Divieto Detenzione Cellulari: la Cassazione Conferma la Condanna per il Sorvegliato Speciale
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato il tema del divieto detenzione cellulari imposto ai soggetti sottoposti alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale. Il caso in esame offre importanti spunti di riflessione sulla rigidità di tali prescrizioni e sui limiti dell’impugnazione in sede di legittimità. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, confermando la decisione dei giudici di merito e ribadendo la validità delle motivazioni a sostegno della condanna.
I Fatti del Caso
Un individuo, già gravato da numerosi precedenti penali per reati gravi, era sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno in un determinato comune. Tra le varie prescrizioni imposte dal giudice della prevenzione, vi era anche il divieto assoluto di possedere o utilizzare apparati di comunicazione mobile.
Nonostante ciò, l’uomo veniva fermato dalle forze dell’ordine in un territorio diverso da quello di soggiorno obbligato, mentre si trovava alla guida di un automezzo. Durante il controllo, emergeva che egli aveva la disponibilità non di uno, ma di ben due telefoni cellulari, in palese violazione della misura a cui era sottoposto.
La Corte di Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva ridotto la pena complessiva a sette mesi e dieci giorni di reclusione per la violazione delle prescrizioni della sorveglianza speciale. L’imputato, tramite il proprio difensore, decideva di ricorrere in Cassazione, contestando in particolare la condanna per la violazione del divieto di detenere cellulari.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La motivazione principale di tale decisione risiede nel fatto che il motivo di ricorso era meramente riproduttivo di argomentazioni già ampiamente esaminate e respinte con solidi argomenti giuridici dalla Corte di Appello. In sostanza, il ricorrente non ha sollevato nuove questioni di diritto o vizi logici nella sentenza impugnata, ma si è limitato a riproporre le stesse difese, un approccio non consentito nel giudizio di legittimità.
Divieto Detenzione Cellulari: Le Motivazioni della Corte
La Cassazione ha sottolineato come la Corte di Appello avesse già fornito una motivazione puntuale e chiara. I giudici di merito avevano evidenziato che le circostanze concrete del caso giustificavano pienamente il mantenimento della condanna. Gli elementi chiave considerati sono stati:
1. I precedenti penali: L’imputato era un soggetto con un curriculum criminale significativo, elemento che aveva originariamente giustificato l’imposizione di una misura di prevenzione così stringente.
2. La violazione dell’obbligo di soggiorno: Essere stato trovato in un altro territorio dimostrava una generale insofferenza alle regole imposte.
3. Il possesso di due cellulari: La disponibilità di due apparecchi è stata vista come un fattore aggravante, che rafforzava la necessità di applicare il divieto imposto dal giudice della prevenzione.
Questi elementi, considerati nel loro insieme, portavano a escludere che il divieto di detenere cellulari potesse essere considerato “inoperante” o sproporzionato nel caso di specie. La misura era stata legittimamente imposta per prevenire la commissione di ulteriori reati, e la sua violazione è stata correttamente sanzionata.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove poter ridiscutere i fatti. È un giudizio di legittimità, volto a controllare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata. La mera riproposizione delle stesse argomentazioni già respinte porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità.
Nel merito, la decisione conferma che le prescrizioni accessorie alla sorveglianza speciale, come il divieto detenzione cellulari, sono strumenti essenziali di prevenzione. La loro violazione integra un reato autonomo, e la valutazione della loro applicabilità deve tenere conto del quadro complessivo della pericolosità del soggetto e delle circostanze specifiche, come correttamente fatto dai giudici di merito in questo caso. La condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende sancisce la definitività della vicenda.
È legittimo imporre a una persona sotto sorveglianza speciale il divieto di possedere un cellulare?
Sì, il giudice della prevenzione può legittimamente imporre il divieto di detenere e utilizzare apparati di comunicazione mobile come parte delle prescrizioni della sorveglianza speciale, specialmente se ritenuto necessario a prevenire la commissione di ulteriori reati.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché è stato ritenuto meramente riproduttivo di argomenti già adeguatamente valutati e respinti dalla Corte di Appello, senza presentare nuove questioni di diritto o vizi logici nella sentenza impugnata.
Quali circostanze hanno portato a confermare la colpevolezza dell’imputato?
La conferma della colpevolezza si è basata su un insieme di circostanze concrete: i gravi precedenti penali del soggetto, il fatto che fosse stato trovato fuori dal comune di soggiorno obbligato e la disponibilità di ben due telefoni cellulari, elementi che dimostravano la piena sussistenza della violazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10707 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10707 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BITONTO il 04/04/1998
avverso la sentenza del 29/01/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Lo
RILEVATO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Ritenuto che NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Bari, che, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha ridotto la pena inflitta per i reati di cui agli artt. 75, comma 2, d. Igs. n. 159 del 2011 (capo A) e 73 d. Igs. n. 159 del 2011 (capo B) in complessivi mesi 7 giorni 10 di reclusione;
considerato che il motivo unico del ricorso, con cui si contesta violazione di legge e omessa motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità, con riferimento, relativamente al capo A), alla condotta di violazione del divieto di detenere cellulari, è inammissibile in quanto meramente riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dalla sentenza: in particolare il giudice di appello impugnata (si veda pagine 3 e 4), con argomentazioni puntuali e chiaramente espresse, ha evidenziato come le circostanze concrete in cui era maturato il fatto reato (essendo stato/COGNOME, gravato da plurimi precedenti per gravi reati, e sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno in Bitonto, stato colto in altro territorio, mentre era alla guida di un automezzo e nella disponibilità di due apparati cellulari), portassero ad escludere la ricorrenza dei presupposti per considerare inoperante nel caso di specie il divieto di detenere cellulari, a suo tempo legittimamente imposti dal giudice della prevenzione;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20/02/2025