Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 990 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 990 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a Polistena il 10/11/1963
avverso la sentenza del 11/07/2024 della Corte d’appello di Reggio Calabria
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore, E. COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio limitatamente al capo A) con riferimento alla qualificazione dell’arma quale propria, con declaratoria di inammissibilità nel resto.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Reggio Calabria ha parzialmente riformato la condanna, resa il 28 ottobre 2019 dal Tribunale di Palmi, nei confronti di NOME COGNOME dichiarando non doversi procedere in ordine al reato di cui al capo b), perché estinto per intervenuta prescrizione, con
rideterminazione della pena nella misura di mesi cinque e giorni dieci di reclusione e conferma, nel resto, della prima pronuncia.
Il primo giudice aveva condannato l’ imputato per i reati di cui ai capi a) (artt. 75, comma 2, d. lgs. n. 159 del 2011) e b) (art. 4 legge 18 aprile 1975 n. 110) alla pena di mesi tre e giorni ventitré di reclusione, esclusa la contestata recidiva e concesse le circostanze attenuanti, riconosciuto il vincolo della continuazione con riduzione della pena nella misura indicata per la scelta del rito abbreviato.
Il primo capo di imputazione attiene alla violazione delle prescrizioni dettate dal provvedimento con il quale l’imputato è stato sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel Comune di Polistena, contestato come commesso accompagnandosi ed associandosi abitualmente con persona pregiudicata, detenendo un coltello lungo 14,6 centimetri, con lama di 6 centimetri, trovandosi al di fuori del Comune di Polistena.
Propone tempestivo ricorso per cassazione l’i mputato, per il tramite del difensore, avv. NOME COGNOME affidandosi a due motivi, di seguito riassunti nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen .
2.1. Con il primo motivo si denuncia inosservanza o erronea applicazione della legge penale nonché mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, in riferimento alla violazione dell’obbligo di detenere armi.
Il giudice di appello ha rigettato il motivo con il quale era stata richiesta una diversa qualificazione dello strumento atto ad offendere trovato nella disponibilità dell’imputato.
Si sostiene che il coltellino, in gergo definito da innesto, non sia un’ arma.
Si richiama precedente di legittimità (Sez. 1 n. 17.877 del 2019), secondo il quale il divieto al sorvegliato speciale di pubblica sicurezza di detenere e portare armi prevede che la nozione di arma debba intendersi in senso restrittivo, limitato alle sole armi proprie con la conseguenza che questa non comprende strumenti atti ad offendere e le munizioni di armi.
Il coltello viene considerato strumento atto ad offendere, arma impropria e non arma ai sensi dell’art. 45, comma 2, Regolamento di attuazione TULPS. Per tale norma non sono considerate armi per effetto dello stesso articolo, strumenti da punta e taglio che, pur potendo occasionalmente servire all’offesa, hanno una specifica e diversa destinazione, come gli strumenti da lavoro, quelli destinati a uso domestico, agricolo, sportivo, scientifico industriale e simili.
Sicché, avrebbe errato la Corte di appello nella parte in cui ha ritenuto di qualificare arma il coltello in sequestro, in ragione delle sue caratteristiche. Infatti, nella specie, si tratta di un coltellino cd. da innesto, come risulta
confermato dal verbale di perquisizione personale e sequestro, recante lama irregolare e dritta.
Su tale punto si contesta il travisamento della prova e si reitera la considerazione che si tratta di strumento senza punta, che non presentava conformazione con punta rotta ma con un elemento (la punta) del tutto assente, dunque non qualificabile come arma propria.
Inoltre, si evidenzia che la Corte di cassazione a Sezioni unite, nella valutazione di inosservanza delle prescrizioni generiche, di vivere onestamente rispettare le leggi da parte del sorvegliato speciale con obbligo di soggiorno, ha specificato che il contenuto precettivo è integrato esclusivamente da prescrizioni specifiche; sicché tale obbligo non integra la norma incriminatrice. Dunque, ove il sorvegliato speciale commetta un reato comune o un illecito amministrativo, questi sarà punito per questi reati.
Parimenti, si ribadisce, è insussistente la condotta di violazione dell’obbligo di non detenere armi.
Pertinente si reputa il condiviso arresto secondo cui, ai fini della configurabilità del reato, il concetto di arma è limitato alle armi proprie e non può essere esteso, ad esempio, al coltello a serramanico (Sez. 1, n. 1787 del 1/03/2019, Rv. 275603).
2.2. Con il secondo motivo si denuncia vizio di motivazione in relazione alla ritenuta esclusione della circostanza attenuante della tenuità del fatto.
La Corte d’appello ha completamente omesso la motivazione circa il motivo di appello con il quale era stata impugnata la decisione del giudice di primo grado, in ordine al diniego della circostanza della tenuità del fatto.
Il Tribunale aveva escluso tale istituto, in considerazione della personalità dell’imputato, valutata non all’attualità ma in base di precedenti penali, sul presupposto che il coltellino rinvenuto fosse qualificabile come arma. Dunque, il ricorrente censura la decisione del Tribunale di escludere la ricorrenza ‘ dell’art. 131bis cod. pen. ‘
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha fatto pervenire requisitoria scritta, ai sensi degli artt. 614, 611 cod. proc. pen., come modificato dall’art. 11, commi 2, lettere a), b), c) e 3 del d.l. 29 giugno 2024, n. 89, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 2024, n. 120, in assenza di richiesta di trattazione in pubblica udienza nel termine di legge, con la quale ha c oncluso chiedendo l’annullamento con rinvio del la sentenza impugnata con riferimento al capo A), in ordine al la qualificazione dell’arma quale propria, con inammissibilità nel resto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è fondato per le ragioni di seguito indicate.
