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Divieto di bis in idem: Sanzione penale e disciplinare

La Corte di Cassazione Penale ha stabilito che il divieto di bis in idem non viene violato quando un professionista, già condannato in sede penale per peculato, subisce anche una sanzione disciplinare (sospensione) e una sanzione amministrativa. La Corte ha chiarito che i tre procedimenti hanno finalità diverse: punitiva per il reato, di tutela della deontologia per la sanzione disciplinare, e di recupero di somme per quella amministrativa. Pertanto, non sussistendo una duplicazione di sanzioni di natura sostanzialmente penale per lo stesso fatto, il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Il Divieto di Bis in Idem: Quando Sanzioni Diverse Possono Coesistere

Il principio del divieto di bis in idem, che impedisce di essere processati due volte per lo stesso fatto, è un caposaldo del nostro ordinamento. Tuttavia, la sua applicazione non è sempre scontata, specialmente quando un’unica condotta dà origine a procedimenti di natura diversa: penale, disciplinare e amministrativo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione Penale ha offerto chiarimenti cruciali, stabilendo che un professionista condannato per peculato può legittimamente subire anche una sanzione disciplinare dal proprio ordine e una sanzione amministrativa, senza che ciò violi tale principio.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguardava un professionista condannato in via definitiva per il reato di peculato. L’imputato si era appropriato indebitamente di ingenti somme di denaro pubblico. Oltre al procedimento penale, l’uomo era stato destinatario di altre due misure:

1. Un provvedimento disciplinare da parte del suo ordine professionale, che lo aveva sospeso dall’esercizio dell’attività per un periodo limitato.
2. Un procedimento amministrativo-tributario finalizzato al recupero delle imposte non versate, relative agli atti per cui aveva incassato le somme poi sottratte.

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo che la coesistenza di queste tre sanzioni (penale, disciplinare e amministrativa) per la medesima condotta costituisse una violazione del divieto di bis in idem, così come interpretato dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).

L’applicazione del Divieto di Bis in Idem

La Corte ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. I giudici hanno spiegato che per aversi una violazione del divieto di bis in idem è necessario che le diverse sanzioni abbiano la stessa natura sostanzialmente “penale” e perseguano la stessa finalità repressiva. Nel caso di specie, invece, i tre procedimenti avevano scopi e funzioni nettamente distinti.

* Il procedimento penale: Aveva l’obiettivo di reprimere una grave condotta criminosa (il peculato), ovvero l’appropriazione illecita di denaro pubblico da parte di un pubblico ufficiale, attraverso una pena detentiva e pecuniaria.
* Il procedimento disciplinare: Mirava a sanzionare la violazione dei doveri deontologici e a tutelare l’onore e il prestigio della categoria professionale. La sospensione temporanea non ha un’incisività paragonabile a quella di una pena criminale e serve a garantire che gli iscritti mantengano una condotta irreprensibile.
* Il procedimento amministrativo-tributario: Aveva una funzione specifica di recupero delle imposte evase. Il suo scopo non era punire l’individuo, ma obbligarlo a versare quanto dovuto allo Stato.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della sentenza si fondano su un’analisi approfondita della giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (in particolare, i cosiddetti “criteri Engel”). Secondo la Corte, la sanzione disciplinare non può essere considerata una “condanna” per un “reato” ai sensi della Convenzione, poiché non possiede il grado di severità tipico della pena criminale. La sospensione dall’attività professionale per pochi mesi è una misura interna all’ordine, preordinata a garantire il corretto adempimento dei doveri professionali, e non può essere equiparata a una pena come la reclusione.

Allo stesso modo, il procedimento amministrativo-tributario si distingue da quello penale. Mentre quest’ultimo punisce l’illecita appropriazione del denaro (il peculato), il primo si occupa del mancato versamento di una tassa, mirando a ripristinare la situazione patrimoniale dovuta allo Stato. Le finalità sono complementari, non sovrapponibili. La Corte ha quindi concluso che non vi è stata alcuna duplicazione di sanzioni di natura penale, poiché ciascun procedimento ha perseguito un obiettivo legittimo e distinto.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: il divieto di bis in idem non opera come uno scudo assoluto contro ogni forma di procedimento derivante da un singolo fatto. Quando le sanzioni appartengono a ordinamenti diversi (penale, disciplinare, amministrativo) e perseguono finalità differenti – una punitiva, una a tutela della deontologia professionale, e una ripristinatoria – possono legittimamente coesistere. Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche, specialmente per i professionisti, chiarendo che una sanzione disciplinare non preclude né mitiga le conseguenze di una condanna penale per reati commessi nell’esercizio delle proprie funzioni.

È possibile essere processati e sanzionati più volte per la stessa condotta?
No, in base al principio del ‘ne bis in idem’, una persona non può essere processata o punita due volte per lo stesso fatto illecito. Tuttavia, questa regola non si applica se i procedimenti e le sanzioni hanno natura e finalità diverse, come nel caso di un procedimento penale (punitivo), uno disciplinare (deontologico) e uno amministrativo-tributario (recuperatorio).

Perché una sanzione disciplinare come la sospensione non viola il divieto di bis in idem se esiste già una condanna penale?
Perché la sanzione disciplinare non ha una natura sostanzialmente penale. Il suo scopo non è reprimere un crimine, ma tutelare la dignità e il corretto esercizio di una professione. Secondo la Corte, la sua severità (es. una sospensione temporanea) non è paragonabile al rigore di una pena criminale come la reclusione.

Se una persona viene sanzionata per non aver versato delle imposte, può essere anche processata penalmente per essersi appropriata di quel denaro?
Sì. Il procedimento amministrativo-tributario mira a recuperare l’imposta non versata, mentre il procedimento penale per peculato punisce un’azione diversa e più grave: l’appropriazione indebita di quel denaro da parte di un pubblico ufficiale. Le due condotte, pur collegate, sono giuridicamente distinte e perseguono finalità differenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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