Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 10399 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 10399 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/02/2023 della CORTE di APPELLO di MILANO
Visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Milano, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato pronuncia del Tribunale della stessa città in data 12/11/2021, che aveva condannato NOME alle pene di legge perché ritenuto colpevole del delitto di danneggiamento aggravato di strutture della cella ove risultava detenuto.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, deducendo, co unico motivo qui riassunto ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen., violazione dell’art. 606, com 1, lett. b), cod. proc. pen. con riferimento alla violazione dell’art. 649 cod. proc. pen. a non essere perseguiti due volte per lo stesso fatto, nell’interpretazione della convenzionalmente adeguata in riferimento alla garanzia di cui all’art. 4, Prot. Addizionale alla Convenzione EDU; esponeva in proposito che sussistevano tutti i presupposti per ritener che il fatto non potesse essere giudicato anche in sede penale, per effetto dell’interve irrogazione, in sede disciplinare, di una sanzione amministrativa ex art. 39 ord. Pen..
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, proposto per motivi in parte non fondati, in parte privi della necessaria spe deve, nel complesso, essere rigettato.
Il divieto di bis in idem (dal brocardo Bis de eadem re ne sit actio) è sancito a livello convenzionale dall’art. 4, § 1, del Protocollo addizionale alla Convenzione Europea per salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali (d’ora in poi, Convenzione E a norma del quale «nessuno può essere perseguito o condannato penalmente dalla giurisdizione dello stesso Stato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato a seguito di sentenza definitiva conformemente alla legge ed alla procedura penale di tale Stato».
1.1. La predetta disposizione ha costituito oggetto di plurimi interventi della Corte EDU, particolare, di una decisione della RAGIONE_SOCIALE Chambre (sentenza 15 novembre 2016, caso A. e B. c. Norvegia), che ha rigettato il ricorso di due contribuenti i quali, per la medesima ev fiscale, avevano riportato condanna in sede penale ed in sede amministrativa (ad una sanzione tributaria), valorizzando, per escludere che fosse stato violato il divieto di bis in idem:
l’agevole prevedibilità, secondo la normativa interna, del fatto che, in consegue dell’accertata evasione fiscale, potessero essere instaurati in danno dei ricorrenti due d procedimenti, finalizzati l’uno all’irrogazione della sanzione penale, l’altro d amministrativa (tributaria);
la sostanziale contestualità dei due distinti procedimenti;
l’intervenuto richiamo, nell’ambito del procedimento penale, dei fatti accertati nel procedim amministrativo;
l’intervenuta determinazione della sanzione penale irrogata in concreto, tenendo conto anch di quella sanzione amministrativa (tributaria) già irrogata ai ricorrenti.
Per tali ragioni, la Corte EDU ha affermato che, pur essendo stati formalmente celebrati in dan dei ricorrenti, per lo stesso fatto, due distinti procedimenti, che avevano conclusivam comportato l’irrogazione, in danno dei predetti, di due distinte sanzioni, in concreto, i procedimenti avevano costituito distinti segmenti di un medesimo, complesso, unitario iter giudiziario.
1.1.1. La citata decisione della RAGIONE_SOCIALE Chambre della Corte EDU ha richiamato, per determinare l’identità del fatto contestato (che costituisce uno dei presupposti di operativi divieto de quo), la sua precedente sentenza del 10/02/2009, caso COGNOME c. Russia, osservando che, «a partire da tale sentenza, è chiaro che la questione di stabilir entrambi i procedimenti riguardassero lo stesso reato deve essere analizzata sulla base dei so fatti (si vedano in particolare i paragrafi 82 e 84 della sentenza). I due procedimenti verte sullo stesso reato se traggono origine da «fatti identici o fatti che sono sostanzialmente gli (§ 82). È dunque necessario che «l’esame riguardi quei fatti che costituiscono un insieme circostanze fattuali concrete che implicano la stessa persona e indissolubilmente legate tra dal punto di vista temporale e dello spazio» (§ 84)».
La sentenza emessa della RAGIONE_SOCIALE Chambre della Corte EDU nel caso A. e B. c. Norvegia ha ribadito anche la necessità di far riferimento ai cc. dd. “criteri RAGIONE_SOCIALE” (così definiti in alla sentenza che per prima li enunciò: Corte EDU, 8 giugno 1976, caso RAGIONE_SOCIALE c. Paesi Bassi) pe qualificare la natura “sostanzialmente penale” delle sanzioni irrogabili per uno stesso fatto costituisce altro presupposto di operatività del divieto de quo), ed evitare che gli ordin nazionali, per eludere il predetto divieto, con una sorta di “frode delle etichette” qual formalmente come amministrative sanzioni sostanzialmente penali.
