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Divieto di dimora: Cassazione su esigenze cautelari

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato contro la misura del divieto di dimora in una regione. La Corte ha stabilito che la valutazione sulle esigenze cautelari è autonoma rispetto al calcolo del tempo già scontato e che non possono essere presentati in Cassazione motivi non sollevati nel precedente appello. Il divieto di dimora è stato quindi confermato.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Divieto di Dimora: La Cassazione Conferma la Misura Anche Dopo la Scadenza della Custodia

Con la sentenza n. 22464/2025, la Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha affrontato un caso di grande interesse in materia di misure cautelari, specificamente riguardo al divieto di dimora. La pronuncia offre importanti chiarimenti sui presupposti per l’applicazione di tale misura, sulla valutazione delle esigenze cautelari e sui limiti dei motivi di ricorso. L’analisi si concentra sulla legittimità del mantenimento del divieto anche dopo la scadenza dei termini massimi di custodia in carcere e sull’irrilevanza, in questa fase, del calcolo della pena residua.

I Fatti del Caso: Dal Riesame al Ricorso in Cassazione

Il caso nasce dal ricorso di un imputato contro un’ordinanza del Tribunale di Palermo. Quest’ultimo, in sede di riesame, aveva parzialmente modificato una precedente ordinanza della Corte di Appello, eliminando alcune prescrizioni accessorie ma confermando la misura principale: il divieto di dimora in tutta la Regione Sicilia. La misura era stata imposta in relazione a un’accusa per un grave reato associativo.

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Violazione di legge: Si sosteneva che il Tribunale non avesse considerato il periodo di detenzione già sofferto (‘presofferto’) e i potenziali benefici futuri, che avrebbero reso la misura ingiustificata.
2. Mancanza di motivazione: La difesa lamentava che il provvedimento non spiegasse adeguatamente perché le esigenze cautelari fossero ancora sussistenti.
3. Nullità dell’ordinanza: Si contestava la mancata motivazione sulla scelta del divieto di dimora regionale anziché una misura meno afflittiva, come il divieto limitato al comune di residenza.

La Decisione della Corte di Cassazione: Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le censure mosse dalla difesa e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

La Sussistenza delle Esigenze Cautelari e il Divieto di Dimora

In merito alla presunta mancanza di motivazione, la Corte ha ritenuto che il Tribunale avesse fornito una giustificazione congrua e coerente. I giudici hanno evidenziato che, nonostante fossero decorsi i termini massimi per la custodia in carcere, le esigenze cautelari di natura ‘specialpreventiva’ (ovvero volte a prevenire la commissione di altri reati) erano ancora presenti. La decisione si fonda sull’articolo 307 del codice di procedura penale e sulla presunzione di pericolosità non superata, prevista dall’articolo 275 per reati di particolare gravità.

L’irrilevanza del Presofferto nella Fase Cautelare

Sul primo motivo di ricorso, la Cassazione ha chiarito un punto procedurale fondamentale. Il calcolo del ‘presofferto’ e la valutazione sull’incidenza di benefici futuri come la liberazione anticipata non rientrano nelle competenze del giudice che applica la misura cautelare (‘giudice della cognizione’). Questa valutazione, infatti, è demandata a un’altra autorità giudiziaria in una fase successiva del procedimento. Pertanto, ogni previsione in tal senso era considerata ininfluente ai fini della legittimità del divieto di dimora.

I Motivi Nuovi non Ammessi in Cassazione

Il terzo motivo è stato dichiarato inammissibile per una ragione prettamente processuale. La questione relativa all’applicazione di una misura meno grave (divieto di dimora nel solo comune di residenza) non era stata sollevata nel precedente atto di appello. Di conseguenza, il giudice del riesame non era tenuto a pronunciarsi sul punto e la difesa non poteva sollevare la questione per la prima volta davanti alla Corte di Cassazione.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si articolano su tre pilastri. In primo luogo, viene ribadita la netta separazione tra la fase cautelare e la fase esecutiva della pena. La valutazione delle esigenze cautelari per giustificare una misura come il divieto di dimora si basa su un giudizio prognostico sulla pericolosità attuale dell’imputato, indipendentemente dalla pena che concretamente dovrà espiare. In secondo luogo, la Corte sottolinea che, per reati di eccezionale gravità, la presunzione di pericolosità sociale può giustificare il mantenimento di misure cautelari anche dopo la scadenza dei termini di custodia. Infine, viene riaffermato un principio cardine del processo di impugnazione: i motivi di ricorso in Cassazione devono riguardare questioni già devolute al giudice del grado precedente, non potendo introdurre doglianze nuove.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa sentenza ha importanti implicazioni pratiche. Anzitutto, conferma la robustezza delle misure cautelari applicate per contrastare reati di criminalità organizzata, riconoscendo la persistenza delle esigenze preventive anche oltre i limiti temporali della detenzione carceraria. In secondo luogo, serve da monito per le difese: è cruciale articolare tutte le contestazioni fin dal primo grado di impugnazione, poiché l’omissione preclude la possibilità di sollevare la stessa questione in Cassazione. Infine, la pronuncia traccia una linea chiara tra le competenze dei diversi organi giurisdizionali, separando nettamente il giudizio sulla cautela da quello sull’esecuzione della pena.

Può un giudice considerare il tempo già scontato (presofferto) per decidere se applicare il divieto di dimora?
No. Secondo la Corte, il calcolo del presofferto e di eventuali benefici futuri, come la liberazione anticipata, spetta a un’altra autorità giudiziaria in una fase successiva e non compete al giudice della cognizione che applica la misura cautelare.

È possibile contestare in Cassazione un punto non sollevato nel precedente appello?
No. La sentenza chiarisce che una questione non dedotta con l’atto di appello non viene devoluta al giudice dell’impugnazione. Di conseguenza, la parte non può lamentarsene per la prima volta in sede di ricorso per cassazione.

Il divieto di dimora può essere mantenuto anche dopo la scadenza dei termini massimi della custodia in carcere?
Sì. La Corte ha confermato che, in presenza di esigenze cautelari specialpreventive persistenti, come previsto dall’art. 307 del codice di procedura penale, è legittimo mantenere il divieto di dimora anche se i termini massimi della custodia cautelare in carcere sono decorsi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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