Divieto di accesso urbano: legittimo se tutela la sicurezza pubblica
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6683/2024, ha affrontato il tema del divieto di accesso urbano, confermando la sua validità come strumento per la tutela della sicurezza e del decoro delle città. La pronuncia chiarisce i limiti del sindacato di legittimità, dichiarando inammissibile un ricorso basato su censure puramente fattuali e ribadendo la correttezza della decisione dei giudici di merito.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo condannato per la violazione di un provvedimento emesso dal Questore. Tale provvedimento gli vietava l’accesso a determinate aree della città di Milano. La misura era stata adottata a seguito della sua persistente attività di parcheggiatore abusivo, condotta che aveva generato disservizi e pericoli per la sicurezza pubblica in una zona caratterizzata da un notevole afflusso di persone per la presenza di monumenti, negozi e luoghi di culto. In passato, l’individuo si era reso responsabile di richieste di denaro indebite agli utenti, talvolta con toni minacciosi. Nonostante il divieto, egli era tornato a svolgere la medesima attività illecita, venendo così denunciato e condannato.
Il ricorso e la decisione sul divieto di accesso urbano
L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per Cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello di Milano, lamentando un vizio di motivazione. Sostanzialmente, contestava la sussistenza del reato. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Secondo gli Ermellini, le doglianze sollevate erano una mera ripetizione di argomenti già esaminati e respinti dalla Corte d’Appello con motivazioni logiche e prive di vizi giuridici. Inoltre, le censure si risolvevano in contestazioni sul fatto, non ammissibili in sede di legittimità, dove la Corte può giudicare solo sulla corretta applicazione della legge e non riesaminare le prove.
Le Motivazioni
La Corte di Cassazione ha ampiamente argomentato le ragioni della sua decisione, confermando la legittimità del divieto di accesso urbano. I giudici hanno sottolineato come la normativa (art. 10, d.l. n. 14 del 2017) sia finalizzata a proteggere la sicurezza, il decoro e l’ordine pubblico nelle città. La legge prevede che le aree interessate da tali provvedimenti siano individuate da specifici regolamenti comunali.
Nel caso specifico, il decreto del Questore rispondeva pienamente a tali finalità. L’attività di parcheggiatore abusivo svolta dal ricorrente aveva creato un concreto pericolo per la sicurezza e l’ordine pubblico, a causa del disagio arrecato agli utenti, costretti in passato a subire richieste di pagamenti indebiti.
Il provvedimento impugnato, pertanto, era legittimo e motivato, in quanto mirava a prevenire il ripetersi di un’attività illecita in un’area particolarmente sensibile. La violazione del divieto da parte del ricorrente, tornato a svolgere la stessa attività, ha integrato pienamente il reato contestato.
Le Conclusioni
Con questa ordinanza, la Cassazione riafferma la validità dei provvedimenti di allontanamento e divieto di accesso come strumenti essenziali a disposizione delle autorità per contrastare fenomeni di criminalità diffusa e degrado urbano. La decisione stabilisce che, una volta accertata la legittimità del provvedimento del Questore e la sua violazione, il reato è configurato. Un ricorso in Cassazione che non evidenzi reali vizi di legge ma si limiti a contestare la valutazione dei fatti operata dai giudici di merito è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure sollevate erano manifestamente infondate, ripetitive di argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello e si risolvevano in contestazioni sui fatti, non consentite nel giudizio di Cassazione, che valuta solo la corretta applicazione della legge.
È legittimo un provvedimento del Questore che vieta l’accesso a determinate aree della città?
Sì, secondo la Corte è legittimo. Tale provvedimento, previsto dalla legge sulla sicurezza urbana, è uno strumento valido per tutelare la sicurezza, il decoro e l’ordine pubblico, specialmente quando mira a contrastare attività illecite che creano pericolo e disagio per i cittadini, come nel caso del parcheggiatore abusivo.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la conferma della decisione impugnata. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) alla Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6683 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6683 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
MEMEDALI NOME NOME a CASTELU( ROMANIA) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/07/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Rilevato in fatto e considerato in diritto
Ritenuto che le censure dedotte nel ricorso di NOME COGNOME – nel quale il difensore lamenta vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del reato di cui all’art. 10, comma 2, d. I. n. 1.4 del 2017, – sono manifestamente infondate, oltre che non consentite in sede di legittimità, risolvendosi in doglianze in punto di fatto.
Osservato che dette doglianze sono reiterative di profili di censura già vagliati con argomentazioni non manifestamente illogiche e scevre da vizi giuridici dalla Corte di appello di Milano nel provvedimento impugNOME. In esso si evidenzia che: – la normativa contestata è stata emessa per la tutela della sicurezza, del decoro e dell’ordine pubblico nelle città; – le aree interessate devono essere individuate in apposito regolamento comunale; – la norma consente anche di contrastare fenomeni di criminalità e di assicurare la legalità impedendo attività illecite che influiscano sul corretto andamento della vita pubblica; – a tali principi risponde il decreto del Questore che ha imposto a COGNOME di non accedere a diverse zone della città di Milano, indicate nell’apposito regolamento; – l’esercizio abusivo, da parte del medesimo, dell’attività di parcheggiatore, invero, risulta avere arrecato disservizio per la fruibilità di un’area con consistenti flussi di persone per la presenza di complessi monumentali, luoghi di culto, negozi ed altro, pericolo per la sicurezza pubblica e l’ordine pubblico derivante dal disagio prodotto agli utenti (costretti dal medesimo in passato a effettuare un pagamento indebito anche per timore di subire conseguenze negative per il rifiuto di corrispondere il pedaggio illecitamente richiesto); – tali specifiche finalità di tutela dell’ordine e de sicurezza pubblica sono indicate nel provvedimento, da ritenersi pertanto legittimo e motivato, e sono state violate in quanto COGNOME risulta essere torNOME a svolgere la medesima attività illecita che con detto provvedimento si voleva scongiurare. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2024.