Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 35966 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 35966 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/03/2025 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo GLYPH , COGNOME– GLYPH a..
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PROCEDIMENTO A TRATTAZIONE SCRITTA
udito # difensore
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di AVV_NOTAIO, con la sentenza in epigrafe, ha confermato la sentenza emessa, all’esito di giudizio abbreviato, dal Tribunale di AVV_NOTAIO in data 12/09/2023, che dichiarava la penale responsabilità di NOME COGNOME in ordine alla contravvenzione di cui all’art. 10, comma 2, d. I. 20 febbraio 2017, n. 14, per non avere ottemperato al provvedimento del AVV_NOTAIO di AVV_NOTAIO di divieto di accesso per nove mesi alle aree di parcheggio adiacenti alla zona del Cimitero Monumentale di AVV_NOTAIO e ad una serie di strade limitrofe, e, tenuto conto della diminuente per il rito, lo condannava alla pena di mesi 4 di arresto.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, COGNOME, deducendo violazione di legge penale sostanziale in relazione agli artt. 9, commi 1 e 2, 10, comma 2, d. I. 20 febbraio 2017, n. 14.
La difesa rileva che la condotta dell’imputato non integra il reato contestato, per la cui sussistenza, oltre alla reiterazione delle condotte di cui all’art. 9, commi 1 e 2, che impediscono l’accessibilità e la fruizione delle infrastrutture di cui a detto articolo, è richiesta la derivazione, dalla violazione del divieto, di un concreto pericolo per la sicurezza, che deve essere adeguatamente motivato dal provvedimento questorile.
Osserva che a fondamento del divieto vi è unicamente l’accertamento da parte della Polizia locale di AVV_NOTAIO della continuata attività di presunto parcheggiatore abusivo svolta dall’imputato in talune aree di AVV_NOTAIO; che sul pericolo per la sicurezza pubblica il provvedimento del AVV_NOTAIO motiva in modo assolutamente generico e congetturale, senza spiegare le concrete modalità con cui l’imputato avrebbe agito impedendo l’accesso, soffermandosi solo sulla richiesta di denaro assimilabile alla mendicità; e che, pertanto, detto provvedimento era da disapplicare.
Aggiunge, con riguardo al profilo della conoscenza della lingua italiana da parte di RAGIONE_SOCIALE e della consapevolezza di violare un divieto di accesso notificatogli in una lingua non comprensibile dallo stesso, cittadino rumeno, che non vi sono in atti elementi da cui desumere che il suddetto viva in Italia dal 2012 senza soluzione di continuità e sia stato in grado di comprendere i contenuti tecnici del provvedimento notificatogli.
Insiste, alla luce di dette censure, per l’annullamento della sentenza impugnata.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, conclude, con requisitoria scritta, per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, in quanto in fatto, generico e aspecifico.
Invero, nel reiterare anche in questa sede le ragioni per le quali i giudici di merito avrebbero dovuto disapplicare l’ordine del AVV_NOTAIO siccome (asseritamente) illegittimo, il ricorrente non si confronta con la motivazione della sentenza in esame che, sul punto, ha diffusamente argomentato in merito alla insussistenza dei presupposti per addivenire alla disapplicazione dell’atto amministrativo, e non è incorsa in alcuna violazione di legge o manifesta illogicità e/o contraddittorietà della motivazione.
Rileva, invero, la Corte territoriale che: – non è in discussione, neppure da parte della difesa appellante, che COGNOME abbia violato il divieto di accesso al parcheggio del Cimitero Monumentale impostogli con provvedimento del AVV_NOTAIO, a lui perfettamente noto; – detto provvedimento offre motivazione adeguata, come tale insindacabile, delle ragioni a fondamento del pericolo per la sicurezza legittimante l’adozione dello stesso provvedimento; – segnatamente si è ritenuta la sicurezza collettiva esposta a rischio in ragione della abituale e pervicace condotta dell’imputato e della conseguente sacrificata fruibilità dell’area di parcheggio da parte degli utenti, destinatari di indebite richieste di pagamento, generalmente soddisfatte al solo fine di evitare fastidi e discussioni; – nondimeno è innegabile che l’eventuale rifiuto di versamento dell’obolo al parcheggiatore o anche solo il fastidio riportato per l’indebita interferenza integrino prevedibili e non eccezionali fattori d’innesco di contrasti il cui degenerare, potenzialmente idoneo a coinvolgere terzi compresenti sull’area, è di certo situazione sufficiente ad attentare alla sicurezza pubblica; – la prerogativa questorile di disporre il divieto di accesso ad aree urbane, nel caso di condotte reiterate di cui all’art. 9, commi 1 e 2, esprime la volontà del legislatore di prevenire ab origine ogni possibile rischio per la pubblica sicurezza, con anticipazione della soglia dell’intervento inibitorio alla possibilità che la condotta reiterata integri pericolo, vale a dire si presti a degenerare in situazioni di pericolo non
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ancora manifestatesi, ma in potenza prefigurabili; – la pericolosità al vaglio dell’autorità amministrativa, cioè, pur ancorata all’imprescindibile dato oggettivo della reiterazione delle condotte, condizione nella specie non in discussione, ha testualmente natura astratta ed è integrata dalla plausibile e razionale previsione che la condotta che si intende reprimere funga da fattore di innesco di situazioni di perturbamento della sicurezza collettiva; – nella cornice normativa di interesse, quindi, è affatto logica la valutazione che si pone a fondamento del provvedimento amministrativo assunto a carico di COGNOME, soggetto sordo a qualunque divieto e dedito incessantemente all’attività di parcheggiatore abusivo in un contesto logistico ad alta intensità di traffico veicolare, di circolazione delle persone, quindi di contatto diretto con gli utenti del parcheggio; – in ragione delle suddette premesse, non si rinviene fondamento alla richiesta di disapplicazione dell’atto amministrativo.
Non manifestamente illogiche e giuridicamente corrette sono le argomentazioni della Corte territoriale con riferimento alla supposta carenza dell’elemento soggettivo del reato per la mancata traduzione del provvedimento questorile nella lingua conosciuta dal ricorrente, su cui si ritorna in questa sede.
Premettono i Giudici di appello che il reato per cui si procede è contravvenzionale, punito, quindi, anche a titolo di mera colpa. Rilevano che, a ogni modo, è da escludersi la prospettata ignoranza della lingua italiana e conseguente incapacità dell’imputato di comprendere il tenore del provvedimento di allontanamento notificatogli, posto che COGNOME non solo, come attestato dal casellario giudiziale, è in Italia almeno dal 2012, il che fa ritenere ampia dimestichezza con l’idioma nazionale, ma si è reso responsabile del medesimo reato almeno tre volte prima dell’odierna violazione, riportando di seguito altre condanne; e che deve, inoltre, considerarsi che il verbale di identificazione dell’imputato, coevo al rilievo della trasgressione, ne attesta la sufficiente comprensione dell’italiano secondo verifica compiuta, e attestata nell’atto, da parte del pubblico ufficiale verbalizzante.
A fronte di tale iter motivazionale si insiste genericamente sulla non continuità della permanenza in Italia e sull’incomprensibilità per il ricorrente, cittadino straniero, dei contenuti tecnici del provvedimento questorile. Senza considerare, con riguardo a detto ultimo profilo, che il prevenuto non si porrebbe in posizione dissimile da quella di un cittadino medio di nazionalità italiana.
Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 23 settembre 2025.