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Divieto di accesso urbano: ricorso inammissibile

Un soggetto condannato per aver violato un divieto di accesso urbano (Daspo urbano) emesso per attività di parcheggiatore abusivo ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo l’illegittimità del provvedimento e la sua incapacità di comprenderlo per motivi linguistici. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che il pericolo potenziale per la sicurezza pubblica giustifica l’ordine del Questore e che la lunga permanenza in Italia e i precedenti specifici dell’imputato escludevano la buona fede circa la non comprensione della lingua.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Divieto di Accesso Urbano: Quando l’Ordine del Questore è Insindacabile

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi sulla legittimità del divieto di accesso urbano, meglio noto come “Daspo urbano”, e sui limiti delle giustificazioni addotte da chi lo viola. Il caso analizzato riguarda un parcheggiatore abusivo che, dopo la condanna in primo e secondo grado, ha tentato di far valere le proprie ragioni in sede di legittimità, contestando sia la validità del provvedimento del Questore sia la propria consapevolezza della violazione a causa di una presunta barriera linguistica. La decisione della Corte offre spunti fondamentali sulla prevenzione dei reati e sulla responsabilità individuale.

I Fatti del Caso: dal Parcheggio Abusivo al Ricorso in Cassazione

Un cittadino era stato condannato alla pena di quattro mesi di arresto per non aver rispettato un provvedimento del Questore di Milano. Tale ordine gli vietava, per nove mesi, l’accesso alle aree di parcheggio adiacenti al Cimitero Monumentale e a strade limitrofe, a causa della sua reiterata attività di parcheggiatore abusivo.

La difesa dell’imputato ha basato il ricorso per cassazione su due motivi principali:
1. L’illegittimità del provvedimento del Questore, considerato generico e fondato su un pericolo per la sicurezza pubblica solo presunto e non concreto.
2. La mancanza dell’elemento soggettivo del reato, sostenendo che l’imputato, cittadino straniero, non avesse compreso il contenuto del divieto notificatogli in una lingua che non padroneggiava.

La Legittimità del Divieto di Accesso Urbano

Uno dei punti centrali della sentenza riguarda la natura del divieto di accesso urbano. La Corte ha respinto la tesi difensiva secondo cui l’ordine del Questore sarebbe stato illegittimo per mancanza di un pericolo concreto. I giudici hanno chiarito che la normativa mira a prevenire ab origine ogni possibile rischio per la sicurezza pubblica. La condotta abituale e insistente del parcheggiatore abusivo, con le sue indebite richieste di denaro, è di per sé un fattore di disturbo e potenziale innesco di conflitti.

L’autorità amministrativa non deve attendere che il pericolo si manifesti in modo eclatante; la sua valutazione si basa su una previsione razionale e plausibile che determinate condotte, in contesti ad alta frequentazione, possano degenerare in situazioni di turbamento della sicurezza collettiva. La natura del pericolo è quindi astratta e la valutazione del Questore, se non manifestamente illogica, è insindacabile dal giudice penale.

La Questione della Lingua e la Responsabilità Penale

Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla mancata comprensione della lingua italiana, è stato giudicato infondato. La Corte ha evidenziato diversi elementi per smontare questa tesi. Innanzitutto, il reato contestato è una contravvenzione, per la cui punibilità è sufficiente la colpa, ovvero la semplice negligenza.

Inoltre, i giudici hanno ritenuto del tutto inverosimile l’ignoranza della lingua, considerando che l’imputato:
– Risultava presente in Italia almeno dal 2012, come attestato dal suo casellario giudiziale.
– Aveva già riportato altre tre condanne per lo stesso reato prima della violazione attuale.
– Un verbale di identificazione, redatto al momento del fatto, attestava la sua sufficiente comprensione della lingua italiana, come verificato dal pubblico ufficiale.

Di fronte a un quadro così consolidato, la semplice affermazione di non comprendere i contenuti tecnici del provvedimento è stata ritenuta una difesa generica e inefficace.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché generico e non in grado di confrontarsi efficacemente con le solide motivazioni della sentenza d’appello. La decisione della Corte Territoriale è stata ritenuta priva di vizi logici o giuridici.

In sintesi, i giudici di legittimità hanno ribadito che la finalità preventiva della norma sul divieto di accesso urbano conferisce al Questore un potere discrezionale ampio, il cui esercizio è legittimo quando si basa sulla reiterazione di condotte che, per loro natura, sono idonee a minare la sicurezza e la fruibilità degli spazi pubblici. Allo stesso modo, la presunta ignoranza della lingua italiana non può costituire una scusante quando è smentita da prove oggettive come la lunga permanenza sul territorio nazionale e precedenti penali specifici.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia consolida l’efficacia del Daspo urbano come strumento di prevenzione. Stabilisce che la valutazione del pericolo per la sicurezza non richiede necessariamente eventi violenti già accaduti, ma può basarsi sulla potenzialità insita in comportamenti socialmente molesti e reiterati. Inoltre, la sentenza lancia un messaggio chiaro sulla responsabilità personale: non ci si può appellare all’ignoranza della lingua in modo pretestuoso, specialmente quando la propria storia personale e giudiziaria dimostra un’integrazione, seppur conflittuale, di lunga data nel contesto sociale italiano. La condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende sigilla l’inammissibilità di un ricorso ritenuto privo di fondamento.

Un provvedimento di divieto di accesso urbano può essere basato solo su un pericolo potenziale per la sicurezza?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che la legge mira a prevenire i rischi per la sicurezza pubblica fin dall’origine. La condotta abituale e molesta, come quella del parcheggiatore abusivo, è considerata sufficiente a giustificare l’emissione del provvedimento, poiché è razionalmente prevedibile che possa generare conflitti e turbative.

Un cittadino straniero può evitare una condanna sostenendo di non conoscere la lingua italiana in cui è scritto il divieto?
No, non in questo caso. La Corte ha ritenuto tale giustificazione infondata perché l’imputato si trovava in Italia da molti anni, aveva già ricevuto condanne per lo stesso reato e un verbale di polizia attestava la sua sufficiente comprensione della lingua. Questi elementi dimostrano che era in grado di comprendere il significato del divieto.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Significa che la Corte non entra nel merito della questione, ma respinge l’appello perché lo ritiene infondato in punto di diritto, troppo generico o basato su contestazioni dei fatti, che non sono di competenza della Cassazione. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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