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Divieto di dimora: quando è una misura inadeguata?

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza del Tribunale del Riesame che aveva imposto un divieto di dimora regionale a due indagati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. La Suprema Corte ha ritenuto illogica e immotivata la limitazione territoriale della misura, poiché il rischio di reiterazione del reato non era confinato a una sola regione. Il caso è stato rinviato per una nuova valutazione sulla misura cautelare più adeguata.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Divieto di dimora: la Cassazione ne definisce i limiti di applicazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 38194 del 2024, è intervenuta su un tema cruciale della procedura penale: l’adeguatezza e la proporzionalità delle misure cautelari. In particolare, la Corte ha annullato un’ordinanza che imponeva un divieto di dimora limitato a una sola regione, ritenendo la motivazione contraddittoria e la misura inefficace a fronteggiare un rischio di reato non territorialmente circoscritto. Questa decisione offre importanti spunti sulla necessità di un collegamento logico tra l’esigenza cautelare e l’ambito di applicazione della misura restrittiva.

I Fatti del Caso: Dalla Detenzione al Divieto di Dimora

Il caso trae origine da un procedimento penale a carico di due persone indagate per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Inizialmente, il Giudice per le Indagini Preliminari aveva disposto per loro la misura della custodia cautelare in carcere. Successivamente, il Tribunale del Riesame di Trieste, in parziale riforma, aveva sostituito la detenzione con una misura meno afflittiva: il divieto di dimora nella regione Friuli Venezia Giulia.

Il Tribunale aveva confermato la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza e del rischio di recidiva, ma aveva ritenuto la misura non custodiale adeguata. La scelta si basava sulla valutazione delle modalità operative degli indagati, definite poco ‘professionali’ (ad esempio, l’uso di un’auto di proprietà per il trasporto illegale), tali da suggerire un’organizzazione improvvisata. Tuttavia, la Procura della Repubblica ha impugnato questa decisione, portando il caso dinanzi alla Corte di Cassazione.

Il Ricorso del Pubblico Ministero e i limiti del divieto di dimora

Il Pubblico Ministero ha sollevato due questioni principali. La prima, relativa a un’errata applicazione della legge sulla presunzione della custodia in carcere, è stata superata dalla Corte stessa. Il secondo motivo, invece, si è rivelato decisivo: la Procura ha eccepito la contraddittorietà della motivazione del Tribunale.

Secondo il ricorrente, limitare il divieto di dimora alla sola regione Friuli Venezia Giulia era illogico. Il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, infatti, poteva essere commesso su tutto il territorio nazionale, utilizzando altri valichi di frontiera, come quelli del Trentino-Alto Adige. Pertanto, una misura così territorialmente limitata non era idonea a salvaguardare la collettività dal rischio di recidiva che lo stesso Tribunale aveva riconosciuto.

La Decisione della Cassazione: Perché il Divieto di Dimora è Stato Annullato

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando con rinvio l’ordinanza impugnata. La decisione si fonda su un’attenta analisi della logicità della motivazione che deve sorreggere l’applicazione di qualsiasi misura cautelare.

La Contraddittorietà della Motivazione

Il punto centrale della sentenza è il vizio di motivazione. La Corte ha stabilito che, una volta individuato un rischio di recidiva, la misura cautelare scelta deve essere logicamente e funzionalmente collegata a neutralizzare tale rischio. Nel caso di specie, il Tribunale del Riesame non ha fornito alcuna spiegazione sul perché il divieto di soggiornare in Friuli Venezia Giulia potesse essere sufficiente a impedire la commissione di nuovi reati analoghi in altre parti d’Italia.

Come sottolineato dai giudici di legittimità, il divieto di dimora può estendersi a territori vasti come province o regioni, ma deve sempre esserci un collegamento specifico e logico con le esigenze cautelari. Il rischio di favorire l’ingresso illegale di stranieri non è intrinsecamente legato ai soli confini friulani. Mancando un ancoraggio a un preciso contesto territoriale, la misura è apparsa arbitraria e priva di effettività.

Le motivazioni

La motivazione della Corte di Cassazione si è incentrata sulla violazione dei principi di adeguatezza e proporzionalità sanciti dall’articolo 275 del codice di procedura penale. I giudici hanno evidenziato che non è sufficiente ravvisare un rischio di reato; è indispensabile che la misura adottata sia concretamente idonea a fronteggiarlo. L’ordinanza del Tribunale del Riesame è stata ritenuta viziata proprio perché, dopo aver riconosciuto un pericolo di recidiva connesso alla disponibilità degli indagati a effettuare trasporti illegali, ha applicato una restrizione geografica parziale senza chiarire il nesso logico tra la limitazione territoriale e la neutralizzazione del pericolo. La Corte ha implicitamente affermato che una motivazione è carente quando non spiega perché una misura limitata possa essere efficace contro un rischio potenzialmente illimitato geograficamente.

Le conclusioni

In conclusione, la sentenza n. 38194/2024 ribadisce un principio fondamentale: ogni provvedimento che limita la libertà personale deve essere sorretto da una motivazione non solo esistente, ma anche logica, coerente e completa. Per quanto riguarda il divieto di dimora, i giudici devono spiegare in modo convincente perché l’ambito territoriale prescelto è adeguato a soddisfare le esigenze cautelari del caso specifico. Una misura territorialmente circoscritta non può essere applicata per contrastare un rischio di reato di natura ‘nazionale’, a meno che non emergano elementi concreti che leghino quel rischio a quel determinato territorio. La decisione impone quindi ai tribunali del riesame un maggiore rigore nel motivare la scelta e la portata geografica delle misure cautelari non detentive.

Quando una misura cautelare come il divieto di dimora può essere considerata inadeguata?
Una misura cautelare è inadeguata quando la sua portata, in questo caso territoriale, non è logicamente collegata all’esigenza cautelare che si intende soddisfare. Se il rischio di reato non è legato a un luogo specifico, limitare il divieto a una sola regione senza una valida spiegazione rende la misura illogica e inefficace.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza del Tribunale del Riesame?
La Corte ha annullato l’ordinanza perché la motivazione era contraddittoria. Il Tribunale aveva identificato un rischio di recidiva non legato a un territorio specifico, ma aveva imposto un divieto di dimora limitato alla sola regione Friuli-Venezia Giulia, senza spiegare perché tale limitazione fosse sufficiente a prevenire il reato in altre parti del territorio nazionale.

Qual è il principio stabilito dalla Corte in questa sentenza?
Il principio è che l’ambito territoriale di un divieto di dimora deve essere specificamente individuato e logicamente collegato alle esigenze cautelari del caso concreto. Non è possibile applicare una restrizione geografica limitata per fronteggiare un rischio di reato che, per sua natura, potrebbe manifestarsi sull’intero territorio nazionale, se non con una motivazione rafforzata che ne spieghi la coerenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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