Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 30900 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 30900 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 25/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a GENOVA il 14/05/1966
avverso l’ordinanza del 24/03/2025 del TRIB. LIBERTA’ di Genova
Letto il ricorso ed esaminati gli atti;
udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME
letta la memoria depositata dal Procuratore Generale che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del Riesame di Genova, con ordinanza del 24 marzo 2025, ha disposto il sequestro preventivo degli impianti destinati alla riproduzione, amplificazione e diffusione di musica, in funzione nel locale adibito a discoteca presso l’esercizio commerciale “RAGIONE_SOCIALE“, condotto in locazione dalla società RAGIONE_SOCIALE, di cui NOME COGNOME risulta essere il legale rappresentante pro tempore .
Il provvedimento si colloca nell’alveo di una vicenda processuale che trae origine dalla richiesta di applicazione della misura cautelare reale avanzata dalla pubblica accusa in relazione al reato di cui agli artt. 81 cpv. e 659, co. 1°, cod.pen., contestato al predetto quale responsabile dell’ente gestore del locale di intrattenimento.
La richiesta era stata dapprima rigettata dal G.I.P. presso il Tribunale di Genova; successivamente anche l’appello proposto dal Pubblico Ministero aveva subìto analoga sorte dinanzi al Tribunale del Riesame che si era pronunciato negativamente con ordinanza del 7 ottobre 2024.
La Suprema Corte di cassazione, investita del ricorso presentato dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Genova, con sentenza del 4 febbraio 2025, ha annullato la suindicata ordinanza di rigetto, stabilendo il principio di diritto secondo cui “ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all’art. 659 cod.pen. non sono necessarie né la vastità dell’area interessata dalle emissioni sonore, né il disturbo di un numero rilevante di persone, essendo sufficiente che i rumori siano idonei ad arrecare disturbo a un gruppo indeterminato di persone, anche se raccolte in un ambito territoriale circoscritto”.
In breve i fatti, per una migliore illustrazione dei motivi di ricorso.
Il quadro fattuale emerso dalle indagini delinea una situazione caratterizzata da una lunga sequela di esposti e denunce presentati dai coniugi COGNOME, proprietari di un’abitazione sita in INDIRIZZO i quali lamentavano protratti disturbi alla quiete pubblica derivanti dall’attività di discoteca svolta presso il “Covo di Nord Est”. Le prime segnalazioni risalgono al periodo intercorrente tra gli anni 2016 e 2019, con procedimenti penali definiti mediante l’applicazione dell’art. 162-bis cod.pen.
L’ultima denuncia, presentata in data 1° luglio 2024, ha dato impulso a nuovi accertamenti, e all’intervento eseguito nella notte tra il 10 e l’11 luglio 2024 dai Carabinieri della Stazione di Santa Margherita Ligure, i quali constatavano che, in prossimità dell’abitazione del richiedente, si poteva percepire la musica proveniente dalla discoteca sottostante.
Gli accertamenti tecnici disposti dal Pubblico Ministero hanno condotto alla redazione di una consulenza fonometrica nell’agosto 2024, a firma del perito NOME COGNOME la quale ha evidenziato il superamento dei limiti legislativamente stabiliti.
In particolare, la relazione ha accertato che il livello differenziale di immissione sonora all’interno dell’abitazione dei denuncianti Lo Faro superava il limite massimo di 3 dB previsto
dalla normativa in materia acustica, raggiungendo una soglia variabile tra i 4,5 dB e i 9,5 dB a seconda dell’orario e della serata considerati.
Il Tribunale del Riesame, nel disporre il sequestro preventivo, ha ritenuto configurato il fumus del reato di cui all’art. 659, co. 1°, cod.pen., nonché sussistente il periculum in mora , ravvisato nella necessità di evitare la protrazione nel tempo delle conseguenze del reato.
Il Collegio ha tuttavia circoscritto la misura cautelare ai soli impianti di riproduzione, diffusione e amplificazione di musica, rigettando la richiesta di sequestro delle intere aree del locale adibite all’attività di discoteca, in ossequio ai principi di proporzionalità e gradualità dettati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di contemperamento tra esigenze di cautela e rispetto della libera iniziativa economica privata.
NOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, affidato ai seguenti motivi
2.1 Con il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 606, co. I, lett. b) cod.proc.pen. – in relazione agli artt. 321 cod.proc.pen. e 659 cod.pen., denuncia la violazione di legge, sostenendo che la motivazione dell’ordinanza impugnata non individua in modo puntuale e concreto gli elementi integranti il reato contestato, limitandosi a richiamare genericamente esposti e rilievi acustici, senza accertare la concreta idoneità dei rumori a disturbare una pluralità di persone, come richiesto dalla costante giurisprudenza di legittimità.
Il ricorrente evidenzia come il fascicolo proponga una nutrita allegazione relativa alle denunce presentate dai soli Lo Faro nel corso delle stagioni estive intercorrenti tra gli anni 2016 e 2019, con la singolare circostanza che i rispettivi procedimenti penali siano stati definiti mediante la procedura estintiva di cui all’art. 162-bis cod.pen. Tale dato viene stigmatizzato dal Pubblico Ministero quale sorta di ammissione riguardo la pretesa sussistenza delle doglianze oggetto di contestazione, interpretazione che la difesa contesta radicalmente, evidenziando come l’applicazione della disciplina dell’oblazione non costituisca in alcun modo ammissione di colpevolezza, ma rappresenti piuttosto una scelta di opportunità processuale.
Ad avviso della parte ricorrente, di particolare rilievo si rivela l’analisi delle testimonianze acquisite presso i residenti delle zone circostanti, le quali offrono un quadro ben diverso da quello prospettato dall’accusa.
La difesa sottolinea come dalla escussione della maggior parte dei soggetti intervistati emerga una situazione di disturbo inesistente o tollerabile, con molti testimoni che attribuiscono le emissioni sonore ad altre fonti (locali diversi, lidi, imbarcazioni in rada, motorini). Particolarmente significative appaiono le deposizioni di COGNOME e COGNOME che, nonostante dimorino nella stessa INDIRIZZO, riferiscono di non aver mai percepito alcun disturbo, circostanza che assume particolare rilievo considerando che la residenza dei Lo Faro risulta a considerevole distanza dal Covo di Nord Est e non ha diretta visuale su quest’ultimo.
Il ricorrente richiama inoltre la relazione di servizio del 2 agosto 2024, nella quale i militari operanti descrivono una situazione di gran lunga diversa da quella enfatizzata nei precedenti
esposti. I Carabinieri riferiscono infatti di non aver percepito alcun rumore molesto all’ingresso della INDIRIZZO, e di aver potuto “percepire” (non “udire chiaramente” o “essere disturbati da”) la musica proveniente dal Covo di Nord Est solo dopo aver percorso circa 200 metri all’interno della proprietà e essere giunti in prossimità dell’abitazione.
Viene poi illustrata una dettagliata analisi critica della consulenza fonometrica, evidenziando che la metodologia adottata sia quantomeno incompleta e fuorviante per una serie di ragioni di carattere tecnico-scientifico.
I livelli riscontrati e i differenziali sono riferiti a giornate diverse (8 agosto 2024 con 9 agosto 2024 e 10 agosto 2024 con 11 agosto 2024), determinando un vizio metodologico nell’analisi comparativa.
L’analisi tecnica omette di indicare e individuare tutte le sorgenti di emissione sonora attive in zona al momento delle rilevazioni, determinando un’apodittica attribuzione dei livelli sonori di incremento alla sorgente Covo di Nord Est. La difesa sottolinea come si tratti di ragionamenti sviluppati in una zona turistica in piena stagione estiva, a ridosso del Ferragosto, in una porzione litoranea dove insistono svariati stabilimenti balneari con annessa ristorazione e musica, traffico veicolare, imbarcazioni ormeggiate in rada per cene e feste, ville private utilizzate con analoga finalità, traffico pedonale.
La procedura risulta viziata da superficialità evidente anche a un soggetto estraneo alla materia, atteso che tanto nel criterio “pubblicistico” quanto in quello “privatistico” le immissioni devono riferirsi a una specifica sorgente e non a un generico livello o ad altre sorgenti variabili.
In presenza di molteplici sorgenti emissive dovrebbe essere indicata la tipologia del rumore ricevuto (rumore continuo, rumore a variabilità complessa, traffico, ecc), in quanto è necessario che l’oggetto delle analisi tecniche si riferisca specificatamente alla sorgente sulla quale si lamenta il disturbo (suono specifico) e non ad altre sorgenti che possano interferire o sovrastare la stessa.
