Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 14411 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 14411 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
VANDALAC CIPRIAN IONUT nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/06/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Torino, in funzione di giudice del rinvio a seguito dell’annullamento della precedente decisione, ha confermato la condanna di NOME per il reato di cui all’art. 235 comma 3 c.p.
Avverso la sentenza ricorre l’imputato articolando due motivi. Con il primo deduce erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione. In tal senso eccepisce il ricorrente la violazione del vincolo di rinvio e conseguentemente del divieto di bis in idem. Rileva in proposito che il NOME, al quale era stata applicata nel novembre 2018 la misura di sicurezza dell’espulsione, ha fatto rientro nel territorio italian trasgredendo alla stessa. Per tale violazione l’imputato era stato condannato una prima volta nel 2019 per il reato di cui all’art. 13 comma 13-bis d.lgs. n. 286 del 1998, talchè la nuova condanna, ancorchè per il reato di cui all’art. 235 comma 3 c.p., violerebbe il divieto di un secondo giudizio. Ed infatti il giudice di legittimità aveva annullato precedente pronunzia della Corte territoriale chiedendo alla stessa di verificare se il fatto addebitato fosse lo stesso in quanto relativo alla trasgressione del medesimo ordine di espulsione, come poi effettivamente accertato in sede di rinvio, in quanto in tal caso l’imputato non avrebbe dovuto essere processato nuovamente. Né risulta che a seguito della pregressa condanna sia stata ordinata nuovamente l’espulsione del NOME. Non di meno la norma incriminatrice che configura il reato oggetto della prima condanna sarebbe speciale rispetto all’art. 235 comma 3 c.p. in quanto punisce espressamente il reingresso di colui che è stato espulso, anche perchè sarebbe priva di offensività la mera condotta di trattenimento nel territorio nazionale in pendenza di un provvedimento di espulsione. Con il secondo motivo il ricorrente deduce erronea applicazione della legge penale in merito al denegato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p., giustificata in riferimento ai preced dell’imputato invero tutti riguardanti reati contro il patrimonio e dunque, non essendo la recidiva elemento ostativo all’applicazione dell’istituto, irrilevanti ai fini valutazione dell’occasionalità della condotta incriminata. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. In particolare sono fondate le censure formulate nella prima parte del primo motivo, il cui accoglimento comporta l’assorbimento di tutte le altre doglianze articolate dal ricorrente.
E’ insegnamento consolidato di questa Corte quello per cui il giudice del rinvio è tenuto ad uniformarsi non solo al principio di diritto, ma anche alle premesse logico-giuridiche poste a base dell’annullamento, non potendo nuovamente valutare questioni che, anche se non esaminate nel giudizio rescindente, costituiscono i presupposti della pronuncia sui quali si è formato il giudicato implicito interno (Sez. 6, n. 11641 del 20/02/2018, Ranzi, Rv. 272641).
In tal senso deve rilevarsi che il vincolo di rinvio posto alla Corte territoriale era ass stringente e non riguardava solo un vizio di motivazione, come ritenuto erroneamente dalla Corte territoriale. Infatti la pronunzia rescindente aveva richiesto al giudice d rinvio di verificare se le due condanne subite dal COGNOME avessero ad oggetto la trasgressione del medesimo ordine di espulsione e, per il caso di esito positivo di tale accertamento, aveva formulato il principio di diritto per cui la seconda sentenza doveva considerarsi emessa in violazione del divieto di bis in idem. Statuizione che ha implicitamente presupposto che oggetto di contestazione in entrambi i procedimenti intentati nei confronti dell’imputato oggetto di è stata la condotta di trasgressione al provvedimento di espulsione consistita nell’indebito reingresso nel territorio nazionale.
A prescindere dai rapporti che intercorrono tra le fattispecie previste, rispettivamente, dall’art. 13 comma 13-bis d.lgs. n. 286 del 1998 e dall’art. 235 comma 3 c.p. e in particolare dal fatto se tale ultima disposizione punisca o meno solo l’illecito reingresso nel territorio italiano di colui che ne è stato espulso – come espressamente previsto dalla prima delle disposizioni citate – o anche l’inottemperanza all’esecuzione dell’ordine di espulsione mediante l’abusivo trattenimento nel suddetto territorio e dalla compatibilità di tale interpretazione con i principi sanciti dalla Corte di Giustizia UE con la sentenza C-61/11 del 28 aprile 2011, è pacifico che, tanto nel precedente procedimento (definito in via definitiva con sentenza della medesima Corte d’appello con sentenza del 4 dicembre 2020), quanto in quello per cui è ricorso, al COGNOME è stato contestato soltanto di essere rientrato in Italia successivamente all’esecuzione coattivamente eseguita – dell’espulsione ordinata dall’autorità giudiziaria.
La Corte territoriale ha dunque surrettiziamente cercato di aggirare il vincolo di rinvio attribuendo natura permanente al reato contestato e modificando in definitiva il fatto in contestazione per affermarne la diversità da quello oggetto della pregressa condanna. In tal senso ha infatti trasformato la condotta di reingresso in quella, ontologicamente diversa, di trattenimento nel territorio italiano in violazione dell’ordine di espulsione.
In conclusione, atteso che il giudice di rinvio ha stabilito che entrambe le con si riferiscono al medesimo ordine di espulsione, la sentenza impugnata deve esse annullata senza rinvio per essere l’imputato già stato giudicato per il medesimo fatt
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, per essere l’imputato già stato giudica per il medesimo fatto.
Così deciso il 31/1/2024