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Divieto di prevalenza attenuanti: il caso della recidiva

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio. Si contestava il mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti. La Corte ribadisce il divieto di prevalenza attenuanti quando sussiste la recidiva qualificata, rendendo il ricorso manifestamente infondato.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Divieto di Prevalenza Attenuanti: la Recidiva Qualificata Blocca i Benefici

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione, Sezione Penale, affronta un tema cruciale nel diritto penale: il bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti. In particolare, chiarisce l’applicazione del divieto di prevalenza attenuanti in presenza di una specifica forma di recidiva, confermando un principio normativo inderogabile. La decisione sottolinea come il comportamento collaborativo dell’imputato non possa superare un ostacolo legislativo così netto, portando alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dal ricorso presentato da un imputato, condannato dalla Corte d’Appello di Bari per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti, previsto dall’art. 73 del d.P.R. 309/1990. L’imputato lamentava la mancata concessione della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulle aggravanti contestate. A sostegno della sua richiesta, evidenziava il proprio comportamento collaborativo, ritenuto meritevole di un trattamento sanzionatorio più mite.

La difesa sosteneva che la motivazione della Corte territoriale fosse errata nel negare il giudizio di prevalenza, che avrebbe comportato una riduzione della pena inflitta.

La Decisione della Corte e il Divieto di Prevalenza Attenuanti

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, definendolo “manifestamente infondato”. Il cuore della decisione risiede nell’applicazione rigida del combinato disposto degli articoli 69, comma 4, e 99, comma 4, del codice penale.

I giudici hanno rilevato che all’imputato era stata correttamente contestata e ritenuta la recidiva qualificata ai sensi dell’art. 99, comma 4, cod. pen. Questa specifica forma di recidiva innesca un meccanismo legale automatico che blocca la discrezionalità del giudice nel bilanciamento delle circostanze.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte è lapidaria e si fonda su un puro dato normativo. L’articolo 69, comma 4, del codice penale stabilisce esplicitamente che, in presenza della recidiva di cui all’articolo 99, comma 4, è vietato al giudice dichiarare la prevalenza delle circostanze attenuanti sulle aggravanti.

Questo significa che, anche di fronte a elementi positivi come la collaborazione dell’imputato, il peso della recidiva qualificata è considerato dal legislatore talmente rilevante da impedire qualsiasi valutazione comparativa a favore del reo. La norma non lascia spazio a interpretazioni: il giudice può al massimo dichiarare le circostanze equivalenti, ma mai le attenuanti prevalenti. Il ricorso, pertanto, non aveva alcuna possibilità di essere accolto perché si scontrava con un divieto di prevalenza attenuanti esplicito e insuperabile.

Le Conclusioni

L’ordinanza riafferma un principio fondamentale del nostro ordinamento penale: la valutazione sulla pericolosità sociale del soggetto che reitera determinate tipologie di reati, cristallizzata nella recidiva qualificata, ha un’incidenza diretta e vincolante sul trattamento sanzionatorio. La decisione serve da monito: la richiesta di applicazione di benefici, come la prevalenza delle attenuanti, deve sempre fare i conti con i limiti posti dalla legge. In casi come questo, il percorso processuale si arresta di fronte alla manifesta infondatezza, con la conseguenza per il ricorrente non solo della conferma della condanna, ma anche dell’addebito delle spese processuali e del pagamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato perché la legge, in particolare l’art. 69, comma 4, del codice penale, vieta espressamente di concedere la prevalenza delle circostanze attenuanti quando all’imputato è contestata la recidiva qualificata prevista dall’art. 99, comma 4, cod. pen.

Il comportamento collaborativo dell’imputato può portare a uno sconto di pena in caso di recidiva qualificata?
Anche se il comportamento collaborativo è una circostanza attenuante, in presenza della recidiva ex art. 99, comma 4, cod. pen., non può essere considerato prevalente sulle circostanze aggravanti. Al massimo, il giudice può giudicare le circostanze equivalenti, ma non può applicare la riduzione di pena derivante dalla prevalenza.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della decisione?
Oltre alla conferma della sentenza di condanna, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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