1.1. Il decreto che dispone la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel Comune di Polistena (reso dal Tribunale di Reggio Calabria, notificato il 15 gennaio 2017) ha imposto al ricorrente , tra l’altro, di non portare con sé armi (cfr. p. 3 della sentenza di primo grado).
L’art. 5, terzo comma, della legge n. 1423 del 1956 (ora art. 8, comma 4, d. lgs. n. 159 del 6 settembre 2011) prevede, appunto, che il decreto dispositivo della misura di prevenzione debba prescrivere al suo destinatario di “non detenere e non portare armi”.
La giurisprudenza di legittimità, in funzione dell ‘ identificazione dell’elemento materiale del delitto previsto dall’art. 9, secondo comma, della stessa legge n. 1423, (ora art. 75, comma 2, d. lgs. n. 159 del 2011), è ferma nell’interpretare la norma indicata nel senso che la nozione di arma deve intendersi in senso restrittivo e, dunque, limitato alle sole armi proprie (art. 585, secondo comma, n. 1), cod. pen.; artt. 1 e 2 della legge n. 110 del 1975).
In tal senso si è espressa la costante giurisprudenza di questa Corte, cui il Collegio intende dare continuità (Sez. 1, n. 17877 del 01/03/2019, COGNOME Rv. 275603 -01; Sez. 1, n. 1104 del 19/11/2009, dep. 2010, COGNOME, Rv. 245939) con una interpretazione che si impone alla luce dei precetti rispettivamente recati dagli art. 25, secondo comma, Cost., dall’art. 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, dall’art. 7 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, oltre che dagli artt. 1 e 2 cod. pen.
La giurisprudenza di questa Corte è ferma nell’affermare che un’interpretazione diversa e che dovesse prediligere una lettura estensiva impedirebbe al sorvegliato speciale di tenere presso il domicilio coltelli o attrezzi di comune uso domestico, imponendo limitazioni che, oltre al profilo d’afflittività risulterebbero contrarie ed estranee alle finalità della norma (cfr. Sez. 1, n. 1842 del 23/01/1997, Coccone, Rv. 206921 -01).
Con la conseguenza che la nozione di arma, di cui all’art. 75, comma 2, cit., non comprende gli strumenti atti ad offendere (cfr. Sez. 1, n. 1842 del 23 gennaio 1997, COGNOME, Rv. cit.), le munizioni di armi (così Sez. 1, n. 1104 del 19/11/2009, dep. 2010, COGNOME, Rv. cit.) nonché il coltello a serramanico, in quanto arma impropria (Sez. 1, n. 17877 del 01/03/2019, COGNOME, Rv. cit.; Sez. 1, n. 19927 del 09/04/2014, COGNOME, Rv. 259539 -01) tanto, in ragione dell ‘ assenza della punta acuta e della lama ai due tagli, tipica delle armi bianche corte (Sez. 1, n. 10979 del 03/12/2014, dep. 2015, Campo, Rv. 262867 -01).
1.2. Tali essendo i principi cui il Collegio intende dare continuità, si osserva che la motivazione svolta dalla Corte territoriale appare contraddittoria, posto
che, da un lato, per assolvere l’imputato dalla contestazione di cui al capo B), relativa al reato di cui all’art. 4 legge n. 110 del 1975, considera il coltellin o in sequestro arma impropria ; dall’altro , a p. 6 della motivazione, afferma che, invece, l’arma in quanto , munita di punta, è da qualificarsi arma propria.
Tuttavia, il ricorrente svolge un argomento, già devoluto con il gravame, al quale il giudice di merito non ha dato coerente risposta, osservando che il coltellino, rinvenuto nel possesso dell’imputato, non aveva la punta e che, quindi, per tale caratteristica, non poteva essere qualificato arma propria.
1.3. È appena il caso di osservare, nel verificare l’interesse alla censura , che il primo giudice ha irrogato per il capo A), ritenuto reato più grave perché delitto, la pena di mesi otto di reclusione, aumentata per la continuazione solo per il capo B), poi dichiarato prescritto, pena ridotta per il rito abbreviato.
A p. 5 della sentenza di primo grado, inoltre, si afferma espressamente che l’unica delle condotte contestate al capo A), che viene reputata sussistente è quella della violazione, da parte del sorvegliato speciale, del divieto di detenere armi. Ciò in quanto, in relazione al divieto di frequentare il pregiudicato indicato nell’imputazione, la condotta è ritenuta insussistente (cfr. p. 5 della sentenza di primo grado) nonché, per la contestazione di essere stato sorpreso fuori da Polistena, (cfr. p. 3), è specificato che non è stata ritenuta raggiunta la prova della violazione.
S egue l’annullamento della sentenza impugnata, limitatamente alla decisione sul citato capo, con rinvio per nuovo esame di merito affinché il giudice del rinvio esamini, con valutazione di fatto preclusa nella presente sede, la doglianza circa le specifiche caratteristiche del coltello in sequestro, precisando se questo sia munito o meno di punta e possegga le caratteristiche per essere qualificato arma nel senso dianzi puntualizzato, per gli effetti che possono conseguire. Consegue, altresì, l’ assorbimento del secondo motivo di ricorso.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata relativamente al reato di cui all’art. 75 d.lgs. n. 159 del 2011 con rinvio per nuovo giudizio su tale capo ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria.
Così deciso, il 6 novembre 2024