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Divieto di bis in idem: no a due condanne per lo stesso fatto

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna per violazione di un ordine di espulsione, riaffermando il principio del divieto di bis in idem. Un cittadino straniero, già condannato per essere rientrato illegalmente in Italia, era stato nuovamente processato e condannato per il medesimo fatto, sebbene qualificato con una diversa norma incriminatrice. La Suprema Corte ha stabilito che non è possibile processare due volte una persona per la stessa condotta, annullando la seconda sentenza senza rinvio.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Divieto di bis in idem: non si può essere processati due volte per lo stesso reato

Un pilastro fondamentale del nostro ordinamento giuridico è il principio del divieto di bis in idem, secondo cui nessuno può essere giudicato due volte per il medesimo fatto. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 14411/2024) ha ribadito con forza questo concetto, annullando una condanna inflitta a un cittadino straniero che era già stato processato e condannato per la stessa condotta di violazione di un ordine di espulsione.

I Fatti: Il Doppio Processo per la Violazione dell’Ordine di Espulsione

La vicenda riguarda un cittadino straniero colpito da una misura di sicurezza di espulsione dal territorio nazionale nel 2018. Infrangendo tale ordine, l’uomo faceva rientro in Italia. Per questa trasgressione, veniva processato e condannato una prima volta nel 2019, in base alla normativa specifica sull’immigrazione (art. 13, comma 13-bis, d.lgs. 286/1998).

Successivamente, veniva avviato un secondo procedimento penale per lo stesso identico episodio storico: il rientro in violazione del medesimo ordine di espulsione. Questa volta, però, il reato contestato era quello previsto dall’art. 235, comma 3, del codice penale, che punisce la trasgressione alle misure di sicurezza.

La Corte d’Appello, in funzione di giudice del rinvio dopo un primo annullamento da parte della Cassazione, confermava la seconda condanna. Per giustificare questa decisione, tentava di distinguere i fatti, sostenendo che la seconda condotta non fosse il ‘rientro’ (reato istantaneo), ma il ‘trattenimento’ illegale sul territorio (reato permanente), cercando così di aggirare il divieto di bis in idem.

La Questione Giuridica e il Ruolo della Cassazione

Il cuore della questione era se la seconda condanna violasse il principio del ne bis in idem. La Corte di Cassazione, già nel suo primo intervento, aveva dato precise istruzioni alla Corte d’Appello: verificare se le due condanne riguardassero la trasgressione dello stesso ordine di espulsione. In caso affermativo, il secondo processo sarebbe stato illegittimo.

Il giudice del rinvio, pur accertando che il fatto storico era lo stesso, ha tentato di differenziarlo giuridicamente, modificandone la natura da reato istantaneo a permanente. Questa operazione, tuttavia, è stata giudicata dalla Suprema Corte come un tentativo di eludere il ‘vincolo di rinvio’, ovvero le istruzioni vincolanti impartite.

Le Motivazioni della Cassazione: il Rispetto del Giudicato

Nella sua decisione finale, la Corte di Cassazione ha censurato duramente l’operato della Corte d’Appello. I giudici supremi hanno chiarito che il giudice del rinvio non può ignorare le premesse logico-giuridiche della sentenza di annullamento, sulle quali si è formato un giudicato implicito.

La Corte ha stabilito che, una volta accertato che entrambe le condanne si riferivano allo stesso fatto – il rientro illegale in violazione di quello specifico provvedimento di espulsione – la seconda sentenza doveva essere considerata emessa in violazione del divieto di bis in idem. Il tentativo di trasformare la condotta da ‘reingresso’ a ‘trattenimento’ è stato ritenuto un artificio per aggirare il principio di diritto fissato dalla stessa Cassazione. Il fatto storico è unico e non può essere frazionato o diversamente qualificato per giustificare un nuovo processo.

Le Conclusioni: l’Annullamento Definitivo della Sentenza

In conclusione, la Cassazione ha annullato la sentenza impugnata senza rinvio. Questa formula significa che la decisione è definitiva e il caso è chiuso. La motivazione è netta: l’imputato era già stato giudicato per il medesimo fatto. Questa pronuncia riafferma la centralità del principio del ne bis in idem come garanzia fondamentale per il cittadino, impedendo che lo Stato possa esercitare l’azione penale più volte per la stessa vicenda, anche attraverso l’uso di diverse qualificazioni giuridiche.

Che cos’è il principio del ‘ne bis in idem’?
È un principio fondamentale del diritto secondo cui una persona non può essere processata due volte per lo stesso fatto criminoso. Una volta che si è giunti a una sentenza definitiva (di condanna o di assoluzione), quella persona non può essere sottoposta a un nuovo giudizio per la medesima condotta.

Si può essere condannati per l’illegale rientro in Italia sia in base alla legge sull’immigrazione sia in base al codice penale per lo stesso episodio?
No. Come chiarito dalla sentenza, se il fatto storico è identico (il rientro in violazione di un unico ordine di espulsione), l’imputato può essere giudicato e condannato una sola volta. Un secondo processo, anche se basato su una norma diversa, viola il divieto di bis in idem.

Cosa succede se un giudice del rinvio non segue le indicazioni della Corte di Cassazione?
La sentenza del giudice del rinvio che non si attiene ai principi di diritto e alle premesse logico-giuridiche stabilite dalla Corte di Cassazione è viziata. Come in questo caso, la nuova sentenza può essere impugnata e annullata dalla Cassazione per violazione del cosiddetto ‘vincolo di rinvio’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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