Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 11961 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 11961 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/12/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA PAIKIDZE LAZARE nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/02/2022 della CORTE APPELLO di BARI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi.
Ritenuto in fatto
Con sentenza del 10.2.2022, la Corte d’appello di Bari ha confermato la decisione di primo grado cui NOME COGNOME e NOME COGNOME sono stati ritenuti responsabili di cui agli artt. 110, 56, 624 bis, primo comma, e 625, primo comma, nn. 2 e 5, cod. pen. Sono state riconosciute le circostanze attenuanti generiche in regime di equivalenza con le contestate aggravanti. In seguito a diminuzione per la scelta del rito, la pena è stata determinata in anni uno, mesi due e 400 euro di multa.
Avverso la sentenza, gli imputati, per il tramite del proprio difensore, AVV_NOTAIO, hanno proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo, col quale si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione agli art. 624 bis, quarto comma, 62 e 63, quarto comma, cod. pen. Secondo la difesa, la motivazione dell’impugnata sentenza violerebbe “l’art. 63 comma 4 c.p., nella parte in cui è fatto divieto al giudice di bilanciare le circostanze attenuanti generiche con le aggravanti”. Pertanto, la Corte d’appello avrebbe dovuto “riformare la sentenza di primo grado, indicando il minimo edittale nella misura di anni 5 di reclusione, per poi diminuire ai sensi dell’articolo 56 c.p. per il reato tentato, per le attenuanti generiche, per l’attenuante di cui all’articolo 62 n. 6, già riconosciuta in sentenza, e per la diminuente del rito alternativo prescelto”.
Sono state trasmesse, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28/10/2020, n. 137, conv. con I. 18/12/2020, n. 176, le conclusioni scritte del AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO, la quale ha chiesto pronunciarsi l’inammissibilità dei ricorsi.
Considerato in diritto
1. I ricorsi sono inammissibili, per manifesta infondatezza e carenza d’interesse dell’unico motivo che li sorregge. Manifestamente infondato è, infatti, il richiamo all’art. 63, quarto comma, cod. pen., dal momento che, in sede di determinazione della pena, non è stata applicata alcuna circostanza aggravante. Lamentano 1 inoltre, i ricorrenti, sia pure attraverso il mero riferimento nell’epigrafe del motivo all’art. 624 bis, quarto comma, cod. pen., la violazione della norma che prevede il divieto di bilanciamento. Applicando tale disposizione, il giudice non avrebbe potuto concedere -come invece ha fatto- le circostanze attenuanti generiche in regime di equivalenza rispetto alle due circostanze aggravanti di cui all’art. 625 cod. pen. (Sez. U, n. 42414 del 29/04/2021, Cena, Rv. 282096 – 01:
«le circostanze attenuanti che concorrono con aggravanti soggette a giudizio di comparazione ed una aggravante che non lo ammette in modo assoluto devono essere previamente sottoposte a tale giudizio e, se ritenute equivalenti, si applica la pena che sarebbe inflitta per il reato aggravato dalla circostanza “privilegiata”, senza tener conto delle stesse»; fattispecie relativa alle circostanze aggravanti “privilegiate” di cui all’art. 625 cod. pen).
Ergo, il giudice di primo grado avrebbe dovuto muovere proprio dalla maggior pena di anni cinque invocata dalla difesa, con doglianza, come accennato, non assistita da alcun interesse.
Ora, benché vi sia stato effettivamente un errore, da parte dei giudici del merito, nel computo della pena, la determinazione finale della stessa si risolve in un vantaggio per gli imputati. Esclusa infatti la recidiva (non contestata e indicata come ha spiegato il giudice dell’appello, per un mero refuso), la Corte territoriale ha ritenuto che, avendo il giudizio di equivalenza tra le circostanze aggravanti e quelle attenuanti eliso, in buona sostanza, gli elementi accidentali dell’ascritto reato, la determinazione della pena potesse operarsi sulla base del “computo del reato base” (il cui minimo edittale è di quattro anni), diminuito per il rito. Della forma tentata del furto, e della riduzione per la scelta del rito, si è altresì tenuto conto nella determinazione della pena. Con la conseguenza che la pena finale di anni uno, mesi due e 400 euro di multa è più favorevole ai ricorrenti di quanto sarebbe risultato ove i giudici avessero tenuto presente il divieto di bilanciamento.
2 Il Collegio dichiara, pertanto, inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della essa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20/12/2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente