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Divieto di accesso urbano: Cassazione inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per aver violato un divieto di accesso urbano. Il provvedimento, emesso dal Questore per contrastare l’attività di parcheggiatore abusivo in una zona di pregio, è stato ritenuto legittimo e motivato, e il ricorso basato su censure di fatto, non consentite in sede di legittimità.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Divieto di accesso urbano: legittimo se tutela la sicurezza pubblica

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6683/2024, ha affrontato il tema del divieto di accesso urbano, confermando la sua validità come strumento per la tutela della sicurezza e del decoro delle città. La pronuncia chiarisce i limiti del sindacato di legittimità, dichiarando inammissibile un ricorso basato su censure puramente fattuali e ribadendo la correttezza della decisione dei giudici di merito.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo condannato per la violazione di un provvedimento emesso dal Questore. Tale provvedimento gli vietava l’accesso a determinate aree della città di Milano. La misura era stata adottata a seguito della sua persistente attività di parcheggiatore abusivo, condotta che aveva generato disservizi e pericoli per la sicurezza pubblica in una zona caratterizzata da un notevole afflusso di persone per la presenza di monumenti, negozi e luoghi di culto. In passato, l’individuo si era reso responsabile di richieste di denaro indebite agli utenti, talvolta con toni minacciosi. Nonostante il divieto, egli era tornato a svolgere la medesima attività illecita, venendo così denunciato e condannato.

Il ricorso e la decisione sul divieto di accesso urbano

L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per Cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello di Milano, lamentando un vizio di motivazione. Sostanzialmente, contestava la sussistenza del reato. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Secondo gli Ermellini, le doglianze sollevate erano una mera ripetizione di argomenti già esaminati e respinti dalla Corte d’Appello con motivazioni logiche e prive di vizi giuridici. Inoltre, le censure si risolvevano in contestazioni sul fatto, non ammissibili in sede di legittimità, dove la Corte può giudicare solo sulla corretta applicazione della legge e non riesaminare le prove.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha ampiamente argomentato le ragioni della sua decisione, confermando la legittimità del divieto di accesso urbano. I giudici hanno sottolineato come la normativa (art. 10, d.l. n. 14 del 2017) sia finalizzata a proteggere la sicurezza, il decoro e l’ordine pubblico nelle città. La legge prevede che le aree interessate da tali provvedimenti siano individuate da specifici regolamenti comunali.

Nel caso specifico, il decreto del Questore rispondeva pienamente a tali finalità. L’attività di parcheggiatore abusivo svolta dal ricorrente aveva creato un concreto pericolo per la sicurezza e l’ordine pubblico, a causa del disagio arrecato agli utenti, costretti in passato a subire richieste di pagamenti indebiti.

Il provvedimento impugnato, pertanto, era legittimo e motivato, in quanto mirava a prevenire il ripetersi di un’attività illecita in un’area particolarmente sensibile. La violazione del divieto da parte del ricorrente, tornato a svolgere la stessa attività, ha integrato pienamente il reato contestato.

Le Conclusioni

Con questa ordinanza, la Cassazione riafferma la validità dei provvedimenti di allontanamento e divieto di accesso come strumenti essenziali a disposizione delle autorità per contrastare fenomeni di criminalità diffusa e degrado urbano. La decisione stabilisce che, una volta accertata la legittimità del provvedimento del Questore e la sua violazione, il reato è configurato. Un ricorso in Cassazione che non evidenzi reali vizi di legge ma si limiti a contestare la valutazione dei fatti operata dai giudici di merito è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure sollevate erano manifestamente infondate, ripetitive di argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello e si risolvevano in contestazioni sui fatti, non consentite nel giudizio di Cassazione, che valuta solo la corretta applicazione della legge.

È legittimo un provvedimento del Questore che vieta l’accesso a determinate aree della città?
Sì, secondo la Corte è legittimo. Tale provvedimento, previsto dalla legge sulla sicurezza urbana, è uno strumento valido per tutelare la sicurezza, il decoro e l’ordine pubblico, specialmente quando mira a contrastare attività illecite che creano pericolo e disagio per i cittadini, come nel caso del parcheggiatore abusivo.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la conferma della decisione impugnata. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) alla Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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