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Divieto di dimora e mafia: la Cassazione decide

La Procura ricorre contro un’ordinanza che aveva limitato a un soggetto, ritenuto esponente di vertice di un’associazione mafiosa, il divieto di dimora alla sola Sicilia, annullandolo per Calabria e Campania. La Corte di Cassazione accoglie il ricorso, ritenendo la motivazione del tribunale contraddittoria. Secondo la Corte, non si può riconoscere il ruolo apicale dell’individuo in una potente organizzazione criminale e al contempo negare, senza adeguata motivazione, il rischio di collegamenti con la criminalità di regioni limitrofe, soprattutto in presenza di indagini che suggeriscono tali contatti.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Divieto di Dimora e Criminalità Organizzata: La Motivazione Deve Essere Logica

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di misure cautelari: la motivazione di un provvedimento restrittivo della libertà personale, come il divieto di dimora, deve essere non solo presente, ma anche logica e coerente con le prove acquisite. Il caso analizzato riguarda la posizione di un soggetto ritenuto ai vertici di un’associazione mafiosa, per il quale era stata ridotta l’estensione territoriale della misura.

Il Caso: Un Divieto di Dimora Parzialmente Annullato

La vicenda ha origine da un’ordinanza del Tribunale di Palermo che, accogliendo parzialmente l’appello di un indagato, aveva modificato una misura cautelare. Inizialmente, al soggetto era stato imposto il divieto di dimora nei territori delle regioni Sicilia, Calabria e Campania, oltre all’obbligo di risiedere fuori da tali aree. Il Tribunale, tuttavia, ha annullato la misura per quanto riguarda la Calabria e la Campania, limitandola alla sola Sicilia. La ragione addotta era una presunta assenza di collegamenti dell’indagato con le realtà criminali di quelle specifiche regioni.

Il Ricorso del Pubblico Ministero e il Divieto di Dimora

Contro questa decisione, il Procuratore della Repubblica ha presentato ricorso per cassazione, lamentando un vizio di violazione di legge e di motivazione. Secondo l’accusa, il Tribunale aveva ignorato elementi investigativi cruciali che dimostravano il ruolo dell’indagato nell’acquisto di ingenti carichi di stupefacenti proprio nelle regioni per le quali il divieto era stato revocato. Il ricorso sottolineava come il ruolo apicale all’interno di una delle più potenti cosche mafiose siciliane non potesse essere considerato un fattore neutro. Al contrario, tale posizione rende altamente probabile la capacità di attivare collegamenti con le mafie storiche delle regioni limitrofe, anch’esse ad altissima densità criminale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso del Pubblico Ministero. La motivazione del Tribunale è stata giudicata “contraddittoria e, in parte, assente”. Gli Ermellini hanno evidenziato una palese illogicità: da un lato, il provvedimento impugnato riconosceva l’attualità del pericolo derivante dal ruolo di vertice dell’indagato nella famiglia mafiosa di riferimento; dall’altro, annullava il divieto di dimora in Calabria e Campania con la semplice affermazione che non vi fossero collegamenti, senza fornire alcuna spiegazione a sostegno di tale conclusione. La Corte ha specificato che un ruolo di spicco in Cosa Nostra non può essere ritenuto “neutro” rispetto alla possibilità di intessere relazioni con altre organizzazioni criminali, specialmente in un contesto dove le indagini avevano già fatto emergere contatti per l’acquisto di stupefacenti provenienti dalla Campania.

Conclusioni: L’Importanza della Coerenza Motivazionale

La sentenza rafforza un principio cardine dello stato di diritto: ogni provvedimento che incide sulla libertà personale deve essere sorretto da una motivazione completa, logica e non contraddittoria. La Corte Suprema ha chiarito che non è sufficiente per un giudice affermare l’assenza di un pericolo senza confrontarsi con gli elementi di prova disponibili e senza sviluppare un ragionamento coerente. In contesti di criminalità organizzata, la valutazione del rischio deve tenere conto della caratura criminale del soggetto e della sua capacità di proiettare la propria influenza anche al di fuori del territorio di origine. La decisione è stata quindi annullata con rinvio al Tribunale di Palermo, che dovrà procedere a un nuovo esame attenendosi ai principi espressi dalla Cassazione.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la decisione del Tribunale?
La Corte ha annullato la decisione perché la motivazione del Tribunale è stata ritenuta contraddittoria e carente. Pur riconoscendo il ruolo di vertice dell’indagato in una potente organizzazione mafiosa, il Tribunale ha immotivatamente escluso il pericolo di collegamenti con la criminalità di regioni limitrofe, senza adeguatamente considerare le prove investigative a disposizione.

Qual è il principio affermato dalla Corte riguardo al divieto di dimora per membri di associazioni mafiose?
La Corte afferma che il ruolo apicale in una delle più potenti cosche mafiose non può essere considerato un fattore ‘neutro’. Tale posizione implica un’alta probabilità che il soggetto possa attivare collegamenti con le mafie storiche delle regioni confinanti, e questa valutazione non può essere scartata senza una solida motivazione contraria.

Cosa accade ora nel procedimento?
La Corte di Cassazione ha disposto l’annullamento con rinvio. Questo significa che l’ordinanza del Tribunale è stata cancellata e il caso è stato rinviato allo stesso Tribunale di Palermo, in diversa composizione, per un nuovo giudizio che dovrà obbligatoriamente tenere conto dei principi di diritto stabiliti dalla Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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