. Sebbene la pena finale fosse inferiore (un anno e tre mesi di reclusione e 500 euro di multa), la Corte ha commesso un errore procedurale. Ha individuato una pena base di nove mesi e 300 euro, ma l’ha poi aumentata di due terzi proprio per la recidiva, ignorando il precedente giudizio di equivalenza.

L’Errore della Corte d’Appello e il Divieto di Reformatio in Peius

Il ricorso in Cassazione si è fondato proprio su questo punto. L’avvocato difensore ha sostenuto che la Corte d’Appello avesse violato l’articolo 597, comma 3, del codice di procedura penale. Questo articolo stabilisce che, se a impugnare la sentenza è solo l’imputato, il giudice dell’appello non può applicare una pena più grave per specie o quantità.

Il Ruolo del Giudizio di Equivalenza

Il nodo della questione risiede nel giudizio di equivalenza formulato in primo grado. Quella decisione, non essendo stata impugnata dal Pubblico Ministero, era diventata un punto fermo del processo. La Corte d’Appello, quindi, non aveva il potere di ‘neutralizzare’ quella valutazione e applicare l’aumento per la recidiva. Agendo in tal modo, ha di fatto peggiorato un aspetto della decisione a svantaggio dell’imputata, violando il divieto di reformatio in peius.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso fondato. Ha spiegato che l’aumento di pena per la recidiva operato dalla Corte d’Appello era illegittimo. Il giudice di primo grado aveva ritenuto equivalenti la recidiva e le circostanze attenuanti generiche; in assenza di un’impugnazione del PM su questo specifico punto, il giudizio di equivalenza non poteva essere rimesso in discussione a danno dell’appellante. Pertanto, la Corte d’Appello avrebbe dovuto calcolare la pena senza applicare alcun aumento per la recidiva.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata senza rinvio, limitatamente all’aumento di pena per la recidiva. Ha quindi rideterminato direttamente la pena finale in nove mesi di reclusione e 300 euro di multa. Questa decisione rafforza la garanzia processuale del divieto di reformatio in peius, assicurando che l’imputato possa esercitare il proprio diritto di impugnazione senza temere un ingiustificato peggioramento della sua posizione su punti non contestati dall’accusa.

Perché la sentenza della Corte d’Appello è stata considerata errata?
La sentenza è stata considerata errata perché ha applicato un aumento di pena per la recidiva, nonostante il giudice di primo grado avesse già stabilito un giudizio di equivalenza tra la recidiva stessa e le circostanze attenuanti generiche. Tale giudizio non era stato impugnato dal Pubblico Ministero.

Cosa significa ‘divieto di reformatio in peius’ in questo caso specifico?
Significa che la Corte d’Appello, decidendo sul solo ricorso dell’imputato, non poteva peggiorare la sua posizione annullando il giudizio di equivalenza e applicando un aumento di pena per la recidiva. La valutazione favorevole del primo giudice non poteva essere rimossa a suo svantaggio.

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione?
La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza d’appello limitatamente all’aumento di pena e ha rideterminato la sanzione finale in nove mesi di reclusione e 300 euro di multa, eliminando di fatto l’aumento illegittimo per la recidiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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