Al riguardo si evidenzia che le misure di verifica effettuate il 15 agosto 2024 lungo strada in corrispondenza dell’abitazione Lo Faro dimostrano un notevole traffico veicolare con circa 120 transiti per ora, evidenziando che il rumore maggiore è dovuto al traffico e che vi sono immissioni di rumore antropico prodotte da persone che transitano a piedi sul lungomare.
Il ricorso dedica particolare attenzione alla singolare conformazione orografica del territorio, evidenziando come il Covo di Nord Est sia fuori dalla linea di visione dei Lo Faro (orografia del territorio), mentre tutte le altre sorgenti fisse, lineari e mobili verso il centro di Santa Margherita Ligure sono molto più vicine e visibili, quindi entro la linea di visione e propagazione diretta. Le sorgenti mobili sono rappresentate da yacht e imbarcazioni (traghetti, pescatori e navi da crociera) che stazionano o transitano nel tratto di mare antistante tra INDIRIZZO e il Porto di Santa Margherita Ligure. Altra sorgente dominante è la risacca marina che determina un rumore di tipo semicontinuo.
In sintesi, si lamenta che come non è emerso alcun riscontro circa l’avvenuto disturbo della pubblica quiete – neppure potenziale – necessario per la rilevanza penale della condotta. Le
risultanze delle indagini, escludendo le sole dichiarazioni della persona offesa, offrono un quadro indiziario nella migliore delle ipotesi incerto sia sotto il profilo dell’attualità, sia sotto quello della ragionevole certezza che le emissioni rumorose siano attribuibili al Covo di Nord Est, sia riguardo la loro effettiva sussistenza.
2.2 Con il secondo motivo, proposto per violazione di Legge e vizio di motivazione art. 606, co. I, lett. b) ed e) cod.proc.pen., si contesta l’applicabilità del sequestro preventivo per un reato contravvenzionale punito con pena alternativa, lamentandosi inoltre l’assenza di motivazione sul periculum in mora .
Il ricorrente evidenzia che il reato di cui all’art. 659 cod.pen. sia di natura contravvenzionale, punito con pena alternativa, circostanza che impone l’applicazione di criteri particolarmente rigorosi nella valutazione della necessità e proporzionalità della misura cautelare, come anche affermato dalla giurisprudenza di legittimità.
Sotto il profilo del periculum, si eccepisce l’assenza del requisito dell’attualità.
La maggior parte delle risultanze appare riferibile a quasi due anni addietro, rendendo frammentario il quadro probatorio anche nella presente fase cautelare. L’esercizio commerciale opera quasi esclusivamente nella stagione estiva con l’eccezione delle festività natalizie, come risulta dalla documentazione acquisita dal Pubblico Ministero attraverso il Comune di Santa Margherita Ligure. In particolare, il Covo di Nord Est è stato operativo, per l’ultima volta, la sera del 31 dicembre 2024, dopodiché è sempre rimasto chiuso.
Si deduce che l’indagato ha posto in essere concrete iniziative volte alla risoluzione del problema, attraverso la commissione di un nuovo impianto sonoro di tipo “a pioggia” o “diffusione a tetto”, che comporta l’emissione dei suoni dall’alto verso il basso, riducendo ulteriormente l’impatto sonoro verso l’esterno.
Il progetto, documentato da apposita relazione tecnica, dimostra la volontà concreta di adeguare l’attività alle esigenze di tutela della quiete pubblica.
La suddetta indagine tecnica, concentrata nell’osservazione delle principali sorgenti di rumore nella zona compresa fra Punta Cervara e il Porto di Santa Margherita, ha permesso di verificare che i livelli di immissione verso i ricettori siano contenuti nei limiti di accettabilità, evidenziando come il livello di rumore residuo dovuto alle sorgenti fisse (traffico stradale e depuratore acque) sia superiore al livello immesso dall’attività sonora del Covo di Nord Est presso i ricettori considerati.