I predetti criteri valorizzano, ai fini della qualificazione della natura sostanziale di una
la qualificazione giuridica dell’infrazione nel diritto interno;
la natura dell’infrazione o dell’illecito;
il grado di severità della sanzione applicabile.
Trattasi di criteri validi anche alternativamente, che non devono quindi necessariamen concorrere.
La RAGIONE_SOCIALE Chambre ha, invece, ritenuto non più necessaria l’interruzione del procediment ancora pendente all’atto della definitività di quello concomitante avente ad oggetto l’idem factum, fissando una regola nuova, secondo la quale la violazione del divieto di bis in idem sancito dall’art. 4, Prot. 7, Conv. EDU è esclusa, ed i distinti procedimenti finalizza all’irrogazione di sanzioni penali ed amministrative possono essere portati entramb conclusione, quando tra essi sussista un « nesso materiale e temporale sufficientemente strett «in altre parole, deve essere dimostrato che questi ultimi si combinavano in maniera da esser integrati in un tutto coerente. Questo significa non solo che gli scopi perseguiti e i mezzi u per raggiungerli devono essere in sostanza complementari e presentare un nesso temporale, ma anche che le eventuali conseguenze derivanti da una tale organizzazione del trattamento
giuridico del comportamento in questione devono essere proporzionate e prevedibili per l persona sottoposta alla giustizia» (§ 130).
Secondo la RAGIONE_SOCIALE Chambre, in particolare, esiste un nesso sufficientemente stretto dal punt di vista materiale tra due (o più) procedimenti aventi ad oggetto lo stesso fatto (§ 132):
se i diversi procedimenti perseguono scopi complementari e riguardano in tal modo, non soltanto in abstracto ma anche in concreto, gli aspetti diversi dell’atto pregiudizievole per collettività interessata;
se il carattere misto dei procedimenti in questione sia una conseguenza prevedibile, sia diritto che in pratica, dello stesso comportamento sanzionato;
se i procedimenti in questione siano stati condotti in maniera da evitare per quanto possi qualsiasi ripetizione nella raccolta e nella valutazione degli elementi di prova, soprattutto ad una interazione adeguata tra le diverse autorità competenti, facendo apparire ch l’accertamento dei fatti compiuto in uno dei procedimenti è stato ripreso nell’altro;
se la sanzione imposta all’esito del procedimento conclusosi per primo sia stata considerat nell’ambito del procedimento che si è concluso per ultimo, in modo da non finire con il far gra sull’interessato un onere eccessivo, rischio, quest’ultimo, che è meno suscettibile di present se esiste un meccanismo compensatorio concepito per assicurare che l’entità globale di tutte l pene pronunciate sia proporzionata.
Sotto il profilo strettamente temporale, tale nesso è stato ritenuto configurabile quando tra procedimenti sussista anche un collegamento di natura cronologica; ciò non rende, peraltro necessario, che i due procedimenti siano condotti simultaneamente dall’inizio alla fine: «Lo S deve avere la facoltà di scegliere che i due procedimenti siano condotti progressivamente se t procedura è giustificata da un intento di efficacia e di buona amministrazione della giust persegue finalità sociali diverse e non causa un pregiudizio sproporzionato all’interess Tuttavia, (…), deve esservi sempre un nesso temporale. Tale nesso deve essere sufficientemente stretto affinché la persona sottoposta alla giustizia non si trovi in all’incertezza e a lungaggini, e affinché i procedimenti non si protraggano troppo nel tempo veda, come esempio di lacuna di questo tipo, COGNOME e altri, (…), § 67), anche nell’i in cui il regime nazionale pertinente preveda un meccanismo «integrato» che comporti un elemento amministrativo e un elemento penale diversi. Quanto più il nesso temporale è debole, tanto più lo Stato dovrà spiegare e giustificare le lungaggini di cui potrebbe essere responsa nel condurre i procedimenti.» (§ 134).
