Divieto di Prevalenza Attenuanti: la Recidiva Qualificata Blocca i Benefici
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione, Sezione Penale, affronta un tema cruciale nel diritto penale: il bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti. In particolare, chiarisce l’applicazione del divieto di prevalenza attenuanti in presenza di una specifica forma di recidiva, confermando un principio normativo inderogabile. La decisione sottolinea come il comportamento collaborativo dell’imputato non possa superare un ostacolo legislativo così netto, portando alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
I Fatti di Causa
Il caso nasce dal ricorso presentato da un imputato, condannato dalla Corte d’Appello di Bari per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti, previsto dall’art. 73 del d.P.R. 309/1990. L’imputato lamentava la mancata concessione della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulle aggravanti contestate. A sostegno della sua richiesta, evidenziava il proprio comportamento collaborativo, ritenuto meritevole di un trattamento sanzionatorio più mite.
La difesa sosteneva che la motivazione della Corte territoriale fosse errata nel negare il giudizio di prevalenza, che avrebbe comportato una riduzione della pena inflitta.
La Decisione della Corte e il Divieto di Prevalenza Attenuanti
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, definendolo “manifestamente infondato”. Il cuore della decisione risiede nell’applicazione rigida del combinato disposto degli articoli 69, comma 4, e 99, comma 4, del codice penale.
I giudici hanno rilevato che all’imputato era stata correttamente contestata e ritenuta la recidiva qualificata ai sensi dell’art. 99, comma 4, cod. pen. Questa specifica forma di recidiva innesca un meccanismo legale automatico che blocca la discrezionalità del giudice nel bilanciamento delle circostanze.
Le Motivazioni
La motivazione della Suprema Corte è lapidaria e si fonda su un puro dato normativo. L’articolo 69, comma 4, del codice penale stabilisce esplicitamente che, in presenza della recidiva di cui all’articolo 99, comma 4, è vietato al giudice dichiarare la prevalenza delle circostanze attenuanti sulle aggravanti.
Questo significa che, anche di fronte a elementi positivi come la collaborazione dell’imputato, il peso della recidiva qualificata è considerato dal legislatore talmente rilevante da impedire qualsiasi valutazione comparativa a favore del reo. La norma non lascia spazio a interpretazioni: il giudice può al massimo dichiarare le circostanze equivalenti, ma mai le attenuanti prevalenti. Il ricorso, pertanto, non aveva alcuna possibilità di essere accolto perché si scontrava con un divieto di prevalenza attenuanti esplicito e insuperabile.
Le Conclusioni
L’ordinanza riafferma un principio fondamentale del nostro ordinamento penale: la valutazione sulla pericolosità sociale del soggetto che reitera determinate tipologie di reati, cristallizzata nella recidiva qualificata, ha un’incidenza diretta e vincolante sul trattamento sanzionatorio. La decisione serve da monito: la richiesta di applicazione di benefici, come la prevalenza delle attenuanti, deve sempre fare i conti con i limiti posti dalla legge. In casi come questo, il percorso processuale si arresta di fronte alla manifesta infondatezza, con la conseguenza per il ricorrente non solo della conferma della condanna, ma anche dell’addebito delle spese processuali e del pagamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato perché la legge, in particolare l’art. 69, comma 4, del codice penale, vieta espressamente di concedere la prevalenza delle circostanze attenuanti quando all’imputato è contestata la recidiva qualificata prevista dall’art. 99, comma 4, cod. pen.
Il comportamento collaborativo dell’imputato può portare a uno sconto di pena in caso di recidiva qualificata?
Anche se il comportamento collaborativo è una circostanza attenuante, in presenza della recidiva ex art. 99, comma 4, cod. pen., non può essere considerato prevalente sulle circostanze aggravanti. Al massimo, il giudice può giudicare le circostanze equivalenti, ma non può applicare la riduzione di pena derivante dalla prevalenza.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della decisione?
Oltre alla conferma della sentenza di condanna, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12426 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12426 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
SICURO COGNOME NOME nato a VIESTE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/05/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che il ricorso di Sicuro NOME COGNOME, che contesta la correttezza della motivazione posta ase del diniego di riconoscimento in termini di prevalenza RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche rispetto alle circostanze aggravanti tenuto conto del comportamento collaborativo del prevenuto, è manifestamente infondato alla luce del dettato normativo.
L’imputato è stato condannato in relazione al reato di cui all’art. 73 comma 1 e 4 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 con la recidiva ex art. 99 comma 4 cod.pen. per cui, ai sensi dell’art. 69 comma 4 cod.pen. vige il divieto di prevalenze sulle circostanze attenuanti.
Rilevato che pertanto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso in Roma, il 15 marzo 2024
Il Consigli e e 9ensore
Il Presidente