Infine, si contesta che il Tribunale del Riesame abbia omesso qualsiasi autonoma valutazione in merito alla sussistenza del periculum , limitandosi a richiamare il principio di diritto espresso dalla Suprema Corte quale “linea guida” del giudizio cautelare di rinvio, senza alcuna analisi concreta della situazione attuale, né in merito all’effettiva utilizzazione del bene, né alla condizione soggettiva dell’indagato. Non viene considerato che l’attività da cui sarebbe scaturito il disturbo non è attualmente operativa, che non sono stati svolti accertamenti tecnici recenti o aggiornati, che l’asserito disturbo si basa su denunce risalenti e riferibili a sole due persone, e che non vi è alcuna indicazione in ordine alla possibilità concreta di reiterazione della condotta.
Il Procuratore Generale ha depositato memoria, concludendo per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Ai fini dell’esame di tale questione, è fondamentale richiamare i limiti al sindacato sulla motivazione dei provvedimenti cautelari reali in sede di legittimità.
L’art. 325 cod. proc. pen. ammette il ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse dal Tribunale del riesame in materia di sequestro preventivo solo per violazione di legge.
Precisamente, va rilevato che, secondo un principio enunciato dalle Sezioni Unite, e in relazione al quale non emergono ragioni di rimeditazione, il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo , sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (così Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692-01, cui ha prestato sistematicamente adesione la successiva giurisprudenza, come, ad esempio, Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656-01).
Con particolare riferimento al giudizio di rinvio, va ulteriormente ricordato che i poteri del giudice di merito sono diversi a seconda che l’annullamento sia stato pronunciato per violazione o erronea applicazione della legge penale, oppure per mancanza o manifesta illogicità della motivazione. Nel primo caso, il giudice di rinvio ha l’obbligo di uniformarsi alla decisione sui punti di diritto indicati dal giudice di legittimità e su tali punti nessuna delle parti ha facoltà di ulteriori impugnazioni, persino in presenza di una modifica dell’interpretazione delle norme che devono essere applicate da parte della giurisprudenza di legittimità.
È, peraltro, ius receptum che la Corte di Cassazione risolva una questione di diritto anche quando giudichi dell’adempimento dell’obbligo della motivazione ed alla quaestio iuris così giudicata è tenuto ad uniformarsi il giudice del rinvio, così come è tenuto a fare, a mente dell’art.627 cod.proc.pen., comma 3, in ogni altro caso di annullamento (Sez. 1, n. 26274 del 6/05/2004, Francese, Rv. 228913). Il principio di diritto è, in tal caso, rispettato ove il giudice del rinvio motivi la sua decisione sulla base di argomenti diversi da quelli ritenuti illogici o carenti in sede di legittimità (Sez. 4, n. 30422 del 21/06/2005, Poggi, Rv. 232019).
Giova, quindi, rimarcare che l’ambito di ammissibilità del ricorso per cassazione avverso il provvedimento pronunciato in sede di rinvio è limitato, posto che, secondo l’art. 628 cod.proc.pen., comma 2, tale provvedimento può essere impugnato soltanto per motivi non riguardanti i punti decisi dalla Corte di Cassazione, ovvero nel caso in cui il giudice di rinvio non si sia uniformato alle questioni di diritto decise dalla Corte.
2. Tanto premesso in diritto, si osserva che l’ordinanza impugnata non presenta vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice.
Il primo motivo di ricorso, con cui si denuncia la violazione degli artt. 321 cod.proc.pen. e 659 cod.pen., è inammissibile.
Nel caso di specie, il Tribunale del Riesame di Genova ha fondato il proprio decidere sui principi di diritto chiaramente enunciati da questa Suprema Corte con la sentenza n. 203/25 del 4 febbraio 2025, la quale, annullando con rinvio la precedente ordinanza di rigetto, ha stabilito che “ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all’art. 659 cod. pen. non sono necessarie né la vastità dell’area interessata dalle emissioni sonore, né il disturbo di un numero rilevante di persone, essendo sufficiente che i rumori siano idonei ad arrecare disturbo a un gruppo indeterminato di persone, anche se raccolte in un ambito territoriale circoscritto”.
Tale principio si inserisce nel solco di un orientamento giurisprudenziale consolidato secondo cui l’oggetto della tutela penale dell’art. 659 cod.pen. è dato dall’interesse dello Stato alla salvaguardia dell’ordine pubblico, considerato nel particolare aspetto della tranquillità pubblica, consistente in quella condizione psicologica collettiva inerente all’assenza di perturbamento e di molestia nel corpo sociale. I rumori devono pertanto avere una tale diffusività che l’evento di disturbo sia potenzialmente idoneo a essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se poi concretamente solo taluna se ne possa lamentare (Sez. 1, n. 47298 del 29/11/2011; Sez. 1, n. 45616 del 14/10/2013; Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018).