Si è, pertanto, concluso che la celebrazione di distinti procedimenti e la conclusiva irroga di più sanzioni aventi natura sostanzialmente penale non viola necessariamente il divieto di bis in idem convenzionale, sancito dall’art. 4, Protocollo 7, alla Convenzione EDU, in quanto previsione normativa di un doppio binario sanzionatorio, sussistendo tra i procedimenti un nes sostanziale e temporale “sufficientemente stretto”, nei termini illustrati, si traduce in un integrato che permette di affrontare i diversi aspetti dell’illecito in maniera preve proporzionata nel quadro di una strategia unitaria.
1.2. Il divieto di bis in idem è sancito, nell’ordinamento interno, dall’art. 649 cod. proc. pen la disposizione è stata dichiarata costituzionalmente illegittima per contrasto con l’ar comma 1, della Costituzione, in riferimento all’art. 4 del Protocollo n. 7 alla Convenzione nella parte in cui, secondo il diritto vivente, esclude che il fatto sia il medesimo pe circostanza che sussiste un concorso formale tra il reato già giudicato con sentenza irrevocab e il reato per cui è iniziato il nuovo procedimento penale (Corte cost., sentenza n. 200 d maggio 2016).
Nel caso in esame, il Tribunale ha ritenuto che l’odierno procedimento penale per il rea di danneggiamento aggravato contestato non sia stato instaurato in violazione del divieto di bis in idem, pur essendo stato in precedenza l’imputato sottoposto a procedimento disciplinare per il medesimo fatto.
Secondo un orientamento ormai consolidato (così, per tutte, da ultimo, Sez. U, n. 8544 de 24/10/2019, dep. 2020, Genco, Rv. 278054 – 01), il giudice nazionale è vincolato soltanto dal sentenze pilota e da quelle espressive di orientamenti consolidati della giurisprudenza europe che, tuttavia, in relazione ai rapporti tra separati procedimenti finalizzati all’irrog sanzioni penali e sanzioni disciplinari, non soltanto non ha mai affermato l’operatività del d di bis in idem sancito dall’art. 4 del Protocollo n. 7 alla Convenzione EDU, ma anzi la espressamente esclusa (Corte EDU, RAGIONE_SOCIALE Chambre, sentenza 21 febbraio 1984, caso COGNOME c. Germania, § 53; Corte EDU, RAGIONE_SOCIALE Chambre, sentenza 10 febbraio 2009, caso NOME COGNOME c. Russia, § 55).
3.1. Come dedotto dal Governo norvegese nel caso deciso dalla Corte EDU, RAGIONE_SOCIALE Chambre, sentenza 15 novembre 2016, caso A. e B. c. Norvegia (§ 67), dal Rapporto esplicativo su Protocollo n. 7 risulta che il contenuto dell’art. 4 del Protocollo è stato concepito per rig i procedimenti penali intesi stricto sensu. Tale rapporto indica, nel § 28, che non era sembrato necessario definire l’illecito come “penale” in quanto il contenuto dell’articolo 4, «che c già i termini “penalmente” e “procedimento penale”, rendeva questa precisazione inutile nel te stesso dell’articolo»; nel successivo § 32, il Rapporto sottolinea che l’art. 4 del Protoco non vieta che si tengano procedimenti «di natura diversa (ad esempio un procedimento disciplinare, nel caso di un funzionario)».
La prospettazione, non contestata dalla RAGIONE_SOCIALE Chambre, pur improduttiva di conseguenze ai fini della decisione del caso A. e B (che riguardava sanzioni di natura non disciplinare tributaria), appare di grande rilievo in relazione al caso in ora esame, riguardante pr sanzioni disciplinari.
D’altro canto, in più occasioni la RAGIONE_SOCIALE Chambre della Corte EDU (21/02/1984, caso COGNOME c. Germania, § 53; 10/02/2009, caso NOME COGNOME c. Russia, § 55), ai fini dell’attribuz della natura sostanzialmente penale ad una sanzione formalmente non penale, ha evidenziato che la sanzione “sostanzialmente penale” si caratterizza per la circostanza di essere diretta
generalità dei consociati («towards all citizens rather than towards a group possessing a special status»; la prima delle sentenze citate precisa, inoltre, «in the manner, for example, of disciplinary law»), di tal che incide negativamente sulla configurabilità del terzo dei criteri E (gravità delle conseguenze in cui l’incolpato può incorrere in conseguenza della commission dello “stesso fatto” costituente oggetto di due distinti procedimenti) il fatto che la san disamina non risulti efficace nell’ambito della generalità dei consociati.
