Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 38194 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 38194 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI TRIESTE nel procedimento a carico di: NOME nato il DATA_NASCITA NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 09/11/2023 del TRIB. LIBERTA’ di TRIESTE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria, inviata in forma scritta ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l ottobre 2020, n. 137, e succ. mod., con la quale il PG NOME COGNOME ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Trieste, Sezione per il riesame, in parziale riforma dell’ordinanza genetica emessa dal G.I.p. del Tribunale di Udine in data 21 ottobre 2023, sostituiva la misura cautelare della custodia in carcere applicata nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME con quella del divieto di dimora nella regione Friuli – Venezia Giulia, confermando la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a loro carico in ordine al reato di cui agli artt. 110 cod. pen., 12, comma 3, lett. d), d. Igs. n. 286 del 1998, nonché la sussistenza del solo rischio di recidiva, con esclusione degli altri pericula ravvisati dal primo giudice.
Dopo aver escluso, nella specie, i presupposti della contestata a9gravante della utilizzazione di “documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti” in conseguenza della declaratoria di parziale illegittimità costituzionale dell’art. 12 comma 3, lett. d), d.lgs. n. 286/98 (estesa alla utilizzazione di servizi internazionali d trasporto ma non al fatto commesso da tre o più persone) pronunciata dalla Corte costituzionale con sentenza 10 marzo 2022, n. 63, il Tribunale del riesame riteneva adeguata e proporzionata a fronteggiare le ravvisate esigenze cautelari la misura non custodiale del divieto di dimora nella regione Friuli – Venezia Giulia, in considerazione delle modalità operative assai poco “professionali” poste in essere dai due indagati: da un lato, per essersi fatti notare dalla Polizia di Frontiera per la condotta anomala di guida dell’auto sulla quale viaggiavano, non appena percepita la presenza delle Forze dell’ordine; dall’altro, per aver utilizzato, per il trasporto illegale di tre cittadini clandestini, l’autovettura di proprietà di uno di loro, NOME COGNOME, il che rivelava, quanto meno, “improvvisazione ed elevata esposizione al rischio di venire individuato come autore del reato”.
La selezione di un presidio cautelare non custodiale era, d’altra parte, conforme al portato della sentenza 16 dicembre 2011, n. 331, con la quale la Corte costituzionale aveva dichiarato illegittimo l’art. 12, comma 4 -bis, d.lgs. n. 286/98 nella parte in cui – nel prevedere che, quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati previsti dal comma 3 del medesimo articolo, è applicata la custodia in carcere, salvo che siano acquisiti dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari – non fa salva, altresì, l’ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concre dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure.
Gli “elementi specifici”, nella vicenda esaminata, sarebbero stati rappresentati, ad avviso dell’organo del riesame, dalle circostanze sopra descritte.
Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trieste, deducendo due motivi.
Con il primo, denuncia l’erronea applicazione dell’art. 12, comma 4 -bis, d.lgs. n. 286/98, sostenendo che l’organo del riesame abbia considerato “elementi specifici” circostanze afferenti alla personalità degli indagati – come, ad esempio, la scarsa professionalità a costoro rimproverata – e non relative al fatto, come avrebbe dovuto.
Con il secondo, eccepisce la contraddittorietà della motivazione laddove il giudice a quo aveva ritenuto salvaguardabile il rischio di recidiva con il divieto di dimora circoscritto al Friuli – Venezia Giulia, senza considerare che il reato Contestato agli indagati avrebbe potuto essere realizzato nell’intero territorio nazionale, come, ad esempio, tramite i non lontani valichi del Trentino-Alto Adige, senza necessariamente doversi riferire agli sbarchi via mare.
Ha fatto pervenire memoria di replica il difensore di NOME COGNOME AVV_NOTAIO.
Essendo stata eliminata dall’ordinamento giuridico l’aggravante, GLYPH nella declinazione originariamente contestata dell’utilizzo di falsa documentazione, di cui all’art. 12, comma 3, lett. d), d.lgs. n. 286/98, a seguito della sentenza n. 63/2022 della Corte costituzionale, errata doveva reputarsi l’argomentazione del Pubblico ministero ricorrente con riferimento alla corretta interpretazione dell’art. 12, comma 4 -bis, del citato decreto, in quanto, appunto, inerente alla fattispecie aggravata di cui al comma 3 dello stesso articolo, oggetto, nella parte d’interesse, dell’intervento demolitorio del Giudice delle leggi; caduta la citata aggravante dell’utilizzo di falsa documentazione, la condotta ascritta agli indagati andava sussunta nell’alveo della fattispecie prevista dal comma 1 dell’art. 12.
Contestava, inoltre, il difensore la censura di contraddittorietà della motivazione nella scelta della misura, viceversa sorretta da argomentazioni immuni da vizi.
Il Procuratore generale di questa Corte, nella requisitoria inviata in forma scritta ai sensi dell’art. 23, comma 8, dl. 28 ottobre 2020, n. 137, e successive modifiche, ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato per le ragioni che seguono.
Va, in primo luogo, condiviso il rilievo, operato dal difensore di COGNOME, sulla inapplicabilità, nel caso di specie, una volta elisa la circostanza aggravante dell’utilizzazione di documenti falsi (art. 12, comma 3, lett. d), dichiarat costituzionalmente illegittima con sentenza n. 63/2022 della Corte costituzionale, dell’art. 12, comma 4 -bis, d.lgs. n. 286 del 1998, posto che la presunzione legale in esso stabilita, superabile da elementi specifici dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con misure diverse dalla custodia in carcere, si riferisce alla fattispecie del comma 3, non più configurabile, per le ragioni appena esposte, a carico degli indagati (le condotte dei quali, viceversa, sono riconducibili alla fattispecie non aggravata di cui al comma 1 dell’art. 12).
L’errore di diritto in cui è incorso il Tribunale del riesame al riguardo, non vizia, tuttavia, il complessivo ordito motivazionale, che va valutato in correlazione ai criteri generali di proporzionalità e adeguatezza delle misure cautelari dettati dall’art. 275 del codice di rito per tutti i reati in relazione ai quali sono applicabili dette misure, incl
quello contestato agli odierni indagati.
A tale riguardo, peraltro, va detto che la motivazione è viziata – come dedotto nel secondo motivo di ricorso – laddove, individuato nel divieto di dimora il presidio cautelare ritenuto adeguato e proporzionato nella vicenda in esame, il Tribunale del riesame lo ha circoscritto, senza alcuna specifica ragione, alla regione Friuli – Venezia Giulia.
Va ricordato che il divieto di dimora di cui all’art. 283, comma 1, cod. proc. pen., non deve necessariamente limitarsi ad un Comune o frazione di esso (come si verifica invece nel caso dell’obbligo di dimora previsto nel comma 2 del medesimo articolo), ma può estendersi anche ad ambiti territoriali più vasti, quali la provincia o la regione, purché specificamente individuati e logicamente collegati alle esigenze cautelari (Sez. 4, n. 27476 del 14/05/2019, Rispoli, Rv. 276461 – 01; conforme Sez. 6, n. 1454 del 1992, Rv. 190973).
Il giudice di merito, nella specie, ravvisato il rischio di recidiva nella disponibilit degli indagati al trasporto di clandestini dietro un corrispettivo e nel loro collegamento con persone stabilmente dedite all’organizzazione di tali traffici illeciti, non ha spiegato in virtù di quale logico collegamento con le apprezzate esigenze cautelari abbia ritenuto di estendere il divieto di dimora applicato alla sola regione indicata, posto che il rischio di recidiva paventato non è stato ancorato a un preciso territorio, mentre i valichi di frontiera utilizzabili per l’ingresso di clandestini sul territorio nazionale, notoriament non sono solamente quelli friulani.
L’ordinanza impugnata va, in conclusione, annullata, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Trieste, sezione per il riesame, che provvederà a sanare le lacune motivazionali rilevate.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Trieste, sezione per il riesame.
Così deciso in Roma, 1’11 giugno 2024
Il Consigliere estensore