La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che, se da un lato per integrare il reato di cui all’art. 659, primo comma, cod.pen. è necessario che il fastidio non sia limitato agli appartamenti attigui alla sorgente rumorosa o agli abitanti dell’appartamento sovrastante o sottostante alla fonte di propagazione, occorrendo la prova che la propagazione delle onde sonore sia estesa in modo da avere una diffusa attitudine offensiva, dall’altro lato ai fini della configurabilità della contravvenzione non sono necessarie né la vastità dell’area interessata dalle emissioni sonore, né il disturbo di un numero rilevante di persone, essendo sufficiente che i rumori siano idonei ad arrecare disturbo a un gruppo indeterminato di persone, anche se raccolte in un ambito ristretto, come un condominio (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Rv. 273216).
L’ordinanza impugnata ha correttamente applicato tali principi, riconoscendo che le emissioni sonore provenienti dal “Covo di Nord Est”, di cui è stato accertato il superamento dei limiti legislativamente stabiliti, sono idonee a turbare il riposo e le occupazioni di un numero indeterminato di soggetti, anche se raccolti in un ambito territoriale che la stessa reputato ristretto.
La valutazione si fonda su elementi fattuali emersi dalle indagini, tra cui la consulenza tecnica che ha accertato il superamento dei limiti normativi e le dichiarazioni dei soggetti dimoranti nella zona che hanno riferito di ritrarre disturbo alle proprie occupazioni e al proprio riposo.
Il Tribunale del riesame ha infatti condotto un’analisi particolarmente approfondita delle risultanze probatorie, fornendo una motivazione che, lungi dall’essere generica o apodittica, si articola in una dettagliata disamina degli elementi di fatto emersi dalle indagini.
In particolare, il Collegio giudicante ha specificamente considerato la consulenza tecnica a firma del perito NOME COGNOME che ha accertato il superamento dei limiti legislativamente stabiliti con livelli differenziali di immissione sonora variabili tra i 4,5 dB e i 9,5 dB rispetto al limite massimo di 3 dB previsto dalla normativa in materia acustica.
L’accertamento tecnico, pur contestato dalla difesa, costituisce elemento probatorio di primario rilievo, non scalfito dalle mere simulazioni informatiche prodotte dal ricorrente.
Invero, il valore probatorio di rilievi fonometrici effettuati de auditu in condizioni reali di funzionamento dell’impianto non può essere equiparato a quello di calcoli virtuali realizzati mediante simulazioni software, per quanto sofisticate.
Per di più, in ordine alla valutazione delle sommarie informazioni testimoniali, occorre, in primo luogo, evidenziare che l’effettiva idoneità delle emissioni sonore ad arrecare pregiudizio ad un numero indeterminato di persone costituisce un accertamento di fatto rimesso all’apprezzamento del giudice di merito, il quale non è tenuto a basarsi esclusivamente sull’espletamento di specifiche indagini tecniche, ben potendo fondare il proprio convincimento su altri elementi probatori in grado di dimostrare la sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete ( Sez. 3, n. 11031 del 05/02/2015, Rv. 263433) .
In secondo luogo, la circostanza che alcuni testimoni abbiano riferito di non aver percepito disturbi significativi o di aver attribuito le emissioni sonore ad altre fonti non esclude affatto la rilevanza penale della condotta contestata.
La valorizzazione delle dichiarazioni di alcuni testimoni che hanno riferito di non aver mai percepito disturbi (S.I.T . COGNOME e S.I.T. COGNOME) appare viziata da una prospettiva ermeneutica riduttiva, che non considera come la percezione soggettiva del disturbo possa variare in funzione di molteplici fattori, tra cui le caratteristiche costruttive degli edifici, l’orientamento delle abitazioni e i diversi periodi di soggiorno nella zona.
Invero, in senso contrario, sono state richiamate le S.I.T . di Colombo, il quale, pur avendo inizialmente riferito che il locale aveva “adeguato la musica non dando più fastidio” a seguito di una “protesta da parte di tutti gli abitanti di INDIRIZZO“, ha successivamente lamentato nuovi episodi di disturbo, evidenziando come la problematica si sia ripresentata nel tempo. Tale circostanza dimostra la persistenza e la reiterazione della condotta molesta, elementi che rafforzano la configurabilità del fumus criminis .