La giurisprudenza penale interna, con riguardo ad una fattispecie simile a quella ogget del presente procedimento, questa Corte (Sez. 2, n. 9184 del 15/12/2016, dep. 2017, Pagano, Rv. 269237-01), ha inizialmente ritenuto che non sussiste la preclusione all’esercizio dell’a penale ex art. 649 cod. proc. pen., quale conseguenza della già avvenuta irrogazione, per l stesso fatto, di una sanzione formalmente amministrativa ma sostanzialmente “penale”, ai sensi dell’art. 4 del Protocollo 7 alla Convenzione EDU (come interpretato dalla sentenza della Cor EDU, RAGIONE_SOCIALE Chambre, 15/11/2016, A. e B. c. Norvegia), allorquando le due procedure risultino complementari, in quanto dirette al soddisfacimento di finalità sociali differenti, e dete l’inflizione di una sanzione penale “integrata”, che sia prevedibile e, in con complessivamente proporzionata al disvalore del fatto, ritenendo altresì la contiguità tempor dei distinti procedimenti cui l’interessato era stato separatamente sottoposto.
In applicazione del principio, è stata annullata con rinvio una sentenza che aveva dichiarato doversi procedere per il reato di danneggiamento aggravato commesso da un detenuto su una finestra della casa circondariale in cui era ristretto, sulla base della considerazione che l’i aveva già subìto la sanzione disciplinare della esclusione dalle attività in comune per 5 gior
4.1. In seguito, più correttamente, e sempre con riguardo ad una fattispecie simile a que oggetto del presente procedimento, è stata esclusa la possibilità di attribuire n sostanzialmente penale alle sanzioni disciplinari, in quanto esse sono valide ed efficaci solt all’interno di una ristretta cerchia di consociati, e fino a che il soggetto sanzionato ne fac (Sez. 2, n. 43434 del 20/06/2017, Reho, non mass.; per l’impossibilità di attribuire na sostanzialmente penale a sanzioni disciplinari, cfr. anche Sez. 2, n. 5048 del 09/12/2020, d 2021, COGNOME, Rv. 280570 – 01, in fattispecie riguardante una sanzione amministrativa irrogat in ambito assicurativo – RAGIONE_SOCIALE – a seguito di procedimento disciplinare relativo agli stessi oggetto di procedimento penale).
D’altro canto, anche la giurisprudenza civile interna è ferma nel ritenere che la sanz disciplinare ha come destinatari gli appartenenti ad un ordine professionale ed è preordin all’effettivo adempimento dei doveri inerenti al corretto esercizio dei compiti loro asseg che comporta che ad essa non possa attribuirsi natura sostanzialmente penale (Sez. civ. 2, n 2927 del 03/02/2017, Rv. 643161 – 01, in fattispecie riguardante il procedimento disciplinar carico di un notaio; conforme, Sez. lav., n. 25485 del 26/10/2017, Rv. 646112 – 01, per quale, in materia di pubblico impiego privatizzato, sulla base dei criteri indicati dalla Cort
richiamati nelle pronunce della Corte costituzionale 16 dicembre 2016, n. 276, e 24 febbr 2017, n. 43, deve escludersi la natura penale delle sanzioni disciplinari, in quanto il disciplinare non è espressione della pretesa punitiva dell’autorità pubblica, ma del po direttivo del datore di lavoro, inteso come potere di conformazione della prestazione esigenze organizzative dell’impresa o dell’ente che, nei rapporti disciplinati dal d.lgs. n. 2001, ha natura privatistico-contrattuale, con la conseguenza che il lavoratore, condannato sede penale con sentenza passata in giudicato, non può invocare l’art. 4 del Protocollo 7 de Convenzione EDU per sottrarsi al procedimento disciplinare, che il datore di lavoro abbia avvi per i fatti contestati in sede penale).
Il principio è stato più recentemente ribadito da Sez. civ. 2, n. 9114 del 31/03/2023, Rv. 667 – 01 (fattispecie riguardante un procedimento disciplinare nei confronti di un me odontoiatra), per la quale la sanzione disciplinare ha come destinatari gli appartenenti ordine professionale ed è preordinata all’effettivo adempimento dei doveri inerenti al cor esercizio dei compiti loro assegnati, sicché ad essa non può attribuirsi – secondo le statui della sentenza della Corte EDU 4 marzo 2014, RAGIONE_SOCIALE Stevens ed altri c/o Italia – natur sostanzialmente penale.
La giurisprudenza della Corte EDU e quella di legittimità penale e civile sono qui sostanzialmente concordi nell’escludere la configurabilità dei presupposti di operativit divieto di bis in idem tra procedimento penale e procedimento disciplinare, poiché quest’ultimo può comportare unicamente l’irrogazione di sanzioni mai sostanzialmente penali, in quanto conseguenti alla violazione di regole di comportamento valevoli unicamente nell’ambito di un cerchia ristretta di soggetti, ma non anche della generalità dei consociati, essendo finalizzate unicamente a regolare l’ordinato svolgersi dei reciproci rapporti in determinati contest settori.
6.1. Pur facendo applicazione dei “criteri RAGIONE_SOCIALE“, alla sanzione disciplinare irrogabile nel di specie al ricorrente non può essere attribuita natura sostanzialmente penale, in partic quanto alla sua “gravità”, decisivamente condizionata, in senso negativo, dal fatto che de sanzione eserciterebbe efficacia afflittiva soltanto nel contesto carcerario e fino a che il s sanzionato ne faccia parte, ma non eserciterebbe alcuna efficacia al di fuori di tale contesto
7. Va, pertanto, enunciato il seguente principio di diritto:
«Non è configurabile la violazione del divieto di bis in idem nel caso di soggetto detenuto, già sanzionato disciplinarmente ex art. 81, comma 2, d.P.R. n. 230 del 2000, successivamente chiamato a rispondere per lo stesso fatto del reato di cui all’art. 635 cod. pen.: il divi bis in idem tra procedimento disciplinare e procedimento penale non è stato fin qui affermato dall Corte EDU, che anzi lo ha espressamente escluso (cfr. Corte EDU, RAGIONE_SOCIALE Chambre, 21 febbraio 1984, COGNOME c. Germania e 10 febbraio 2009, caso NOME COGNOME c. Russia), come peraltro
già chiarito nel Rapporto esplicativo sul Protocollo 7; in ogni caso, alla sanzione disciplin de qua, in applicazione dei cc.dd. “criteri RAGIONE_SOCIALE“, non può essere attribuita natura penale>>.
Deve, pertanto, concludersi che la decisione impugnata è legittima.
Deve per completezza rilevarsi che, secondo l’orientamento di questa Corte, non è deducibile per la prima volta in sede di legittimità la violazione del divieto di “bis in idem” sostanziale, in quanto l’accertamento relativo alla identità del fatto oggetto dei due procedimenti, intesa come coincidenza di tutte le componenti della fattispecie concreta, impl un apprezzamento di merito, né è consentito alle parti produrre in sede di legittimità docume concernenti elementi fattuali (Sez. 2, n. 6179 del 15/01/2021, Rv. 280648 – 01); in termini parzialmente differenti, si è anche affermato che la preclusione derivante dal giudicato forma sul medesimo fatto, risolvendosi in un “error in procedendo”, è deducibile per la prima volta nel giudizio di legittimità a condizione che la decisione della relativa questione non compo necessità di accertamenti di fatto, nel qual caso la stessa deve essere proposta al giud dell’esecuzione. (Sez. 1, n. 37282 del 24/06/2021, Rv. 282044 – 01).
9.1. Nel caso in esame, la questione della sussistenza della lamentata violazione del diviet di bis in idem in relazione al procedimento disciplinare iniziato nei confronti del ricorrente di all’autorità carceraria, rispetto al presente procedimento penale per il reato di danneggiamen non risulta essere stata proposta come motivo di gravame, e ciò sebbene essa si fondi sull trasmissione di atti al Direttore del carcere di San Vittore citata in ricorso, operata già n sarebbe stato, pertanto, onere del difensore eccepire (in quanto già eccepibile) come motivo appello la lamentata violazione de qua.
9.2. In ogni caso, il ricorso risulta anche privo della necessaria specificità nella part lamenta la duplicazione dei procedimenti a fronte di un procedimento amministrativo di cui no indica l’esito definitivo, ovvero la precisa entità/durata delle sanzioni in ipotesi limitandosi ad un generico richiamo del contenuto dell’art. 39 Ord. penit.
L’applicazione dei sopra esposti principi comporta, nel complesso, il rigetto del ricor tale declaratoria consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorre pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma,« gennaio 2024