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Divieto di espulsione: quando non basta il fratello

Un cittadino straniero ha presentato ricorso contro un’ordinanza di espulsione, sostenendo di avere legami familiari con un fratello cittadino italiano. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che il divieto di espulsione previsto dalla legge richiede una prova concreta della convivenza con il parente, requisito che l’interessato non ha saputo dimostrare.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Divieto di Espulsione: il Legame Familiare non Basta se Manca la Convivenza

Il tema del divieto di espulsione per i cittadini stranieri che hanno parenti in Italia è spesso al centro di complesse vicende giudiziarie. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la semplice esistenza di un legame di parentela con un cittadino italiano non è sufficiente a impedire l’allontanamento dal territorio nazionale. È necessario dimostrare un requisito specifico e concreto: la convivenza. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Un cittadino straniero, privo di permesso di soggiorno, si opponeva a un provvedimento del Magistrato di Sorveglianza che aveva disposto nei suoi confronti l’espulsione come sanzione alternativa alla detenzione. L’interessato sosteneva che l’espulsione non potesse essere applicata nel suo caso, in quanto sussistevano delle “condizioni ostative” previste dalla legge, in particolare il suo legame familiare con il fratello, cittadino italiano.

L’Appello e le Argomentazioni della Difesa

Nel suo ricorso al Tribunale di Sorveglianza, e successivamente in Cassazione, il ricorrente ha cercato di dimostrare il suo effettivo inserimento sociale in Italia. Ha presentato dichiarazioni dei redditi relative ad anni passati e ha sottolineato il rapporto con il fratello. Secondo la difesa, il Tribunale avrebbe dovuto compiere approfondimenti per bilanciare la presunta pericolosità del soggetto con il suo livello di integrazione e i suoi legami familiari, prima di confermare l’espulsione.

L’Analisi del Divieto di Espulsione da Parte della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato e privo di specificità. La decisione si basa su due pilastri argomentativi solidi.

Le Motivazioni

In primo luogo, la Corte ha sottolineato che il Tribunale di Sorveglianza aveva correttamente valutato gli elementi portati dal ricorrente, ritenendoli però insufficienti. Il punto cruciale, secondo la legge sull’immigrazione (art. 19, comma 2, lett. c, del d.lgs. n. 286/1998), è che il divieto di espulsione per chi ha parenti italiani fino al secondo grado è strettamente collegato alla sussistenza di un rapporto di convivenza. Nel caso di specie, il ricorrente non solo era privo di un permesso di soggiorno valido, ma non aveva fornito alcuna prova di vivere insieme al fratello. Di conseguenza, la condizione richiesta dalla norma non era soddisfatta.

In secondo luogo, il ricorso è stato giudicato generico. La difesa, infatti, non si è confrontata criticamente con la ratio decidendi (la ragione fondamentale della decisione) del provvedimento impugnato. Invece di contestare nel merito la valutazione del Tribunale sulla mancanza di convivenza, si è limitata a riproporre argomenti già esaminati e respinti, senza attaccare il nucleo logico della decisione.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un chiarimento di grande importanza pratica: per beneficiare del divieto di espulsione basato su legami familiari, non è sufficiente invocare l’esistenza di un parente italiano. È indispensabile dimostrare con prove concrete un effettivo e stabile rapporto di convivenza. La decisione ribadisce inoltre un principio processuale fondamentale: un ricorso in Cassazione, per essere ammissibile, deve contenere una critica puntuale e specifica delle motivazioni della sentenza impugnata, non una mera riproposizione delle proprie tesi. In assenza di questi elementi, il ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali.

Avere un fratello con cittadinanza italiana è sufficiente per evitare l’espulsione?
No. Secondo quanto stabilito nell’ordinanza, la legge (art. 19, comma 2, lett. c, del d.lgs. 286/1998) richiede specificamente la sussistenza di un rapporto di convivenza con il parente entro il secondo grado. Il semplice legame di parentela non è di per sé una condizione sufficiente per applicare il divieto di espulsione.

Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per due ragioni principali: era manifestamente infondato, poiché il ricorrente non ha dimostrato la condizione essenziale della convivenza con il fratello; inoltre, mancava di specificità, in quanto non ha criticato in modo puntuale le motivazioni della decisione del Tribunale, limitandosi a riproporre le stesse argomentazioni già respinte.

Il Tribunale ha considerato gli elementi di integrazione sociale del ricorrente?
Sì, il provvedimento chiarisce che il Tribunale ha valutato le allegazioni del ricorrente, come le passate dichiarazioni dei redditi e il rapporto familiare. Tuttavia, ha ritenuto questi elementi non sufficienti a superare la mancanza di due requisiti fondamentali: un valido permesso di soggiorno e, soprattutto, la prova della convivenza con il fratello, come richiesto dalla norma per impedire l’espulsione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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