Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 17848 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 17848 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/03/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il 07/02/1977° SAN NOME COGNOME avverso la sentenza in data 19/02/2024 della CORTE DI APPELLO DI BARI; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentita la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale
NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
sentito l’Avvocato NOME COGNOME che ha illustrato i motivi d’impugnazione e ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME per il tramite del proprio procuratore speciale, impugna la sentenza in data 19/02/2024 della Corte di appello di Bari, che ha confermato la sentenza in data 17/06/2022 del G.u.p. del Tribunale di Bari, che lo aveva condannato per il reato di cui agli artt. 633 e 639-bis cod. pen..
Deduce:
Violazione del divieto di bis in idem.
Il ricorrente sostiene che la violazione del divieto di bis in idem Ł deducibile davanti alla Corte di cassazione e, a sostegno di tale assunto, menziona l’orientamento di legittimità che si Ł espresso in questo senso.
Illustra, quindi, i contenuti e l’evoluzione del divieto di bis in idem.
Osserva, dunque, che nei confronti di Cerrone veniva avviato un procedimento penale per i medesimi fatti all’esame dell’odierno giudizio, segnalando che nel diverso procedimento veniva assolto con sentenza non ancora divenuta irrevocabile.
Precisa che la questione non veniva dedotta in sede di appello perchØ la sentenza in questione Ł stata emessa il 28/02/2924, in data successiva al giorno della pronuncia della sentenza della corte
di appello, datata 19/02/2024, con la conseguente applicabilità dell’art. 609, comma 2, cod. proc. pen..
Deduce, quindi, l’identità dei fatti contestati nei due diversi procedimenti, con la conseguenza che COGNOME risulta sottoposto due volte a procedimento penale per lo stesso fatto.
Violazione di legge, vizio di motivazione e travisamento della prova in ordine all’elemento psicologico.
A tale proposito si denuncia l’omessa considerazione della documentazione prodotta per dimostrare la buona fede dell’imputato, avendo inoltrato al Comune di Cagnano Varano apposita istanza per la regolarizzazione dell’occupazione dei terreni e dei fabbricati riportati in catasto al foglio 1, particella 106.
In particolare: certificato di quota cooperativa pescatori ‘RAGIONE_SOCIALE‘ del 1946; concessione immobili ‘San Nicola Imbuti’ del 21/08/1959; Bollettino Consorzio Vigilanza del 01/08/2004 nonchØ la dichiarazione del 21/07/2020 protocollata presso il Comune di Cagnano Varano avente numero 0007761 comprovante l’occupazione dell’area sin dal 1950 da parte del nonno dell’imputato.
Si sostiene che il contenuto di tale documentazione, attestando l’occupazione dell’area a opera del nonno sin dal 1946, favoriva una difettosa percezione della realtà, determinando la legittima aspettativa in ordine all’acquisizione del terreno per successione mortis causa, così dovendosi escludere l’elemento psicologico.
Vizio di motivazione circa la sussistenza della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen..
In questo caso si deduce l’apparenza della motivazione, atteso che la corte di appello ha rigettato la richiesta di assoluzione ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen. ritenendo genericamente che l’offesa non potesse considerarsi tenute, senza considerare i criteri fissati dalla Corte di cassazione per valutare la tenuità del fatto in relazione ai reati urbanistici (Sentenza n. 24396 del 2022).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso Ł inammissibile.
La fattispecie descritta dal ricorrente non configura una violazione del divieto di bis in idem, vertendosi -piuttosto- in ipotesi di litispendenza.
Secondo quanto riferito dallo stesso ricorrente, il procedimento che ha portato alla sentenza pronunciata in diverso procedimento risulta avviato in un momento successivo a quello all’odierno esame e la sentenza pronunciata al suo esito non Ł irrevocabile.
Tanto importa che -in ipotesi- il ricorrente dovrebbe far valere la litispendenza e la preclusione processuale nel procedimento instaurato successivamente, dovendosi ricordare che «in tema di litispendenza, qualora vengano instaurati due diversi procedimenti penali riguardanti il medesimo fatto storico, inibisce la procedibilità del procedimento duplicato l’avvenuto esercizio dell’azione penale nell’altro procedimento, dovendosi disporre, in tal caso, l’archiviazione di quello per il quale la stessa non sia stata esercitata, mentre, ove l’azione penale sia stata promossa in entrambi, dovrà pronunciarsi sentenza di non doversi procedere ai sensi dell’art. 649 cod. proc. pen. per quello dei procedimenti nel quale il suo esercizio sia stato successivo (Sez. 5, n. 17252 del 20/02/2020, C., Rv. 279113 – 01).
A parte tale assorbente rilievo, va annotato, in via incidentale, che il tempus commissi delicti del fatto all’odierno giudizio Ł stato contestato in forma c.d. chiusa, dal 01/07/2020 al 07/12/2020.
Il fatto per cui l’imputato ha riportato assoluzione (non irrevocabile), invece, Ł contestato in una
data successiva quella ora indicata, in quanto l’imputazione data al 14/05/2021 il tempus commissi delicti.
Tale notazione evidenzia come non vi siano la sovrapposizione e l’identità dedotte dal ricorrente, atteso il diverso contesto temporale di commissione dei fatti e la conseguente possibilità astratta di configurare due fatti diversi, sia pure in eventuale continuazione.
Va, infatti, ricordato che «il delitto di invasione di terreni o edifici, nel caso in cui l’occupazione abu-siva si protragga nel tempo, ha natura permanente e cessa soltanto con l’allontanamento dell’occupante o con la sentenza di condanna di primo grado, dopo la quale la protrazione del comportamento illecito dà luogo ad una nuova ipotesi di reato che non necessita del requisito dell’invasione, ma si sostanzia nella prosecuzione dell’occupazione e il relativo termine di prescrizione inizia a decorrere dalla pronunzia di condanna» (Sez. 2, n. 16363 del 13/02/2019, COGNOME, Rv. 276096 – 01).
Il motivo, dunque, Ł manifestamente infondato.
Il secondo e il terzo motivo di ricorso sono inammissibili perchØ si risolvono in valutazioni di merito.
2.1. Con riguardo all’elemento psicologico, va anzitutto osservato che la corte di appello, diversamente da quanto dedotto, ha valutato la documentazione versata in atti e, all’esito, ha ritenuto che la stessa non avesse efficacia scagionante,
A tale proposito i giudici hanno osservato che l’elemento psicologico si ricavava dal fatto che Cerrone perseverava nella propria condotta nonostante i pubblici ufficiali gli avessero intimato di rimuovere la recinzione, rendendolo pienamente edotto dell’abusività della stessa, mancando ogni titolo abilitativo, non essendo a tal fine sufficiente una mera richiesta inviata al comune.
2.2. Con riguardo alla configurabilità della causa di esclusione della punibilità, la corte di appello ha escluso che l’offesa al bene giuridico fosse modesto, avendo riguardo al vincolo paesaggistico che insisteva sull’area occupata e all’estensione dell’occupazione, pari a circa mille metri quadrati, oltre che in considerazione della condotta di Cerrone, che ha perseverato nell’occupazione nonostante l’intimazione di sgombero ricevuta dalla Polizia Locale.
2.3. A fronte di una motivazione adeguata, logica, non contraddittoria e conforme ai principi di diritto vigenti in materia, la sentenza risulta insindacabile in sede di legittimità, atteso che in tema di sindacato del vizio della motivazione, il compito del giudice di legittimità Ł quello di di stabilire se i giudici di merito abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre, mentre gli Ł precluso o di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito ovvero quella di comparare le valutazione della difesa e quella dei giudici al fine di scegliere l’una piuttosto che l’altra.
Da ciò discende l’inammissibilità dei motivi che, di fatto, propongono una valutazione delle emergenze processuali -in punto di responsabilità e in tema di tenuità del fatto- alternativa a quella dei giudici della doppia sentenza conforme.
Quanto esposto comporta la declaratoria d’inammissibilità del ricorso e la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchØ, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 19/03/2025.
Il Presidente NOME COGNOME