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Divieto di bis in idem: quando non si applica

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato per associazione mafiosa che invocava il divieto di bis in idem. La Corte ha stabilito che la partecipazione a due distinte organizzazioni criminali, diverse per membri, territorio e periodo di attività, costituisce fatti storici distinti e non viola il principio del ne bis in idem.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Divieto di Bis in Idem: No al Doppio Processo, ma non per Fatti Diversi

Il principio del divieto di bis in idem, sancito dal nostro ordinamento, stabilisce che nessuno può essere processato due volte per lo stesso fatto. Ma cosa accade quando un soggetto viene condannato per la partecipazione a due diverse associazioni di stampo mafioso? Si tratta dello stesso reato o di condotte distinte? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, offre un importante chiarimento, ribadendo che la partecipazione a due sodalizi criminali distinti costituisce fatti storici diversi, escludendo così la violazione del principio del ne bis in idem.

Il Caso in Analisi

La vicenda nasce dal ricorso presentato da un individuo condannato in via definitiva a sedici anni di reclusione per il reato di associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.). Il ricorrente sosteneva che tale condanna violasse il divieto di bis in idem, poiché era già stato condannato in un altro procedimento per un reato analogo. A suo dire, entrambe le condanne riguardavano la sua partecipazione alla ‘ndrangheta, che, pur articolata in diverse “locali” sul territorio, andrebbe considerata come un’unica organizzazione criminale.

Il Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Vibo Valentia aveva già rigettato questa tesi, e il caso è quindi approdato in Cassazione. La difesa ha lamentato un vizio di motivazione, sostenendo che la decisione di rigetto fosse stata apodittica e contraddittoria.

La Violazione del Divieto di Bis in Idem: La Decisione della Corte

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra i “fatti storici” oggetto delle due condanne. Secondo gli Ermellini, il divieto di bis in idem non trova applicazione quando le condotte associative, sebbene simili, non sono sovrapponibili.

Diversità Temporale e Strutturale

Il Collegio ha evidenziato differenze sostanziali tra i due sodalizi criminali per cui il ricorrente era stato condannato:

1. Struttura e Territorio: La prima condanna riguardava la partecipazione a una locale di ‘ndrangheta operante nella zona delle Serre, mentre la seconda si riferiva all’appartenenza a un’organizzazione attiva nella provincia di Reggio Calabria, legata alla società di Rosarno. Si trattava quindi di gruppi con composizione soggettiva diversa, operanti in territori distinti.
2. Arco Temporale: Le attività delle due associazioni non coincidevano perfettamente. La prima associazione era stata accertata come esistente fino a marzo 2011, mentre la seconda era risultata attiva anche in un periodo successivo.

Questi elementi, secondo la Corte, sono sufficienti a configurare due fatti storici distinti, rendendo legittime entrambe le condanne.

Il Principio Giurisprudenziale Consolidato

La Cassazione ha colto l’occasione per richiamare la propria giurisprudenza costante in materia. Il principio di preclusione del ne bis in idem non opera quando un soggetto partecipa, anche contemporaneamente, a due diverse associazioni criminose. Il giudice di merito ha il potere di individuare gli elementi che differenziano i fatti storici, come la diversità dei soggetti apicali e dei partecipi, l’ambito territoriale e le funzioni svolte dall’imputato all’interno dei sodalizi.

Inoltre, la Corte ha specificato che il divieto non si applica neanche quando, pur trattandosi della stessa associazione, la condotta partecipativa prosegue o riprende in un’epoca successiva a quella già giudicata con sentenza irrevocabile.

Le motivazioni della decisione

Le motivazioni della Corte si fondano su una rigorosa interpretazione del concetto di “medesimo fatto”. Non è sufficiente che il reato contestato sia lo stesso (in questo caso, art. 416-bis c.p.), ma è necessario che la condotta specifica, nel suo nucleo storico e naturalistico, sia identica. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che la partecipazione a due clan distinti, con differenti membri, operatività territoriale e, in parte, temporale, costituisca due condotte separate e autonome. La non sovrapponibilità temporale è stata considerata una ragione “dirimente”. Di conseguenza, processare e condannare un individuo per ciascuna di queste partecipazioni non significa processarlo due volte per la stessa cosa, ma piuttosto giudicarlo per due reati distinti, seppur della stessa natura.

Le conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio cruciale nella lotta alla criminalità organizzata: l’appartenenza a un’associazione mafiosa è un reato permanente che si consuma nel tempo. Se un soggetto aderisce a più di un’organizzazione criminale, commette tanti reati quante sono le associazioni a cui partecipa. Questa pronuncia chiarisce che il divieto di bis in idem protegge l’individuo da un doppio giudizio sul medesimo fatto storico, ma non può essere invocato come scudo per cumulare impunemente più condotte criminali distinte. La decisione, pertanto, conferma la legittimità di perseguire penalmente ogni singola manifestazione di partecipazione a sodalizi mafiosi, garantendo che la risposta sanzionatoria sia proporzionata alla pluralità delle condotte illecite.

Si può essere processati per partecipazione a due associazioni mafiose diverse senza violare il divieto di bis in idem?
Sì, secondo la Corte di Cassazione è possibile. Se le due associazioni sono distinte per struttura, composizione soggettiva, ambito territoriale e periodo di attività, si tratta di due fatti storici diversi e il principio del ne bis in idem non si applica.

Quali elementi distinguono due fatti di associazione criminale ai fini del ne bis in idem?
Gli elementi idonei a differenziare i fatti storici includono la diversità dei soggetti apicali e dei membri, la circostanza che le organizzazioni operino in territori distinti (anche se contigui), la diversità delle funzioni svolte dal soggetto e la non sovrapponibilità dell’arco temporale delle condotte.

Il divieto di bis in idem si applica se la partecipazione alla stessa associazione criminale prosegue dopo una prima condanna?
No. Se la condotta partecipativa prosegue o riprende in un’epoca successiva a quella accertata con la prima sentenza di condanna definitiva, si configura un nuovo fatto e il principio del ne bis in idem non opera.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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