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Divieto di espatrio automatico: la Cassazione decide

Un soggetto, condannato per reati fiscali, ha ricevuto una pena sostitutiva (lavori di pubblica utilità) che includeva il ritiro del passaporto. L’imputato ha contestato l’automatismo di tale misura, sostenendo la necessità di una valutazione discrezionale del giudice. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che il divieto di espatrio non è una sanzione accessoria, ma una componente necessaria e obbligatoria della pena sostitutiva stessa. Pertanto, accettando la pena sostitutiva, l’imputato accetta implicitamente anche tutte le prescrizioni ad essa collegate, senza che sia necessaria una motivazione ad hoc del giudice sul punto.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Divieto di Espatrio Automatico: La Cassazione sulla Riforma Cartabia

La recente riforma del sistema sanzionatorio penale, nota come Riforma Cartabia, ha introdotto significative novità in materia di pene sostitutive. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un aspetto cruciale di questa riforma: la natura del divieto di espatrio quando viene applicato contestualmente a sanzioni come i lavori di pubblica utilità. La pronuncia chiarisce se tale misura debba essere considerata automatica o se richieda una valutazione discrezionale da parte del giudice.

Il Caso: Dalla Condanna alla Questione sul Divieto di Espatrio

Il caso in esame riguarda un individuo condannato dal Tribunale di Milano per reati fiscali. Invece di una pena detentiva, il giudice ha disposto la sanzione sostitutiva dei lavori di pubblica utilità. Insieme a questa misura, sono state applicate le prescrizioni previste dall’articolo 56-ter della legge 689/1981, tra cui il ritiro del passaporto e la sospensione della validità di altri documenti per l’espatrio, imponendo di fatto un divieto di lasciare il paese.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione, contestando proprio l’automatismo di questa misura. Secondo la difesa, il divieto di espatrio non poteva essere una conseguenza automatica della condanna a una pena sostitutiva, ma avrebbe dovuto essere oggetto di una specifica valutazione da parte del giudice circa la sua necessità e proporzionalità.

I Motivi del Ricorso: L’Automatismo del Divieto di Espatrio è Legittimo?

Il ricorrente ha basato le sue argomentazioni su diversi punti. In primo luogo, ha sostenuto che un’applicazione automatica del divieto di espatrio violerebbe normative nazionali e sovranazionali, tra cui l’articolo 2 del Protocollo n. 4 della CEDU, che tutela la libertà di circolazione.

La difesa ha evidenziato che nell’ordinamento esistono già strumenti che regolano il divieto di espatrio come misura autonoma (ad esempio, l’art. 281 cod. proc. pen.), la cui applicazione è sempre subordinata a una valutazione giudiziale. A sostegno della tesi, sono state richiamate sentenze della Corte Costituzionale e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (caso Vlasov e Benyash c. Russia), che in passato avevano sancito l’illegittimità di automatismi restrittivi della libertà personale senza un’adeguata ponderazione del caso concreto.

In sintesi, la difesa chiedeva alla Cassazione di interpretare la norma in modo costituzionalmente orientato, escludendo l’obbligatorietà della misura, o, in subordine, di sollevare la questione di legittimità costituzionale della stessa.

La Decisione della Cassazione e le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile in quanto manifestamente infondato, fornendo una chiara interpretazione della normativa introdotta dalla Riforma Cartabia.

Le Prescrizioni come Parte Integrante della Pena Sostitutiva

Il punto centrale della decisione è la qualificazione giuridica delle prescrizioni contenute nell’art. 56-ter della L. 689/1981. Secondo la Suprema Corte, queste prescrizioni, incluso il divieto di espatrio, non sono “pene accessorie” la cui applicazione è lasciata alla discrezionalità del giudice. Al contrario, esse costituiscono “contenuto necessario e predeterminato della pena sostitutiva”.

In altre parole, il legislatore ha concepito le pene sostitutive come un pacchetto unitario: la sanzione principale (es. lavori di pubblica utilità) e le prescrizioni (es. divieto di espatrio) sono elementi inscindibili. Pertanto, la loro applicazione è obbligatoria e non richiede un’autonoma valutazione da parte del giudice.

Il Consenso dell’Imputato e la Funzione Preventiva

La Corte ha inoltre sottolineato che l’applicazione delle pene sostitutive presuppone il consenso dell’imputato. Questo consenso, secondo i giudici, non si limita alla sanzione principale, ma si estende necessariamente a tutte le prescrizioni che la connotano. Accettando la pena sostitutiva, l’imputato accetta l’intero “pacchetto”, compreso il divieto di espatrio. Tale meccanismo risponde a evidenti esigenze di prevenzione speciale, volte a impedire la commissione di altri reati durante l’esecuzione della pena.

Il Distinguo dal Caso Vlasov c. Russia

Infine, la Cassazione ha ritenuto non pertinente il richiamo alla giurisprudenza della Corte EDU. Nel caso Vlasov, il divieto di espatrio era stato considerato sproporzionato perché applicato a soggetti la cui non pericolosità era stata implicitamente riconosciuta con la concessione della sospensione condizionale della pena. Nel caso di specie, invece, il divieto di espatrio è strumentale alla funzione specialpreventiva che la pena sostitutiva è destinata a soddisfare, rendendo le due situazioni del tutto differenti.

Conclusioni

La sentenza della Corte di Cassazione offre un’importante chiave di lettura delle nuove pene sostitutive. Viene stabilito un principio netto: le prescrizioni previste dall’art. 56-ter, tra cui il ritiro del passaporto, sono una componente obbligatoria e inscindibile della sanzione. La scelta di accedere a una pena sostitutiva comporta l’accettazione automatica di tali limitazioni, senza che il giudice debba fornire una motivazione specifica sulla loro necessità. Questa interpretazione rafforza la natura unitaria delle pene sostitutive e ne sottolinea la finalità di prevenzione, chiarendo un punto fondamentale per l’applicazione pratica della Riforma Cartabia.

Quando si applica una pena sostitutiva come il lavoro di pubblica utilità, il divieto di espatrio è automatico?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che le prescrizioni previste dall’art. 56-ter della L. 689/1981, incluso il divieto di espatrio, costituiscono un contenuto necessario e predeterminato della pena sostitutiva e si applicano obbligatoriamente.

Il giudice deve motivare specificamente la decisione di imporre il divieto di espatrio insieme a una pena sostitutiva?
No. Essendo una componente obbligatoria della pena sostitutiva, la sua applicazione non dipende da una valutazione discrezionale del giudice e quindi non richiede una motivazione specifica, diversa da quella sulla scelta della pena sostitutiva stessa.

Accettare la pena sostitutiva significa accettare anche il divieto di espatrio?
Sì. Secondo la sentenza, la richiesta o il consenso all’applicazione di una pena sostitutiva implica necessariamente l’accettazione di tutte le prescrizioni che la caratterizzano, compreso il ritiro del passaporto e il divieto di espatrio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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