Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10204 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10204 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato Gerocarne il 27/06/1946
avverso l’ordinanza del 7/10/2024 del Tribunale di Vibo Valentia in funzione di Giudice dell’esecuzione
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che, con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di Vibo Valentia, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza, proposta nell’interesse di NOME COGNOME diretta ad ottenere la revoca della sentenza di condanna emessa dal medesimo Tribunale, in data 20 gennaio 2015, divenuta definitiva in data 9 luglio 2018, per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., alla pena di ann sedici di reclusione.
Considerato che il motivo proposto dalla difesa, avv. NOME COGNOMEvizio di motivazione per essere l’ordinanza apodittica nell’aver pronunciato il rigetto senza
ravvisare la violazione del divieto di bis in idem, nonché contraddittoria avendo riconosciuto che le articolazioni locali di ‘ndrangheta, sono in posizione di natura gerarchica rispetto all’unica mafia “regina” perché dotata di maggiore carisma, senza trarne la necessaria conclusione secondo cui la partecipazione alla cosca deve valere anche quale partecipazione alla ‘ndrangheta unitariamente intesa, richiamando il precedente di legittimità indicato come in termini, Sez. 5, n. 22106 del 2022) risulta manifestamente infondato, per la dirimente ragione secondo la quale le condotte associative, oggetto della denunciata violazione del divieto di bis in idem, non sono sovrapponibili dal punto di vista temporale.
Rilevato, infatti, che, come notato dal Giudice dell’esecuzione, la condanna nei confronti del ricorrente per il reato associativo da parte del Tribunale di Vibo Valentia, con sentenza del 20 gennaio 2015, nonché da quella emessa dalla Corte di appello di Reggio Calabria in riforma della sentenza del 2012, resa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale in sede, la prima quale capo della locale della Ariola, la seconda quale partecipe della società di Rosarno, attengono a fatti storici diversi.
Considerato che, secondo la ricostruzione del Giudice dell’esecuzione, non contraddetta specificamente dal ricorrente, diversa risulta la struttura dei due sodalizi, nel primo caso, relativo ad una locale di ‘ndrangheta operante nelle zone delle Serre, nel secondo caso, relativo all’organizzazione operante nella provincia di Reggio Calabria, attraverso più consorterie tra cui quella di Rosarno, con composizione soggettiva diversa, gruppi reputati attivi in un territorio diverso e, soprattutto, operanti in un arco temporale parzialmente diverso.
Rilevato, infatti, che l’associazione accertata dalla Corte di Reggio Calabria è esistita fino al 21 marzo 2011, mentre quella giudicata dal Tribunale di Vibo Valentia è stata riconosciuta attiva anche per periodo successivo al 2011.
Ritenuto che, secondo la giurisprudenza costante di questa Corte, il principio di preclusione del ne bis in idem non opera – stante la diversità del fatto – nel caso in cui un soggetto faccia parte, anche in coincidenza temporale, di due diverse associazioni criminose, ben potendo il giudice di merito individuare e considerare elementi idonei a differenziare il fatto storico, quali la diversità dei soggetti apica e dei partecipi alle due associazioni, la circostanza che le organizzazioni abbiano operato in ambiti territoriali distinti, seppur contigui, il rilievo della diversi funzioni svolta dal soggetto nei sodalizi criminali (Sez. 5, n. 44537 del 10/03/2015, COGNOME, Rv. 264684 – 01; Sez. 5, n. 19008 del 13/03/2014, COGNOME, Rv. 260002 – 01; Sez. 1, n. 44860 del 05/11/2008, COGNOME, Rv. 242197 – 01) o nel caso in cui, pur trattandosi della stessa associazione, non vi sia coincidenza temporale tra le condotte, perché il soggetto è risultato fare parte, in tempi nettamente definiti e diversi, del medesimo organismo criminoso, quando la condotta prosegua o riprenda in epoca successiva a quella accertata con la sentenza di condanna,
oppure quando vi sia la protrazione di una sua attività partecipativa, tale da rispondere ai bisogni del sodalizio criminoso, oltre la data indicata come terminativa di essa in una precedente sentenza di condanna (Sez. 5, n. 18020 del 10/02/2022, Rv. 283371 – 01 relativa a partecipazione ad associazione mafiosa in cui la Corte ha escluso la violazione del principio del ne bis in idem, in quanto la contestazione afferiva a un periodo temporale successivo rispetto a quello oggetto del precedente procedimento già definito con sentenza irrevocabile).
Ritenuto che segue l’inammissibilità del ricorso e la condanna al pagamento delle spese processuali, nonché, tenuto conto della sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen.yonere del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, determinata equitativamente nella misura di cui al dispositivo, considerati i motivi devoluti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 30 gennaio 2025
Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente