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Divieto di bis in idem: no se la sanzione è disciplinare

La Corte di Cassazione ha stabilito che il principio del ‘divieto di bis in idem’ (non essere processati due volte per lo stesso fatto) non si applica quando un detenuto, già sanzionato in via disciplinare per aver danneggiato la propria cella, viene successivamente processato in sede penale per il medesimo reato. La Corte ha chiarito che la sanzione disciplinare carceraria non ha natura ‘sostanzialmente penale’ secondo i criteri della giurisprudenza europea, in quanto i suoi effetti sono limitati al contesto penitenziario e non si estendono alla generalità dei cittadini.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Divieto di bis in idem: Sanzione Disciplinare e Processo Penale Possono Coesistere

Il principio del divieto di bis in idem, che impedisce di essere processati due volte per lo stesso fatto, è un caposaldo del nostro sistema giuridico. Tuttavia, la sua applicazione può essere complessa quando uno stesso comportamento dà origine sia a un procedimento disciplinare che a uno penale. Con la sentenza n. 10399 del 2024, la Corte di Cassazione ha fornito un importante chiarimento, stabilendo che una sanzione disciplinare inflitta a un detenuto non preclude la sua successiva condanna in sede penale per il medesimo fatto.

I Fatti del Caso: Danneggiamento in Cella e Doppio Procedimento

Il caso ha origine dalla condotta di un detenuto, condannato in primo e secondo grado per il reato di danneggiamento aggravato per aver rovinato alcune strutture della cella in cui era recluso. Il difensore del condannato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo la violazione del principio del ne bis in idem. La tesi difensiva si basava sul fatto che l’imputato era già stato sottoposto a un procedimento disciplinare interno al carcere per lo stesso identico episodio, ricevendo una sanzione amministrativa ai sensi dell’ordinamento penitenziario. Secondo il ricorrente, questa prima sanzione avrebbe dovuto precludere l’avvio di un ulteriore procedimento, quello penale, per lo stesso fatto.

La Questione Giuridica: Il Confine del Divieto di bis in idem

La questione centrale affrontata dalla Suprema Corte riguarda i limiti di applicabilità del divieto di bis in idem, sancito dall’art. 649 del codice di procedura penale e dall’art. 4 del Protocollo n. 7 alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU). La difesa sosteneva che la sanzione disciplinare, pur essendo formalmente amministrativa, avesse una natura ‘sostanzialmente penale’ secondo l’interpretazione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Corte EDU). Se così fosse stato, il successivo processo penale sarebbe risultato illegittimo.

L’Analisi della Corte e la Natura della Sanzione Disciplinare

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, svolgendo un’analisi approfondita della giurisprudenza europea, in particolare dei cosiddetti ‘criteri Engel’, utilizzati per determinare la natura sostanzialmente penale di una sanzione.

I ‘Criteri Engel’ e la Loro Applicazione

Per stabilire se una sanzione possa essere considerata ‘penale’ ai fini della Convenzione EDU, e quindi far scattare il divieto di bis in idem, si devono valutare tre elementi:
1. La qualificazione giuridica dell’illecito nel diritto interno.
2. La natura stessa dell’illecito.
3. La natura e la gravità della sanzione.

La Corte ha osservato che, nel caso di specie, è soprattutto il terzo criterio a essere decisivo. Una sanzione disciplinare carceraria, come l’esclusione da attività in comune, ha un’efficacia limitata al contesto penitenziario e per il tempo in cui il soggetto vi è ristretto.

La Differenza Sostanziale tra Sanzione Disciplinare e Penale

Il punto cruciale della decisione risiede nella distinzione tra le finalità delle due tipologie di sanzioni. La sanzione penale ha uno scopo punitivo e preventivo rivolto alla generalità dei consociati. La sanzione disciplinare, invece, è diretta a un gruppo ristretto di soggetti (in questo caso, i detenuti) e ha lo scopo di mantenere l’ordine e la disciplina all’interno di quello specifico contesto. Non è destinata a produrre effetti al di fuori di esso.

Le Motivazioni della Decisione

Sulla base di queste premesse, la Cassazione ha concluso che la sanzione disciplinare prevista dall’ordinamento penitenziario non possiede una natura ‘sostanzialmente penale’. La sua gravità è intrinsecamente condizionata e limitata al contesto carcerario. Di conseguenza, essa non è idonea a consumare la pretesa punitiva dello Stato, che può legittimamente essere esercitata attraverso il processo penale. La Corte ha ribadito che la stessa giurisprudenza della Corte EDU ha più volte escluso l’operatività del ne bis in idem nel rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale. Pertanto, i due procedimenti possono coesistere, in quanto perseguono scopi diversi e complementari: uno mira a regolare la vita interna a un’istituzione, l’altro a punire un reato a tutela della collettività.

Conclusioni

Questa sentenza consolida un importante principio di diritto: la celebrazione di un procedimento disciplinare non impedisce l’esercizio dell’azione penale per lo stesso fatto, quando la sanzione disciplinare non abbia le caratteristiche per essere considerata ‘sostanzialmente penale’. La decisione chiarisce che il divieto di bis in idem va interpretato tenendo conto della finalità e della portata delle sanzioni irrogate. Per i detenuti, così come per altre categorie soggette a regimi disciplinari (ad es. i professionisti), ciò significa che una violazione delle regole interne può avere una duplice conseguenza, disciplinare e penale, senza che questo costituisca una violazione dei diritti fondamentali.

Un detenuto può essere processato penalmente per un fatto per cui ha già ricevuto una sanzione disciplinare in carcere?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la sanzione disciplinare e quella penale perseguono finalità diverse e possono coesistere. La prima regola la vita interna al carcere, la seconda punisce un reato a tutela della collettività. Pertanto, non si viola il divieto di essere processati due volte per lo stesso fatto (ne bis in idem).

Perché una sanzione disciplinare carceraria non è considerata ‘sostanzialmente penale’ dalla Corte?
Perché i suoi effetti sono limitati esclusivamente al contesto carcerario e alla durata della detenzione del soggetto. Non ha una portata generale e afflittiva verso la generalità dei cittadini, ma si rivolge a una cerchia ristretta di persone per mantenere l’ordine interno. Manca quindi il requisito della ‘gravità’ secondo i criteri stabiliti dalla giurisprudenza europea.

Cosa sono i ‘criteri Engel’ citati nella sentenza?
Sono tre parametri elaborati dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per determinare se una sanzione, pur definita amministrativa o disciplinare a livello nazionale, debba essere considerata ‘penale’ nella sostanza. I criteri sono: 1) la qualificazione giuridica dell’illecito nel diritto interno, 2) la natura dell’illecito, 3) la natura e il grado di severità della sanzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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