Ugualmente infondata è l’obiezione relative alla presenza di altre sorgenti sonore
Dal provvedimento impugnato emerge che la presenza di altre sorgenti sonore nella zona non elimina la responsabilità dell’indagato per le emissioni riconducibili al proprio esercizio, specialmente quando, come nel caso di specie, specifici accertamenti tecnici abbiano individuato nella discoteca la fonte del superamento dei limiti normativi. Il principio del concorso di cause
non esclude la responsabilità penale di ciascun soggetto per il proprio contributo causale alla produzione dell’evento lesivo.
In secondo luogo, nella stessa ordinanza è correttamente richiamata la consulenza tecnica che ha operato una distinzione metodologicamente corretta tra le diverse tipologie di emissioni sonore, utilizzando parametri di misurazione idonei a isolare il contributo specifico dell’attività di discoteca.
Così pure non dirimente appare il riferimento alla conformazione orografica del territorio, da cui emerge che il ‘Covo di Nord Est’ sarebbe fuori dalla linea di visione dell’abitazione dei denuncianti e che tale circostanza impedirebbe la ricezione dei rumori.
La configurabilità del reato di disturbo della quiete pubblica non dipende dalla “linea di visione” tra la sorgente sonora e i ricettori, ma dall’idoneità delle emissioni sonore a propagarsi e arrecare disturbo a un numero indeterminato di persone. Le onde sonore si propagano secondo leggi fisiche che prescindono dalla visibilità diretta tra sorgente e ricettore, potendo aggirare ostacoli, riflettersi su superfici e diffondersi in modo diffuso nell’ambiente.
In relazione a questo aspetto, il Tribunale del riesame ha correttamente applicato il principio di diritto enunciato da questa Suprema Corte, secondo cui “ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all’art. 659 cod. pen. non sono necessarie né la vastità dell’area interessata dalle emissioni sonore, né il disturbo di un numero rilevante di persone, essendo sufficiente che i rumori siano idonei ad arrecare disturbo a un gruppo indeterminato di persone, anche se raccolte in un ambito territoriale circoscritto”.
Si è rilevato che la presenza di un numero contenuto di abitazioni nella zona (la “decina di ville” menzionata nell’ordinanza) non esclude affatto la configurabilità del reato, purché le emissioni siano idonee a interessare una pluralità indeterminata di soggetti. Nel caso di specie, tale condizione risulta chiaramente soddisfatta dalla presenza degli occupanti delle abitazioni poste, rispetto al locale, in un ampio tratto del soprastante sperone di costa”, i quali costituiscono un gruppo indeterminato di persone potenzialmente esposte alle emissioni sonore provenienti dalla discoteca.
Il secondo motivo di ricorso, articolato nella duplice censura relativa all’applicabilità del sequestro preventivo per un reato contravvenzionale e all’assenza di motivazione sul periculum in mora , è altrettanto inammissibile.
3.1 La prima censura, relativa alla presunta inapplicabilità del sequestro preventivo per un reato contravvenzionale punito con pena alternativa, è priva di fondamento giuridico.
La natura contravvenzionale del reato e la previsione di pena alternativa non precludono, di per sé, l’applicabilità della misura cautelare reale, purché ne ricorrano i presupposti sostanziali e procedurali previsti dall’art. 321 cod.proc.pen.
L’art. 321 cod.proc.pen. non opera infatti alcuna distinzione tra delitti e contravvenzioni ai fini dell’applicabilità del sequestro preventivo, limitandosi a richiedere che sussistano il fumus criminis e il periculum in mora.
I principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità impongono al giudice di motivare adeguatamente sulla impossibilità di conseguire il medesimo risultato attraverso una cautela alternativa meno invasiva, ma non escludono a priori l’applicabilità della misura ai reati contravvenzionali.
Nel caso di specie, il Tribunale del Riesame ha correttamente valutato la proporzionalità della misura, limitando il sequestro ai soli impianti di riproduzione, diffusione e amplificazione di musica, e rigettando la richiesta di sequestro delle intere aree del locale adibite all’attività di discoteca. Tale determinazione dimostra un’attenta applicazione dei principi di gradualità e proporzionalità, evitando una accentuata compressione del diritto di proprietà e di libera iniziativa economica privata.
3.2 La seconda censura, relativa alla mancanza di motivazione sul periculum in mora , risulta manifestamente infondata e tradisce una lettura superficiale dell’ordinanza impugnata.
Il Tribunale ha infatti adeguatamente motivato circa la sussistenza del requisito in esame, evidenziando la necessità di evitare la protrazione nel tempo delle conseguenze del reato, dopo aver illustrato nel corpo del provvedimento l’accertato superamento dei limiti normativi mediante consulenza tecnica, le reiterate segnalazioni da parte dei residenti della zona; la dimostrata idoneità degli impianti a produrre emissioni sonore eccedenti i limiti di legge; la prevedibile riapertura del locale nella stagione estiva.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, la circostanza che l’attività non sia attualmente operativa non vale ad escludere l’attualità del pericolo. Il periculum in mora nel sequestro preventivo non richiede infatti l’attualità della condotta criminosa, ma la sussistenza del rischio concreto e attuale che la libera disponibilità della cosa possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato o agevolare la commissione di reati della stessa specie (art. 321, co. 1, cod.proc.pen.).
Nel caso di specie, la stagionalità dell’attività non elimina il periculum in mora , dovendosi considerare che non è neppure dedotta l’esclusione della riapertura del locale nella stagione estiva.
Non rilevante appare il rifiuto della parte offesa a consentire l’accesso alla proprietà per gli accertamenti tecnici di parte.
Dal provvedimento impugnato si ricava che gli accertamenti già espletati hanno fornito elementi sufficienti per la valutazione cautelare, essendo stata dimostrata mediante consulenza tecnica la propagazione di emissioni sonore eccedenti i limiti normativi presso l’abitazione dei denuncianti.
Così pure, le iniziative di carattere conciliativo prospettate dalla difesa, pur meritevoli di considerazione sotto il profilo dell’atteggiamento collaborativo dell’indagato, non eliminano l’attualità del periculum in mora per le ragioni correttamente evidenziate dal Tribunale del Riesame.
In particolare, la programmazione di lavori di ristrutturazione dell’impianto elettroacustico di tipo “a pioggia” costituiva, al momento dell’emanazione dell’ordinanza impugnata, un mero
“proposito rimasto ad oggi ancora al livello di mero intento”. Il Tribunale ha correttamente osservato che tale progetto, “ove fosse già stato portato a compimento, avrebbe imposto la necessità di nuovi accertamenti riguardo all’attualità del prospettato periculum in mora”, ma che al momento della decisione non poteva essere considerato idoneo a eliminare il pericolo.
La valutazione del periculum in mora deve infatti basarsi sulla situazione esistente al momento dell’emanazione del provvedimento cautelare, non su progetti futuri la cui realizzazione è incerta nei tempi e nelle modalità. Accogliere la tesi difensiva significherebbe vanificare la funzione cautelare della misura, consentendo la protrazione di situazioni di pericolo sulla base di mere promesse di interventi correttivi.
In ordine ai principi di proporzionalità e gradualità, il Tribunale ha operato un attento bilanciamento tra le esigenze cautelari e i diritti dell’indagato.
La limitazione della misura cautelare ai soli impianti di riproduzione, diffusione e amplificazione di musica, con il contestuale rigetto della richiesta di sequestro delle intere aree del locale, dimostra l’applicazione dei principi consolidati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di contemperamento tra esigenze di cautela e rispetto della libera iniziativa economica privata.
Il Collegio giudicante ha infatti riconosciuto che il sequestro dell’intero locale avrebbe comportato una compressione sproporzionata del diritto di proprietà e di libera iniziativa economica, optando per una misura più contenuta, ma ugualmente idonea a conseguire il risultato cautelare. Tale determinazione è in linea con l’orientamento giurisprudenziale secondo cui i principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità impongono al giudice di motivare adeguatamente sulla impossibilità di conseguire il medesimo risultato attraverso una cautela alternativa meno invasiva.
Le censure articolate dal ricorrente si risolvono, in definitiva, in una richiesta di rivalutazione del merito che esula dai confini del sindacato di legittimità, sicché il ricorso deve essere rigettato.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero in ordine alla causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Così è deciso, 25/06/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME